sabato 13 febbraio 2016

I numeri allarmanti del sistema penitenziario italiano

La popolazione detenuta in Italia inizia infatti ad aumentare in maniera incontrollata a partire dai primi anni '90 del secolo scorso quando, a seguito dalla riforma costituzionale del 1992, di fatto è divenuto pressoché eccezionale l'utilizzo del principale strumento attraverso il quale, sino ad allora, era stato amministrato il sovraffollamento carcerario: i provvedimenti di amnistia e indulto. A partire dal 1991 la popolazione detenuta in Italia aumenta a ritmi sempre più incalzanti, con l'unica drastica eccezione del 2006, anno di approvazione dell'ultimo provvedimento di indulto. Durante questa corsa al rialzo, la cifra record di presenze nelle carceri verrà raggiunta nel novembre del 2010, quando il totale dei detenuti presenti sfiorerà le 70.000 unità.

Contemporaneamente, in questi anni si amplia l'ambito di applicazione della cosiddetta “area penale esterna”, che comprende il totale dei soggetti sottoposti a quelle forme di esecuzione della pena alternative al carcere previste dall'ordinamento. Tale progressivo ampliamento dell'ambito di applicazione del carcere, e di quello delle misure alternative, mostra la dimensione del processo di espansione dell'area del controllo penale che raggiunge i suoi massimi livelli proprio negli anni 2000.
Come noto, tale processo di espansione non si giustifica con un parallelo incremento degli indici di delittuosità. Gli omicidi, in particolare, nel nostro paese sono in costante diminuzione da più di 20 anni, mentre reati quali rapine e furti hanno avuto nei medesimi anni un andamento piuttosto altalenante, senza che tuttavia via sia stato un incremento del fenomeno se paragonato ai primi anni '90. Piuttosto, le cause dell'aumento del numero di detenuti vanno individuate in precise, e note, scelte di politica criminale.

Se, infatti, tutti gli anni '90 e i primi anni 2000 ci avevano abituati ad una coniugazione del termine emergenza con l'allarme criminalità, oggi, ed in particolare nell'ultimo anno e mezzo, l'emergenza è divenuta il sovraffollamento delle carceri

Come noto, il primo tentativo recente di porre un limite all'incremento della popolazione detenuta si deve alla L. 199/2010, nota come “Legge Alfano” che, di fronte ad una popolazione detenuta che si avvicinava alla soglia delle 70.000 presenze, tentò di utilizzare lo strumento della detenzione domiciliare come via di uscita anticipata dal carcere per i condannati ad una pena, anche residua, entro i 12 mesi. La popolazione detenuta, seppur lievemente, iniziò a scendere. Oggi, infatti, i beneficiari della norma – con un limite di pena, anche residua, nel frattempo elevato a 18 mesi - scarcerati sono oltre 13.000, con un chiaro effetto “tampone”, deflattivo sui livelli generali di carcerazione.


Altro aspetto è quello della custodia cautelare in carcere. I dati raccolti dal Consiglio d'Europa da diversi anni mostrano come l'Italia sia maglia nera relativamente all'eccessivo utilizzo di tale strumento. In questi ultimi anni la percentuale di detenuti non condannati a titolo definitivo è tuttavia costantemente diminuita.

Con una sentenza del 2013 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia per trattamenti inumani e degradanti dei detenuti nelle carceri del nostro territorio. Non a caso, infatti, sono numeri e dati da incubo quelli che affligono il nostro sistema penitenziario. Numeri e dati però ai quali in pochi sono attenti e che a quanto pare non sono oggetto nè di tentativi di riforma radicale, nè di interesse mediatico.

Nel 2010 il record di presenze nelle carceri italiane: ben 70000 con un tasso di sovraffollamento più alto del 150% (quindi 150 detenuti nello spazio che sarebbe destinato a 100). Poi leggeri ma costanti cali: nel 2012 ci sono state 66000 presenze (sovraffollamento al 140,42%), nel 2013 non oltre le 62500 presenze (sovraffollamento al 131,08%), nel 2014 si è giunti a 60200 presenze (sovraffollamento al 124,61%)e nel 2015 "solo" 53000 presenze (ben 2.489 in più rispetto alla capienza regolamentare di circa 9 metri quadrati a persona). Nell'anno appena passato su 53000 presenze, 2.122 sono donne e 17.035 stranieri.


