lunedì 2 aprile 2012

Hanno disintegrato la Nazione, ora distruggono lo Stato.

Conferenza del 21/03/2012, ore 18:00, presso lo spazio libero Tenaglia. Tenaglia è il nucleo. E’ aggregazione e promozione sociale. E’ officina delle idee. La nostra forgia ha una fiamma che brucia le parole futili. Parole spesso martirizzate rispetto al loro senso. Parole di cui si è spesso abusato, o ignorato il significato. Al Tenaglia si tenta di far suonare le parole “forte e chiaro”, si prova a produrne “poche ma buone”. Cercano di essere attuali, in un momento storico come questo. Parlano di una crisi avanti alla svendita in sordina dello stato nazionale mediante i suoi gioielli industriali.
La Nazione invece, la sua idea, l’hanno distrutta tempo fa.
Quindi se ci chiedono perché è importante esserci quando si parla “poco ma bene” noi amiamo rispondere che:”quando si parla troppo si perde di vista che il tempo d’agire è già giunto”.
Ha parlato al Tenaglia Giuseppe Parlato, presidente della Fondazione Ugo Spirito-Renzo De Felice e professore di storia contemporanea; ha parlato Paolo Zanetov, scrittore e ricercatore presso l’Istituto Luce.

Al Tenaglia si parla di Nazione. Dei processi di disgregazione della cultura storica dell’Italia unita rispetto la diffusione, o meglio, della riaffermazione dei particolarismi. Si torna indietro dunque, di quasi duecento anni, all’Italia del 1815, ancora prima a quella dei Comuni; uno spettro lontano secoli rispetto la Nazione della “primavera dei popoli”, del 1848.
Eppure la cultura, anche quella politica, dovrebbe essere il motore dell’evoluzione di uno stato e di una nazione che nata tardi, resta unita e compatta, in un fronte di popolo, davanti le difficoltà che gli si prospettano a spregio di un individualismo cinico e spietato figlio di questo tempo.
Hanno disintegrato la Nazione, ora distruggono lo Stato.
Si è dimenticato che l’Italia, riportando Zanetov :”Non è unita da un legame razziale, bensì da un excursus storico, da un’esperienza comune che trova il proprio riconoscimento nei processi di formazione della sua idea di Nazione e, congiuntamente, di quelle di delegittimazione della stessa.”.
A partire dal 1947, tutto quello che è stato il vero collante di un intero popolo, è stato gettato in pasto al mostro della dimenticanza. Parlato ci spiega come i padri fondatori della Nazione intesa come idea, da Pisacane a Mazzini, passando per Garibaldi erano “troppo fascisti” per permettere alla stessa di mantenere, questi uomini e le loro idee, come bagaglio culturale del proprio popolo. A dispetto di un recente rispolvero di figure come Garibaldi e di tutti i grandi uomini che hanno contribuito a “fare l’Italia”, l’impressione è che di tanti soltanto uno sia stato salvato: il riferimento è a Mameli. Che piuttosto della sua fine eroica, viere ricordato soltanto per il suo talento musicale. L’inno stesso, dello stato italiano è sempre meno l’inno della Nazione. Come se tutto si fosse ridotto ad un momento di folklore da rilegare ad una manifestazione sportiva, ad una commemorazione di facciata ! Bella l’Italia, purché non si parli di quanto sia bella la nazione !

Stiamo perdendo le nostre avanguardie culturali, soggetti alla “piccola Yalta” immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale, dove le nuove forze politiche presenti nello stato hanno spartito in settori i residui di ciò che al paese era rimasto: il PCI la cultura, la DC lo stato ed un terzo polo, di esclusi, ad occupare lo spazio compresso –oggi sempre più- dei temi sociali, tragicamente legati ad un’idea di stato sociale che troppo confluiva in quella liberal-democratica neo-atlantista.
Si é perso, definitivamente, negli anni il concetto di nazione. Si è distorto quello di “fazione”. Una volta considerato nucleo rivoluzionario, identitario, culturale oggi inteso come gruppo di interesse non solo politico ma economico. Testimonianza netta è l’appoggio fornito dai partiti italiani al governo Monti. Come possono forze politiche nazionali contribuire alla formazione prima e alla crescita poi di un’amministrazione banaria e dunque anti nazionale? Le lobby finanziarie comandano le fazioni. La Nazione è praticamente del tutto debellata. Chi vuole essere complice è ancora in tempo ….

domenica 25 marzo 2012

Eurocrazia: Paradossi, Banche e Parole!

