Il primo punto cardine è l’abbattimento del debito: in parole povere ogni Stato membro deve cercare di portare il rapporto tra il proprio debito pubblico e il PIL almeno al 60% (ritenuto il livello minimo sostenibile). Gli Stati membri dunque si impegnano a ridurre annualmente il proprio debito del 5%, di modo che, nell’arco di 20 anni tutti quanti i membri dell’UE siano riusciti a raggiungere un livello di sostenibilità adeguato.
Il periodo di attuazione è dunque molto lungo, ma per un paese come l’Italia questo significa comunque un impegno particolarmente oneroso, difficilmente sostenibile in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo negli ultimi anni. Basti pensare che al momento l’Italia ha un rapporto deficit/PIL pari al 133% e questo vorrebbe dire che il nostro paese dovrebbe trovare una somma che si aggira intorno ai 45 miliardi di euro l’anno, a patto naturalmente che non vengano contratti debiti aggiuntivi.
L’altro
punto fondamentale del trattato è il Pareggio
di bilancio: in sostanza si deve fare in modo di mantenere la parità tra
le entrate e le uscite di uno Stato, e questo significa che ad ogni
investimento fatto (costruzione di scuole, ospedali, strade e qualsiasi tipo di
infrastruttura pubblica) deve corrispondere almeno un pari importo in entrata (ovvero
di tasse).
Uno degli
aspetti più deleteri di questi provvedimenti riguarda poi le singole Regioni.
Nel nostro paese bisogna osservare che non tutte le Regioni fortunatamente sono
indebitate ad alti livelli, anzi molte avrebbero, teoricamente, ottimi
investimenti da poter attuare. Il problema è che lo Stato, se vuole fare in
modo di rispettare i bilanci pattuiti negli accordi della Comunità europea,
deve necessariamente andare a colmare i buchi delle regioni più indebitate
contenendo le spese di quelle invece più “benestanti”, questo a spese di molti
investimenti utili allo Stato. Per concludere poi non dobbiamo
dimenticare che l’Italia, così come gli altri Paesi europei, non è tenuta a
rispettare solo gli impegni derivanti dal Fiscal Compact, ma gravano su di lei
anche altri accordi presi in precedenza (il MES per citarne uno).
Basta
insomma fare due conti per rendersi conto che una ripresa economica in un
panorama di questo genere è assolutamente impensabile, almeno per paesi come
l’Italia, la Grecia e la Spagna che non hanno assolutamente le forze e le risorse
per stare al passo con misure di questo tipo.
E’
sempre più evidente come ormai siamo entrati all’interno di una spirale dalla
quale non c’è via di scampo; “l’Europa ci chiede” e noi eseguiamo, rassegnati,
come se non avessimo altra scelta che “onorare” la nostra posizione all’interno
dell’Ue. Praticamente
l’Italia sacrifica la sovranità popolare, così tanto millantata in diverse
situazioni, per rispettare le disastrose direttive dell’Unione Europea.
Buon 2014
Italiani!