Ma c'è di più: il 25% della popolazione detenuta sconta una condanna inferiore ai tre anni di detenzione (37% per gli stranieri), il 5% inferiore all'anno di condanna (8% per gli stranieri) e sono ben 8.301, ovvero il 16% del totale della popolazione carceraria, il numero di reclusi ancora in attesa di primo giudizio.

Ad un mese dalla fine dell’anno (quindi fine Novembre 2015) si sono contati 93 decessi in carcere, di cui 50 per suicidio, uno per sciopero della fame, uno per overdose , uno per omicidio, 31 per cause ancora da accertare e 9 per malattia. A questi numeri si devono poi aggiungere altri quattro decessi, di cui 3 per suicidio, avvenuti nelle camere di sicurezza: si tratta di tre uomini e una donna stranieri di età variabile tra i 26 e 31 anni.

 L’età media dei detenuti deceduti è di poco inferiore ai 40 anni, così come quella dei soli suicidi. Il più giovane a morire, fino ad ora, aveva 19 anni, il più anziano che si è suicidato aveva 71 anni ed era recluso a Rebibbia. Inoltre solo nel 2012 si sono tolti la vita 8 appartenenti al corpo della Polizia penitenziaria, lo stesso numero nell’anno precedente, 5 nel 2010, 6 nel 2009 e 7 nel 2008 e 2007.
Tra i reati maggiormente colpiti ci sono: i reati contro il patrimonio (30.042), seguito da quelli contro la persona (21.562), per droga (18.312), per armi (10.088), associazione di stampo mafioso-416bis (7.023), reati contro la pubblica amministrazione (6.872).

Pochissime sono ancora le misure alternative adottate dall'Italia: In totale al 31 luglio 2015 sono 33.309 (nel 2014 erano 32.206), di cui 12.793 in affidamento in prova al servizio sociale, 723 in semilibertà, 9.936 ai domiciliari, 5.990 ai lavori di pubblica utilità, 3.673 in libertà vigilata, 189 in libertà controllata e 5 in semidetenzione.


Dall'ultima condanna del Consiglio d'Europa, datata aprile 2014, l'Italia qualche timido passo in avanti lo ha dunque fatto ma i numeri, però, restano ancora pericolosamente alti e  Strasburgo è sempre in agguato. Considerate che nel 2012 peggio del nostro Paese aveva fatto solo la Serbia.
Come non citare poi, i numerosi casi di truffa che ogni giorno devono subire i carcerati, ai quali, quotidianamente appunto, viene applicato un prezzo esagerato per alcuni prodotti della loro spesa giornaliera privata (aggiuntiva al carrello base statale con un valore di circa € 3,00 al giorno). Tutto in uno strano e dannoso silenzio. Tanto le cooperative che hanno vinto l'appalto non hanno concorrenza e i carcerati non hanno alternative.  Tanto chi si lamenta in cella, non può essere ascoltato. Solo per citare qualche esempio: caffè Lavazza (qualità rossa) a 3.39 euro, 250 grammi di burro a 2,55 euro, una confezione monodose (50 grammi) di marmellata a 70 centesimi, olio di oliva (non extravergine) a 5,50 euro, un chilo di biscotti a 4,15 euro, scatola di tonno Rio mare da 80 grammi a 1,05 euro, Scottex (4 rotoli) a 2,39 euro.

Ecco, dunque, che per presentare il tema che affronteremo in questo bimestre, cioè il sistema penitenziario italiano e le misure alternative alla detenzione, vi abbiamo voluto dare qualche dato chiarificatore per presentarvi la drammaticità del tema. Leggete attentamente e con la relativa calma questi numeri e da soli arriverete alla conclusione che urge una riforma statale sistemica e normativa. Chissà se qualche partito politico vorrà un giorno "sporcarsi l'immagine" e parlare di questa tematica. Chissà se lo Stato un giorno riuscirà a capire che la funzione della detenzione è si punitiva ma anche rieducativa e che magari integrando di nuovo il detenuto nella società attraverso il lavoro e l'impegno civile sarebbe proprio la collettività a trarne il vantaggio principale. Intanto, ne parliamo noi...