È inutile negarlo: l’era moderna è l’era del materialismo, della finanza, del denaro. Tutto ruota intorno all’economia (reale e non). Anche tutto ciò che concerne il piano sociale, inevitabilmente prima o poi, ricade su questa tematica. Non possiamo che constatare questo indiscusso fatto, seppur ogni tanto saremmo molto più felici di raccontarvi storie di contro informazione legate magari a qualche gesto eroico di un militante politico, o di soldato in difesa della propria terra, o di ardue decisioni sociali di un coraggioso politico.
Ma l’era moderna è anche e soprattutto l’era dei paradossi. Batte di gran lunga, infatti, il IV E V Secolo a.C. della Grecia di Zenone e di Parmenide, che con i propri paradossi (il primo) e la propria filosofia (il secondo) continuano a lasciare a bocca aperta milioni di studenti. Non a caso, il primo fra questi moderni paradossi, è il solito sistema capitalista (anzi iper capitalista) nel quale verte tutta la porzione atlantica del mondo e nella quale anche i suoi più grandi geni economici non riescono ancora a capire come in realtà funzioni questa truffa (pardon, chiamiamolo per ora ancora “sistema”). Altro paradosso dell’era contemporanea, per esempio, può essere l’ignoranza della massa moderna, non tanto sul piano culturale quanto su quello logico. Per esempio, milioni di persone hanno conseguito lauree magistrali con ottime votazioni, ma nonostante ciò, dopo anni di studio robotico, ancora non sanno spiegarsi come mai la benzina continui ad aumentare nonostante siano state finanziate decine di missioni belliche atte a impossessarsi di quasi tutti i pozzi petroliferi mondiali; non capiscono che cosa sia il debito pubblico e perché siamo costretti a pagare tasse fittizie (vedi, IMU, IVA, Ecc); non capiscono come mai il futuro dei giovani lavoratori sia destinato ormai a non essere più tutelato dallo stato sociale costruito con tanto impegno da Giolitti, prima e Mussolini poi (e soprattutto). E quando cerchi di dargli un quadro più chiaro dell’economia globale, che sappia rispondere a molte più domande di quanto si possa immaginare ti denigrano con appellativi del tipo: complotti sta, eversivo. Pure questo è un altro paradosso.
Questo articolo vuole raccontarvi altri due  paradossi. Strettamente connessi sul piano logico, ovviamente divisi dalla politica attuale europea.
Il primo è rappresentato dalla situazione ungherese e islandese attuale. Due paesi “ribelli” in cerca di libertà. L’Ungheria guidata dal conservatore (così lo definisce la stampa moderna, a noi invece pare più un rivoluzionario) Viktor Orban, capace in pochi mesi di vincere le elezioni con una cospicua maggioranza, modificare la costituzione del proprio paese,  rifiutarsi di sottostare esplicitamente all’usura del  Fondo Monetario Internazionale e tutti i suoi complici dell’Eurocrazia (appellativo “donato” da lui stesso alla CEE), aumentare il suo consenso, aizzare le piazze con slogan tanto rivoluzionari quanto sociali (“noi non siamo una colonia” per esempio, oppure “vogliamo essere liberi” e ancora “siamo sotto una dittatura forse più pesante di quella sovietica”e infine “l’Ungheria e gli ungheresi meritano rispetto, non siamo mai stati cosi forti prima d’ora”). L’Islanda, invece, ribellatasi dopo una vera e propria insurrezione popolare (che ricordiamo si rifiutò di pagare il debito a Gran Bretagna e Olanda circa un anno fa dopo il crollo delle sue tre più grandi banche, in quanto giudicato illegittimo) è ora indecisa se adottare il dollaro canadese come moneta unica e abbandonare (quasi certamente) la corona islandese odierna, ormai troppo debole sul piano internazionale. Vorrebbe dire rinuncia alla sovranità monetaria (e forse anche politica) ma significherebbe soprattutto un ennesimo gesto di ”ripicca” verso le plutocrazia europee, ree di aver provocato la più grande catastrofe economica della storia dell’isola nordica.
Eppure l’Ungheria e l’Islanda sono ora “vittime di un complotto internazionale” (citazione ancora una volta di Viktor Orban riguardo però soltanto il suo paese) che le vedono completamente abbandonate sul piano economico dal resto dell’Europa (ricevendo inoltre anche delle sanzioni finanziarie), e soprattutto oscurate sul piano dell’informazione nazionale dei vari paesi Occidentali, i quali, nelle rare occasione di discussione su queste due tematiche, si limitano come sempre a parlare della manifestazioni delle opposizioni (davvero limitate) facendo passare come quasi illegittimi i governi ora al potere.
Il secondo paradosso è relativo alla situazione (drammatica) portoghese. Il suo spread è salito a circa 1200 punti. Oggi il governo di Lisbona è costretto a pagare il 14% sui titoli a 10 anni. Con i CDS (Credit Default Swap) (una specie di polizze che coprono il rischio di fallimento dei titoli) le cose vanno peggio: son saliti a più di 1300 punti. Se si pensa che solo due anni fa erano stabili a 112 punti, vien da chiedersi come mai. Nonostante, inoltre, i 78 miliardi di prestito chiesti (come l’Irlanda e la Grecia) alla Troika (BCE-FMI-UE) il Portogallo non riesce ad uscire da questa assurda situazione: il PIL è diminuito di quasi 3 punti percentuali, la disoccupazione è aumentata al 14 % (al 35% tra i giovani). Ad oggi questi tassi non li reggerebbe nemmeno la Cina, la più forte economia del mondo (fonte: il sole 24 ore) . Ma il paradosso è un altro: il Portogallo sta chiedendo aiuto a due sue ex colonie: Brasile e Angola. Due stati che stanno comprando alcuni titoli (oggi fermi al 4%) sulle società (una volta pubbliche ora private) portoghesi, per onorare il piano di austerity dettato dalla Troika. Vergognosamente aiuti non solo arrivati sul piano finanziario ma anche su quello sociale: è in atto, infatti, una grande migrazione di giovani portoghesi verso queste due nazioni: più di trecentomila in Brasile , più di centomila in Angola.
Dati assolutamente non commentabili. Paradossi parlanti e più che esaustivi. Dunque, vien da chiedersi: ma questa Europa che la fate a fare? È solo di banche e di parole ….

sabato 17 marzo 2012

Giù le mani dal Golden Share

Essere avanguardia politica al mondo d’oggi è missione assai ardua. Vuoi per i notevoli gruppi politici esistenti, vuoi per l’abbondante mole informativa dei mass media, vuoi per il carattere arrogante di molti intellettuali. Essere avanguardia politica però è ancora possibile. Se si crede in ciò che si porta avanti, se si rischia un pò, se si cerca di gettare il cuore oltre l’ostacolo, si può guadagnare simile appellativo.
Circa un mese fa i nostri militanti per le vie del centro della capitale, hanno affisso oltre cinquecento manifesti  riportanti la battaglia madre per la sovranità monetaria e politica d’Italia, per la giustizia sociale e per il lavoro, contro l’usura bancaria e il governo Monti. Insieme a questi vi erano anche alcuni manifesti nei quali veniva azzardato un pronostico: la svendita ormai prossima dei gioielli di Stato, Eni Enel e Finmeccanica (tra l’altro solo per il 33% circa, cioè le quote in mano al settore pubblico e non ancora privatizzate). È stato un rischio. Quei settori possono anche mai venir privatizzati, chi lo sa. Ma quando si è comunità militante, bisogna avere prima di un programma politico, una propria visione della vita. La nostra è rappresentata dal coraggio e dal sacrifico. Così il rischio diviene gioia.