mercoledì 13 gennaio 2016

In lode di Hiroo Onoda




“E ora io solo tornavo, lasciando gli spiriti dei miei insostituibili camerati sull’Isola. Tornavo in un Giappone che aveva perso la guerra trent’anni prima. Tornavo nella terra dei miei avi, per la quale avevo combattuto fino al giorno prima. Se non ci fosse stata della gente intorno a me, avrei battuto il capo per terra, gemendo.
Per la prima volta, osservavo dall’alto il mio campo di battaglia.
Perché mai avevo combattuto laggiù per trent’anni? Per chi avevo combattuto? In nome di quale cause?
La baia di Manila era inondata degli ultimi raggi di sole.”
(“Dietro le linee”, edizioni Ar)

Parole del genere, pronunciate da Hiroo Onoda assumono tutt’altro significato se si conosce la storia della vita del soldato giapponese per eccellenza.
La sua carriera militare incomincia all’età di vent’anni nel 1942. Pochi anni prima per motivi lavorativi si era dovuto trasferire in Cina ed andò a trovare il fratello ad Hankow, già ufficiale, che preoccupato lo rimproverò: <<Non ti rendi conto che potresti rimetterci la pelle qui in Cina?>>, Hiroo prontamente rispose <<Se un uomo non è disposto ad accettare qualche rischio, non combinerà mai niente!>>.
Nel 1944 è già ufficiale e nel dicembre dello stesso anno, addestrato precisamente alla guerriglia, nella cittadina di Lipe nelle Filippine, ricevette i suoi ordini fatali dal maggiore Tanigushi: guidare la guarnigione di Lubang in operazioni di commando. L’obiettivo era quello di ostacolare l’attacco nemico su Luzon, distruggendo il campo d’aviazione ed il molo del porto di Lubang dapprima per poi organizzare la guerra di guerriglia. <<Ce la farò. Anche se non potrò avere noci di cocco, anche se dovrò nutrirmi di erbacce , ce la farò! Gli ordini che ho ricevuto sono questi, e li eseguirò!>>.
Ai suoi ordini Onoda non contravverrà per i successivi trent’anni anche quando i soldati del suo plotone cadranno sotto i colpi nemici, anche quando rimarranno lui e pochi suoi camerati a difesa dell’isola, anche quando rimarrà l’ultimo combattente.
Il suo addestramento prevedeva che egli resistesse nel caso di sbarco degli americani nell’isola di Lubang, resistere ad ogni costo in attesa di nuovi ordini, senza cedere in alcun modo a qualsiasi ingannevole invito alla resa.


Nel 1950 nella giungla sono rimasti solo Onoda e due suoi “sottoposti”, Shimada e Kozuka. Pochi mesi prima il soldato semplice Akatsu si era arreso ai Filippini ed incominciarono ad apparire messaggi dallo stesso firmati <<Quando mi sono arreso, i soldati filippini mi hanno accolto come un amico>>. Ma questo non scosse minimamente il morale dei tre, che anzi ad ogni volantino del nemico si rincuoravano che il momento dello sbarco dei Giapponesi a Lubang si avvicinasse sempre più, d’altronde per i tre non poteva esistere altro esito al conflitto per il paese dell’Imperatore che non fosse la Vittoria. Quattro anni dopo però, dopo dieci anni di combattimento nella giungla cadrà, sotto i colpi dei soldati filippini Shimada ed Onoda rimase con Kozuka, <<Io e Kozuka giurammo di comune accordo che in un modo o nell’altro avremmo vendicato la morte di Shimada>>.
Per anni il governo giapponese tentò invano di convincere i due soldati, attraverso volantini, giornali, foto che ritraevano o raccontavano la situazione del Giappone e del resto del mondo dopo la Guerra, persino i parenti di Onoda e Kozuka si recarono sull’isola nel disperativo tentativo di persuaderli ma essi rinnovavano ogni giorno il giuramento di guerra fatto con Shimada quindici anni prima e non era quindi contemplata altra opzione che non fosse la guerra.
<<Non dimenticherò mai il 19 ottobre 1972, perché è questo il giorno in cui Kozuka fu ucciso>>, quel giorno a causa di un conflitto a fuoco con la polizia filippina Kozuka morirà colpito prima alla spalla e poi al petto dai colpi del nemico.
<<Ormai ero rimasto da solo. Shimada era stato ucciso. Kozuka era stato ucciso. La prossima volta sarebbe toccato a me. Tuttavia giurai a me stesso che avrei venduto cara la pelle>>.

Per due anni Onoda continuò la sua guerra, fino a quando nel 1974 il suo maggiore in persona Taniguchi non si recherà sull’isola per trasmettere oralmente, come di regola per i reparti speciali, gli ordini per il soldato giapponese: <<La mia missione militare era la mia vita e la mia ragione d’essere. Ora quella vita stava per finire, e quella ragione d’essere mi era stata bruscamente tolta>>.
Non è facile comprendere da queste poche righe la guerra di Onoda, per questo sicuramente consigliamo la lettura del libro scritto dal soldato stesso edito da Edizioni Ar “Dietro le linee”. Leggendolo sicuramente esso ci catapulta idealmente nella trincea di Onoda, Shimada e Kozuka e così, per quanto possibile, apprezzare un uomo che nemmeno per un istante ha creduto nella sconfitta, che non ha tradito i suoi fratelli e che per questo, ha conosciuto la vittoria che il suo paese non ha conseguito militarmente, perché Hiroo Onoda non si è mai arreso.

martedì 15 dicembre 2015

Il problema immigrazione nelle periferie

Il principale cambiamento che negli ultimi dieci anni hanno dovuto subire le periferie è sicuramente relativo all' ambito migratorio. Sono presenti molti più extracomunitari che in passato. Considerato che le condizioni di vita sono peggiorate, la conseguenza più evidente ma allo stesso tempo drammatica è che sono aumentati spaccio, criminalità, numero campi rom e occupazioni abusive.

Stufi dell'inefficienza politica e di un sindaco che ha voltato le spalle alle priorità politiche della città, molte sono state le manifestazioni che hanno coinvolto reti di liberi cittadini contro il fenomeno immigratorio. Tra queste possiamo ricordare la manifestazione contro i campi rom abusivi a Ponte di Nona e quelle più recenti del Tiburtino III e di Casale San Nicola, dove a pagare con l'arresto sono stati i ragazzi di Casa Pound colpevoli di aver difeso gli italiani dalle cariche della polizia. Ma non sempre le manifestazioni si sono risolte in cortei e sit-in organizzati. Infatti, parecchie volte, la rabbia dei romani è sfociata anche in modi più radicali. Basti pensare a Tor Sapienza che in poche ore è divenuta centro dell'interesse mediatico nazionale.

Ciò che i cittadini rimproverano alla classe politica è sicuramente il fatto di tutelare economicamente e giuridicamente persone che non hanno alcun diritto a stare in Italia, che non fuggono da persecuzioni come vogliono farci credere e che fanno di tutto per non integrarsi isolandosi con gruppi di proprio connazionali.

Il caso mafia capitale non ha insegnato nulla agli italiani e alla politica. Nessuno ha capito che dietro l'immigrazione celano interessi economico-finanziari a vantaggio dei soliti noti. E che, soprattutto, non ci sono preoccupazioni umanitarie per questi soggetti.
Basterebbe poco per cambiare la situazione: fuori dall'Italia i non aventi diritto e ospitati i rifugiati ma messi in condizione di potersi integrare lavorando gratuitamente per la collettività (per esempio pulendo le strade, imbiancando i muri, ecc. ecc.)

Chiamateci pure populisti...

giovedì 10 dicembre 2015

Lo Spazio Libero Tenaglia e le recenti manifestazioni a Roma

Sin dalla sua nascita, il 14 Dicembre 2011, lo Spazio Libero Tenaglia, è stato, ed è tuttora, in prima linea al fianco dei cittadini, per contrastare qualsiasi forma di degrado. Negli ultimi anni, non solo nel quartiere Appio Tuscolano, ma in tutta la città, incuria ed abbandono sembrano aver delineato un connubio indissolubile soprattutto a causa delle evidenti incapacità governative degli organi preposti al decoro della Capitale. Tempi duri per i diversi enti istituzionali: negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una vera e propria paradossale escalation tutt’altro che positiva.