Alla luce di ciò, ci viene incontro una attacco della Commissione Europea (si, ancora una volta lei) al Golden Share, la normativa italiana (e non solo) varata agli inizi degli anni novanta, giudicata deleteria per il mercato in quanto impedisce l’arrivo di nuovi soci privati alla guida di aziende pubbliche e impedisce il trasferimento all’estero della sede direttiva.

Per chiarire brevemente, la “Golden Share” è un istituto giuridico facente parte di diversi ordinamenti (non solo quello italiano). Questo istituto riserva al governo poteri speciali a seguito della privatizzazione di un settore pubblico.  Per esempio, grazie a questa normativa il governo, una volta venduto il settore pubblico , può inserire un suo membro nel nuovo consiglio d’amministrazione e inoltre può comunque percepire ancora una parte delle azioni dell’azienda (anche se nella maggior parte dei casi, solo simbolicamente: 1%). La funzione primaria del “Golden Share” è ovviamente quella di tutelare l’interesse collettivo a discapito delle società private.
Eliminarlo significa avere la strada ancor più spianata verso la privatizzazione dei nostri ultimi settori pubblici. Ma già se ne sta discutendo, e solo per quanto riguarda l’Italia. L’obiettivo di facciata sono: Eni, Enel e Finmeccanica. L’obiettivo reale è l’ennesimo passo in avanti verso la robotizzazione dell’essere umano, non avente più diritti lavorativi tutelati dallo Stato sociale d’appartenenza, e verso il licenziamento facilitato dalla mancata produttività dell’impiegato e giustificato dal “periodo di crisi”. E in questo grande progetto l’Italia avrà l’onore di svolgere il ruolo di cavia. 
Già un mese fa eravamo scesi in strada a propagandare questo nostro pensiero, a dar seguito con l’azione ad una nostra idea. Già un mese fa sapevamo che ci sarebbero stati passi in avanti per la privatizzazione dei tre gioielli di Stato. Ma già da oggi sappiamo che questa società si sta avvicinando pericolosamente sempre di più ai canoni della distopia orwelliana. Già da oggi sappiamo che il futuro dei giovani lavoratori italiani sarà sempre più precario in quanto non protetto dallo stato sociale ma bensì succube dei progetti materiali dei privati imprenditori. 

Questo non è il futuro che vogliamo. Questa non è libertà. È arrivato il tempo di cominciare a capire ….

giovedì 8 marzo 2012

Siria, una storia già vista

Chi, meglio dell’Italia, conosce la celebre “pax americana”? Chi, meglio dell’Italia, conosce gli effetti di questa vile invasione? Chi, meglio dell’Italia, ha assaporato i suoi lati più falsi e meschini?