Sebbene l’era Marino sia finalmente tramontata, ciò non si può dire per tutte quelle questioni e problematiche che gravano ancora oggi sulle spalle degli onesti cittadini. Dai centri di accoglienza ai rom, dai trasporti inefficienti alle discariche a cielo aperto, se c’è chi si abbandona a tutto questo, rinunciando in partenza al proprio sacrosanto diritto di vivere la città in totale sicurezza, fortunatamente c’è anche chi, porta avanti, giorno dopo giorno, numerose battaglie per assicurare ai cittadini dignità e rispetto.

In questi quattro anni lo Spazio Libero Tenaglia è sceso in campo più e più volte per denunciare, sensibilizzare, rimediare a tutti quei disagi che le singole istituzioni non sono riusciti a risolvere, mettendo ben in evidenza questioni di massima importanza per i singoli abitanti, non soltanto del quadrante. Con tenacia, impegno e volontà, sono state organizzate decine di manifestazioni contro il degrado dilagante della Capitale, sono stati creati degli sportelli sociali in grado di soddisfare le esigenze dei residenti, sono state portate all’attenzione dei media questioni che nessun altro era
riuscito a porre così tanto in evidenza. Senza ombra di dubbio una delle più importanti battaglie che il Tenaglia ha sostenuto, e continua a sostenere ancora oggi, riguarda la ben nota situazione all’interno dell’ex cartiera di Via Assisi, stabile più volte occupato, divenuto nel corso del tempo sede di spaccio e microcriminalità. Attraverso una serie di azioni mirate, grazie anche all’incessante voce degli attivisti, la cartiera è stata finalmente sgomberata ed è tuttora in corso la bonifica dell’area. Una vittoria meritata, che si concretizzerà ancor meglio nel momento in cui verranno presi seriamente in considerazione tutti quei progetti che proprio lo Spazio ha realizzato in questi mesi per far sì che l’intero stabile sia messo a disposizione dei cittadini tramite la realizzazione di luoghi aggregativi.
Non si ferma qui l’operosità degli attivisti, impegnati anche nella restituzione di un polo sanitario, mancante nel quartiere, grazie alla riqualificazione della struttura polivalente situata ad Arco di Travertino.

Il Tenaglia è anche solidarietà, partecipazione e collaborazione attiva con altre associazioni appartenenti ad altri quartieri di Roma. Recentemente si è svolta nella Capitale una manifestazione a favore delle persone diversamente abili. Contro i tagli del governo Renzi, gli attivisti sono scesi in piazza per ribadire il loro incondizionato sostegno nei confronti di “tutti coloro che non devono chiedere ma avere diritto”.
Ed è con lo stesso spirito che gli attivisti dello Spazio hanno partecipato ad una grande manifestazione il 24 maggio scorso contro la presenza di numerosi campi nomadi in altrettanti quartieri romani, hanno pesantemente denunciato l’abbandono dei vecchi capannoni lungo Via della Stazione Tuscolana, carichi di amianto e per questo motivo estremamente dannosi per la salute dei residenti, hanno protestato per la chiusura del teatro di Villa Lazzaroni ed hanno organizzato diverse giornate ecologiche per migliorare la vivibilità del quadrante. Continuano quotidianamente a portare avanti le proprie battaglie politiche forti delle proprie idee, consapevoli che oggi, lo Spazio Libero Tenaglia, rappresenta una realtà territoriale fondamentale per i cittadini.

martedì 8 dicembre 2015

Intervista a Emanuele Mancini, presidente del comitato Appio-Tuscolano di Roma

Nel bimestre di Novembre e Dicembre approfondiremo il tema delle periferie delle metropoli italiane e dei loro principali problemi legati al degrado e alla microcriminalità. A riguardo abbiamo contattato Emanuele Mancini, presidente del comitato Appio-Tuscolano di Roma, una delle associazioni di quartiere più attive nella capitale. Abbiamo rivolto lui qualche domanda al fine di farci capire meglio come agisce il comitato, da chi è composto, con quali finalità e soprattutto quali risultati abbia raggiunto riguardo le problematiche territoriali. Lo ringraziamo fin da subito per la disponibilità a rilasciarci l'intervista.

- Ciao Emanuele, cominciamo subito con la prima domanda: Quando, perché e con che finalità è nato il comitato di quartiere Appio-Tuscolano?

- Ciao ragazzi, intanto grazie a voi per l'intervista che di sicuro è una possibilità di diffusione maggiore per le iniziative del comitato, allora risposto immediatamente: Il comitato di quartiere Appio Tuscolano nasce nel 2010 con l'intento di affrontare direttamente le molteplici problematiche legate al quartiere ed in particolare il degrado, l'abbandono delle aree verdi, la sicurezza, il trasporto pubblico. Nasce cosi in quel periodo lo sportello per il territorio attivo tutti i venerdì presso via assisi dove i residenti segnalano le diverse problematiche al comitato il quale attraverso lettere e comunicazioni o petizioni sollecita le istituzioni locali per risolvere tali problematiche. Il comitato in assenza delle istituzioni diventa il controllore e l'intermediario tra residenti e municipio.

-Quali sono state Le prime battaglie e le più importanti vittorie?

-Le vittorie in questi anni sono state molteplici: siamo riusciti attraverso un progetto a costo zero a deviare nel quadrante di Via assisi/ via Nocera Umbra la linea Atac 665 dando sollievo e agevolando centinaia di residenti che si trovavano da sempre tagliati fuori dalle stazioni metro ponte lungo e Furio o Camillo e dai treni della stazione tuscolana.Un altra vittoria è  stato il riposizionamento dei cassonetti dei rifiuti spostati per diversi mesi a centinaia di metri di distanza creando disagi ai cittadini soprattutto anziani che erano costretti a percorrere più di 600 metri per gettare i propri rifiuti.
Attraverso le giornate ecologiche svolte in questi anni abbiamo sensibilizzare con le nostre azioni volontarie i cittadini e le istituzioni locali ad una maggiore pulizia del territorio...ma su questo c'è ancora molto da fare.

La più grande vittoria comunque rimane lo sgombero e la bonifica dello stabile dell'ex cartiera una battaglia portata dal sottoscritto e dal comitato a tutti i livelli cittadini e nazionali....una battaglia durata più di sei anni che ci ha visto in primissima linea per la risoluzione di un problema diventato grave per la sicurezza e la salute pubblica dei cittadini risolto dopo esposti, dirette televisive, petizioni, interpellanze municipali e interrogazioni parlamentari.

- Il comitato è legato a qualche partito o movimento politico?

- Il comitato non è mai stato legato a nessun partito o movimento politico....ma negli anni ha sempre collaborato con lo spazio libero tenaglia in quanto lo stesso ha messo a disposizione dei cittadini il proprio locale ogni venerdì pomeriggio per riunioni o assemblee e per le segnalazioni di cui sopra.

- Avete contatti con altri comitati? E avete mia organizzato qualche iniziativa insieme?

-Sì abbiamo contatti con altri comitati ....nel novembre del 2014 abbiamo organizzato un incontro presso la sede di via assisi per creare una rete comune sul territorio e collaborare insieme su più zone di Roma. Abbiamo contatti con il tiburtino, ponte di nona, torre angela, appio Claudio, Tor sapienza, comitato popolare appio latino etc...le iniziative in questi anni sono state molte manifestazioni contro il degrado e la chiusura dei campi Roma, manifestazioni su ex cartiera su barriere architettoniche dei disabili, spreco edilizio ecc. ...

- Allarghiamo il raggio: Roma città diventata negli anni  molto complicata per i cittadini, con pochi servizi, tanto degrado ed un enorme tasso di microcriminalità, come ci si è arrivati secondo te? colpa dei sindaci, dei romani o delle politiche nazionali?

- Io credo che le responsabilità come nelle aziende siano piramidali...sicuramente i primi responsabili sono il governo centrale che sia attraverso le scellerate politiche economiche di austerità e sia per le scellerate politiche sull'immigrazione abbiamo creato seri problemi soprattutto in quei quartieri periferici dove il disagio sociale è maggiore ovviamente poi le responsabilità a pioggia sono arrivate fino alle istituzioni locali...le quali dovrebbero dare delle priorità ai problemi primari dei cittadini : lotta al degrado, pulizia aree verdi, assistenza anziani e disabili.
Noi come cittadini abbiamo sempre considerato la priorità per gli italiani in difficolta e poi in caso per gli altri ospiti di questo paese.

- Cosa può fare un normale cittadino per Roma? Si può cambiare la città con piccoli gesti e azioni simboliche?