Nel 1943, infatti, i marines sbarcarono in Sicilia e un anno dopo ad Anzio. Ci liberarono (secondo molti). Nel 1946 dettarono (seppur non da soli) le norme imperative della Costituzione. La fecero successivamente approvare e ci riempirono d’oro. Tutto ciò in nome della libertà. Contro la tirannia, l’oppressione e la violenza. In cambio pretesero solamente (si fa per dire) la totale soggezione in politica estera ed economica (e forse anche interna a livello sociale) dell’Italia al volere della finanza internazionale (e quindi a stelle e strisce in linea di massima). Hanno privatizzato le banche, ci hanno indebitati e costretti a seguirli in ogni angolo del pianeta per assurde missioni belliche. Ovviamente, sempre in nome della libertà.
Dunque, quando apriamo i giornali, accendiamo la televisione e ascoltiamo i misfatti statunitensi in politica estera noi italiani non dobbiamo certamente meravigliarci. Perché meravigliarsi della aggressioni in Iraq o Afghanistan quando da sessant’anni siamo abituati alle guerre del Golfo, del Vietnam, del Sinai, dei Balcani? Perché meravigliarci di come riescano a fomentare le masse, promuovendo ipocritamente libertà, pace e democrazia quando lo hanno fatto con noi per primi? Lo sapevamo che sarebbe andata così.  Sapevamo in cuor nostro che il loro progetto di dominio del mondo sarebbe stato portato avanti , senza limitazioni morali.
Eppure, nonostante tutti noi fossimo consci di questo loro vile comportamento, siamo sempre stati attenti  a quello che avrebbero prodotto le loro menti.
L’ultima grande missione da attuare è la conquista del mondo arabo e nord africano. Questa larga porzione di spazio l’hanno già mirata e colpita da diversi anni. Hanno cominciato con la Tunisia, per poi arrivare in Egitto e in Libia. Hanno spodestato i vecchi regimi, e ne hanno messi nuovi a loro piacimento. Avevano promesso democrazia (si, sempre questa magica parola) eppure nonostante siano passati diversi mesi ormai, in queste zone c’è tutto tranne che aria di libertà.
Ma non si son certamente fermati li. Devono d’altronde completare l’opera, il progetto di dominio economico del mondo. E così, hanno anche scelto la prossima vittima sacrificale: la Siria di Bashar al-Assad. Come al solito, hanno aizzato la platea con le loro idee liberali. Li hanno portati in piazza, e li stanno tutt’or portando alla rivolta armata. In un anno, la “rivoluzione” (si fa per dire, perché non è cambiato nulla) ha portato la bellezza di novemila morti tra civili (comprese donne e bambini), soldati e ribelli. La regione più colpita è quella di Homs con 3500 morti circa. Dopo poco più di dodici mesi dall’inizio delle ostilità, ancora persistono bombardamenti, attentati, rapimenti. Le forze governative contro l’opposizione armata. Cattivi contro buoni.
Loro, gli U.S.A., ancora non sono scesi in campo a livello militare. Ma solo sul piano politico denunciando più volte le aggressioni e le violenze dell’esercito siriano contro i manifestanti liberali. Hanno invocato anche le sanzioni del loro gioco preferito, l’ONU. Hanno minacciato interventi repentini. Chiedono al governo di Damasco l’accesso al paese per gli operatori umanitari, la cessazione delle violenze e la cooperazione con Kofi Annan inviato speciale dell’ONU. In teoria quindi vorrebbero il dialogo, in pratica stanno ancora una volta ricattando il governo locale ad ascoltare le direttive delle Nazioni Unite, pena la guerra immediata.
Fortunatamente però questa minaccia appare comunque lontana. Infatti, grazie alle recenti elezioni presidenziali in Russia che hanno incoronato ancora una volta Vladimir Putin, la Siria può contare su un valido alleato, anche forse in ambito bellico. Inoltre il supporto della Cina al governo locale di Assad non è si mai esaurito.
Ciò che però preoccupa è appunto il progetto imperialista a stelle e strisce che non conosce ne regole ne limiti. Un progetto che va avanti da decenni. Un progetto incontrastato, truculento. Un progetto vile, falso. Ipotizzare un loro fallimento, una loro disfatta ad oggi appare difficile. Ma è dovere di ogni uomo libero denunciare la loro ipocrisia. Proviamo a fermarli….

giovedì 1 marzo 2012

Spazio Libero Tenaglia, per gli uomini liberi!

Questo non è un articolo d’informazione giornalistica. È un articolo d’informazione militante. “Il Maestrale” è, infatti, lo strumento di analisi politica della comunità militante Sempre Domani.
Sempre Domani è un’ associazione nata il 6 Ottobre 2010 per iniziativa del nucleo fondante dell’Appio-Tuscolano come superamento delle precedenti esperienze politiche. Sempre Domani è una comunità organica ed umana, cioè composta dai cuori,  dalle menti, dal sudore e dall’impegno dei suoi militanti. Sempre Domani sviluppa la sua visione della vita oltre che in ambito politico anche in quello culturale grazie all’Associazione Emmetrentanove e in ambito sportivo grazie alla squadra di calcio dilettantistica Pro Appio.
Fino a circa tre mesi fa però era senza casa. Portava avanti per strada le sue battaglia ma necessitava comunque di uno spazio come punto di riferimento. Così, grazie al solito quotidiano e tenace impegno militante ha trovato in Via Assisi 140-142 (Roma) un luogo dove fissare la sua dimora. Un luogo abbandonato dagli enti pubblici e rivalutato da giovani arditi che del binomio pensiero-azione hanno fatto il loro stile di vita.
Sempre Domani lo ha chiamato “Spazio Libero Tenaglia”. Libero in quanto finalmente è uscito dall’abbandono nefasto dell’ente INPDAI causato dalla solita aberrante burocrazia. Tenaglia in quanto spezza i fili di questa deprecabile modernità. 
Qui dopo soli tre mesi di lavoro per la ristrutturazione,appunto dello spazio, i militanti di Sempre Domani hanno organizzato una giornata in ricordo dei martiri delle Foibe, chiamandola “Anche le pietre parlano italiano”. L’organizzazione è stata rapida ma ben strutturata e consisteva in una conferenza, alla quale sono stati invitati illustri ospiti (il professore e scrittore storico Vincenzo De Luca, il dottor Antonio Ballarin dell’associazione Venezia Giulia e Dalmazia e il presidente dell’associazione Urbe 2006 Francesco Fedeli), ed una mostra fotografica. La partecipazione è stata molto soddisfacente. Numerosi i giovani che hanno partecipato. Presente inoltre un‘anziana esule fiumana la cui testimonianza fisica ha reso la serata ancor più emozionante. A fine serata, inoltre, un rinfresco con pasta, pizza, salumi e vino ha accompagnato la chiusura dell’iniziativa inaugurale dello Spazio.
Consci del fatto che Spazio Libero Tenaglia non indica per Sempre Domani un punto di arrivo va comunque sottolineato il grande passo di questa comunità che oggi ancor di più dimostra di essere avanguardia politica.
Dunque Spazio Libero Tenaglia è un simbolo di rivoluzione ma soprattutto un punto di partenza. È lo spazio di tutti coloro che affrontano la vita da uomini liberi consapevoli del significato del donarsi.
Siamo Passati.   

venerdì 24 febbraio 2012

Liberalizzazioni: la strada per gli inferi?