- Sì la città si può cambiare con la partecipazione diretta dei cittadini, la responsabilità degli stessi e il sacrificio e la disponibilità da parte di tutti al miglioramento anche solo del quartiere dove si vive. L'errore più grande è pensare sempre di delegare ad altri lamentandosi senza agire

- Quali sono le principali Urgenze che il prossimo sindaco dovrà affrontare nella città di Roma per migliorare le condizioni di vita nelle periferie?

Secondo me le urgenze che il prossimo sindaco dovrebbe prendere in considerazione sono:
sicurezza, lotta degrado e all'abusivismo, trasporto pubblico, bonifica aree verdi, assistenza anziani e disabili, chiusura tutti i campi rom

- Ci sono Futuri progetti del comitato Appio- Tuscolano?

-Il comitato appio tuscolano da qualche mese e sta seguendo una nuova battaglia legata ad una struttura polifunzionale terminata due anni fa ma mai aperta.....un vero spreco edilizio.
Inoltre porteremo avanti battaglie a favore dei disabili costretti a subire sempre continui tagli sui servizi, continuiamo a monitorare la situazione del quartiere e stiamo pianificando una serie di giornate ecologiche per la prossima primavera


Grazie Emanuele sei stato assolutamente esaustivo e in bocca al lupo per le attività del comitato.

domenica 6 dicembre 2015

Le principali proposte politiche e territoriali dello Spazio Libero Tenaglia


Lo Spazio Libero Tenaglia è uno spazio sociale situato a via Assisi 140 e da 4 anni ormai è il fulcro di tutta una serie di iniziative che vedono impegnati i volontari del “Tenaglia” stesso, nel quartiere.

Pensiamo infatti che la nostra città sia vittima della negligenza e trascuratezza della classe politica capitolina e da faro di civiltà sia stata ridotta a simbolo di degrado e criminalità. La risposta alla Roma di Suburra è quella di riprendersi la nostra città e farlo significa riappropriarsi di ogni quartiere, rione, sampietrino e monumento. Per questo la lotta parte proprio da quei quartieri ed i loro cittadini con questi, come l’Appio tuscolano, che tra l’altro si trova ad appena 10 minuti dal centro di Roma, abbandonati a se stessi.

Il nostro spazio fin da subito si è caratterizzato per una forte impronta sociale, al di là degli sportelli offerti di altro tipo(ripetizioni di lingue, assistenza legale gratuita, calcolo del CAF, “Bacheca Sociale” ed altri aiuti nel cercare lavoro), ha riservato uno dei giorni di apertura alle segnalazioni della cittadinanza riguardo i problemi del quartiere.

Una delle prime iniziative fu proprio la proposta di riqualificazione del c.d. Quadrante(formato da quattro vie limitrofe a via Assisi essa compresa) che passava attraverso 5 punti fondamentali. Questo progetto presentato ai cittadini era frutto non solo del lavoro dei volontari, ma delle perizie di architetti ed esperti del settore.

Punto chiave dei 5 citati, era proprio la riqualifica della Ex Cartiera a via Assisi che prevedeva si lo sgombero della struttura, ma anche l’offerta effettiva e dignitosa di una soluzione abitativa per le famiglie italiane lì dimoranti da più di 8 anni. Ora il problema ha avuto il suo risalto mediatico e quindi le istituzioni sembrano aver seguito i riflettori delle televisioni e finalmente sembra si siano interessate a risolvere tale situazione di degrado. Proprio nel corso degli anni sempre il Tenaglia organizzò un’importante fiaccolata di solidarietà per la donna(tra l’altro madre) che per un colpo ricevuto da uno dei “frequentatori” dell’Ex Cartiera finì in coma, che vide la partecipazione di 300 cittadini. Alla fiaccolata seguì infine una Petizione popolare prima cartacea, poi anche on-line che ha raccolto migliaia di firme ed è stata anche oggetto di un intervento parlamentare.

Da ormai 2 anni poi, lo Spazio Libero Tenaglia organizza con scadenza regolare delle “Domeniche ecologiche” ove cittadini e volontari, armati di scope e ramazze, ripuliscono le vie più degradate del quartiere e non solo.

Recentemente poi, è stata iniziata una seconda Petizione popolare questa volta riguardante la struttura “fantasma” di Arco di Travertino: un centro polifunzionale mai reso accessibile al pubblico dopo 10 anni di lavori e milioni spesi per i lavori.