Dopo appena due mesi dal suo insediamento, il governo tecnico Monti approva il decreto legge contenente misure volte a liberalizzare vari settori economici. Il tutto ha suscitato reazioni controverse da parte delle categorie toccate dal medesimo decreto, che hanno reagito con scioperi e disagi come a dire che non bastasse già l’aumento dell’IVA sui beni di prima necessità, il rincaro del carburante, la reintroduzione dell’ICI sulla prima casa e l’aumento dell’età pensionabile. Tuttavia la filosofia del piano (comprendente un pacchetto di riforme strutturali, come le ha definite lo stesso Monti) cerca di rispondere a due dei problemi dello sviluppo: l’insufficiente concorrenze nei mercati  l’inadeguatezza delle infrastrutture. 
Monti ha spiegato che il decreto “Salva-Italia” (a noi pare più uno Svendi-Italia) interviene sul problema della crescita per creare più spazio per i giovani e per il merito, meno per le rendite e i privilegi, considerate come tasse occulte imposte ai cittadini. Inoltre nella sua introduzione Monti ha sottolineato che il governo continuerà sulla strada di una riduzione della spesa pubblica.
Molteplici sono i settori colpiti da tale decreto, in primis il sistema universitario che prevedendo sempre una logica di crescita contiene misure che darebbero più efficienza, migliore valutazione e fluidità. Successivamente troviamo la separazione di Eni e Snam giustificate dal ministro Passera. Questa consentirebbe la crescita delle piccole imprese nel settore dei trasporti, grazie appunto alla separazione tra chi fornisce il gas (Eni) e chi la rete distributiva (Snam). Ovviamente secondo il ministro tutto ciò a favore del cittadino che si troverà davanti da subito un abbattimento dei costi. Altro punto è l’istituzione dell’autorità dei trasporti che avrà il compito di definire le regole per le nuove concessioni autostradali e rendere efficaci le nuove regole sulle ferrovie. L’Autorità avrà il compito di capire fino in fondo come rendere efficace la separazione nel mondo ferroviario tra rete e operatore. Il ministro Severino, invece, si è espressa riguardo la categoria dei professionisti precisando che per quanto concerne l’abolizione delle tariffe si è trattato solo di attuare una misura già stabilito dalla Legge Bersani, mentre per quanto riguarda il preventivo obbligatorio la decisione è stata presa per le esigenze del cittadino che potrà scegliere, quando ricorrerà ad un professionista, anche sulla base della convenienza economica. Per favorire i giovani e migliorare la qualità della preparazione è stata invece decisa l’introduzione del tirocinio nel periodo conclusivo del corso universitario per gli avvocati. Severino ha poi spiegato che il “Tribunale per le imprese” svolgerà la funzione di aiuto per l’economia, grazie ad una giustizia efficace e processi più rapidi, creando quindi una grande attrattiva per l’economia e le imprese anche straniere. Vi sarà poi un incremento del numero di notai di almeno 500 unità. Di cinquemila unità invece aumenterà la categoria dei farmacisti, come ha spiegato il ministro della Salute Balduzzi. Il decreto, inoltre, prevede sconti per i farmaci di fascia A pagati direttamente dal cliente. In seguito troviamo la parte più restia dell’intero decreto legge: la parte riguardante i taxi. Qui si è espresso il sottosegretario Catricalà:”Abbiamo valutato attentamente in Cdm le ragioni della protesta, e su un punto abbiamo convenuto con loro, la concentrazione delle licenze in mano ad un singolo può portare a dominanza. Per il resto il governo ha scelto ci affidare l’analisi dei fabbisogni di licenze per i taxi all’Autorità dei trasporti che dovrà svolgere un’attente istruttoria, città per città, sindaco per sindaco, per capire se è necessario aumentare il numero delle licenze”. Se ciò avvenisse vi saranno “compensazioni tangibili” per i tassisti che hanno già la licenza.
Il bilancio di Monti è stato:”Credo che nessuno possa dire che ce la siamo presa con i piccoli poteri economici e che abbiamo lasciato tranquilli quelli più grandi”. Inoltre, ospite a “Otto e mezzo” il premier ha confessato di attendersi momenti di incomprensione e tensione ma di sperare che siano nella legalità più assoluta. Aggiungendo infine che alla fine prevarrà la consapevolezza della collettività che queste misure erano necessarie.
Ma d’altronde in una situazione di emergenza come quella attuale è normale che si agisca sul versante degli introiti piuttosto che cercare di contenere i costi dello Stato? Ma, come da tre mesi a questa parte ormai, ogni cosa che tocca il governo sembra avere un che di ineludibile e necessario. Il tempo comunque dirà se le liberalizzazioni avranno avuto il loro effetto. Per ora possiamo solo rilevare come la strada che porti agli inferi sia lastricata di buone intenzioni. Ma a Monti tutto è concesso, ha la loro fiducia ….

domenica 5 febbraio 2012

“Equitalia”: usura senza limiti

È proprio il caso di dirlo: al peggio non c’è mai fine.
Lo sanno bene l’Italia e il suo popolo, ormai da decenni non sovrani a livello politico ne tantomeno a livello monetario. Da anni succubi di un potere corrotto e usuraio. Da mesi soggetti ad una delle più difficili manovre finanziarie di tutta la sua recente storia. Coinvolti ormai in un circolo (oppure semplicemente sistema, se preferite) vizioso e viziato che li vede in perenne stato di umiliazione e subordinazione dinanzi ai grandi banchieri della Terra.
È un vero e proprio incubo. Difficile da superare e da conoscere. Composto non solo di provvedimenti rigidi del governo ma anche di vili sotterfugi statali atti a diffondere ormai povertà e disperazione.
Uno di questi è Equitalia. Per chi non lo sapesse è un ente statale con l’importante funzione di riscossione dei tributi e delle tasse dei privati cittadini rimasti insoluti. A primo impatto, uno di quegli organi necessari per la crescita e la moralità di una nazione. Ad analisi più approfondita, però, una perfida usura legalizzata. Si, proprio così. Perché per chi non lo sapesse, Equitalia pretende in un arco di tempo (solo ultimamente definito, che va dai 60 ai 90 giorni) il pagamento delle tasse mai pagate con l’aggiunta di interessi salati. Non  solo. Negli ultimi anni, per esempio, i tassi di interesse sono cresciuti a dismisura in esatta corrispondenza con l’aumentare della crisi economica e l’aumento del tasso di disoccupazione. Inoltre se non si paga entro il definito termine quella tassa, si incorre nel rischio di pignoramento dei beni immobili e mobili che formano il patrimonio economico di un privato cittadino.
Se al peggio non c’è mai fine (come detto all’inizio dell’articolo) anche alla viltà non si pongono limiti. Equitalia, esemplare frutto di una società materialista, capitalista e consumista, pur di non permettere il saldo delle multe si permette anche il lusso di rallentare ogni singola volta la conclusione delle pratiche amministrative. Cioè, fa passare molti più giorni possibili, causa una nefasta burocrazia che ormai ci opprime e soffoca, prima che il cittadino paghi il dovuto (con l’interesse, non dimenticatelo). Perché? Semplice, più passa il tempo più aumenta l’interesse.
Shylock, il celebre mercante di Venezia, in confronto è un modello d’onestà.

Come è facile immaginare, nessun parlamentare, nessun magistrato, nessun organo di informazione di massa (salvo rarissime eccezioni) ha mai posto all’attenzione dell’opinione pubblica il fenomeno. Si preferisce, al contrario, denunciare gli attentati incendiari e intimidatori effettuati da astratte sigle anarchiche contro le sedi dell’ente sotto nostro giudizio. Bombe e minacce casualmente inviate nel momento in cui vi è una raccolta firme (che sta avendo ottimi risultati in tutta Italia) per mettere fuori uso Equitalia. Oppure se ne parla nel tema della lotta all’evasione fiscale, facendola passare come legittimo metodo di riscossione.
Curioso, inoltre, analizzare il caso più famoso di usura perpetrata da Equitalia ai danni dei cittadini italiani. Stiamo parlando di un anziano malato di Alzheimer che per non aver saldato una multa di 63 Euro, causa ovvi motivi di salute (non economici), ha perso l’abitazione quotidiana. Sotto giudizio della magistratura, questo caso non sappiamo ancora come andrà a finire.
Dal canto suo, infine, la classe politica, oltre che appoggiare ideologicamente l’operato di Equitalia ( riguardo sono interessanti le parole di Mario Monti:”Equitalia ha svolto e svolge il suo necessario compito nel rispetto delle leggi”) nell’ultima manovra (anticrisi) ha anche stanziato un pacchetto di cinquanta milioni di euro per migliorare il sistema di riscossione dell’ente. Non solo, ha anche abbassato la soglia minima (prima di ottomila, adesso di cinquemila Euro) per l’esproprio di un immobile.
Insomma, in un periodo di grave crisi economica, dove i grandi padroni al governo ci impongono rigide manovre per ridurre fantomatici debiti, lo Stato ha smesso anche di svolgere al sua funzione primaria sotto il profilo giuridico: tutelare il cittadino. Immersi, poi, nella demagogica lotta all’evasione fiscale si è soliti pensare che un usuraio è meglio di un debitore. Chissà questo cappio quanto potrà ancora stringere …