Insomma se ancora non fosse chiaro, laddove le istituzioni e politicanti vari latitano lo Spazio Libero Tenaglia è sempre pronto a supportare fattivamente i cittadini nelle loro legittime proteste, senza se e senza ma come fa ormai da 4 anni a questa parte.

In allegato trovate i link delle petizioni attualmente on-line che potete firmare con un semplice “click”:

- Ex Cartiera via Assisi: https://www.change.org/p/comune-di-roma-capitale-sindaco-ignazio-marino-presidente-vii-municipio-susana-ana-maria-fantino-petizione-pubblica-per-il-risanamento-dell-ex-cartiera-situata-in-via-assisi-157-163

- Arco di Travertino: https://www.change.org/p/presidente-regione-lazio-nicola-zingaretti-direttore-direttore-direzione-regionale-salute-e-integrazione-sociosanitaria-comune-di-roma-asl-roma-c-presidente-vii-municipio-susana-ana-maria-fantino-centro-arco-di-travertino-attivazione-della-strut

martedì 1 dicembre 2015

Breve storia dello sviluppo delle metropoli italiane

Il più significativo cambiamento che negli anni ha modificato il volto delle città italiane è senza dubbio il passaggio dal centro urbano tradizionale alle aree metropolitane moderne, contornate da diversi comuni limitrofi. Assistiamo oggi all’aumento di cittadini  in "continuo movimento” per motivi occupazionali. È questo quello che gli esperti chiamano il fenomeno di espansione-dispersione nel modello della “città diffusa” o “città infinita”.

Ma come siamo arrivati a questo stadio evolutivo? Nel corso del tempo possiamo immaginare un’espansione sempre maggiore con una sequenza a catena. Quelli che oggi sono i comuni "esterni",domani potrebbero addirittura diventare il "centro" di altre aree metropolitane. Un’espansione divenuta inevitabile con il crescere del fenomeno dell’immigrazione che ha aumentato notevolmente la densità delle nostre città.

È il novecento il periodo in cui si comincia a parlare di periferie. Architettura e urbanistica sono le parole chiave di crescita urbana ininterrotta e costruzione intensiva di nuovi quartieri. La periferia moderna vede un’alternanza suburbana tra case,zone rurali e zone industriali. Le case erano pensate per dare alloggio agli operai che lavoravano nelle fabbriche. Dagli anni trenta e con un picco nel dopoguerra si ha questa esplosione di movimenti di massa che portano alla migrazione verso fuori città e di conseguenza alla creazione delle periferie. Succede che il centro storico si accresce di valore economico,dato positivo quindi,ma dal punto di vista sociale abbiamo l’espulsione della classe media e della popolazione meno facoltosa che è obbligata a trasferirsi all’esterno della grande città, ovviamente questa migrazione è dovuta anche alla ricerca di condizioni di vita migliori e anche di costi abitativi  alla portata di tutti.

Questa crescita delle periferie fu vista con entusiasmo fino agli settanta. Ci si immagina l’integrazione delle classi meno abbienti da un lato e la maggiore sensibilità politica,sociale e sindacale dall’altra. Ma il tempo pian piano ha cambiato le carte in tavola. Ed è stato alla fine del novecento che si è rotto questo finto equilibrio con la crisi del modello urbano moderno e di conseguenza delle periferie. Si svilupparono cosi le prime forme di degrado e microcriminalità che portarono addirittura, in alcuni casi, alla demolizione di molti quartieri periferici realizzati tra gli anni cinquanta e settanta. Per esempio tra il 1997 e il 2003 sono state demolite tre delle sette vele di Scampia a Napoli che erano state costruite tra il 1962 e il 1975 da Franz Di Salvo.


Dalla metà degli anni settanta quindi si ha un dietrofront sul concetto delle periferie. Sorgono progetti più simbolici che sociali,come lo Zen a Palermo o Corviale a Roma,e la periferia diventa quella parte di città in cui esplodono tutte le problematiche a noi note oggi. Come, per dirne una su tutte, la falsa integrazione tanto voluta dalla politica è il "regalo" che hanno fatto solo ed esclusivamente alle periferie. Oppure il problema dei campi rom, ormai noto a tutti. Veri centri abitativi con tanto di sorveglianza in cui i casi di delinquenza non fanno più notizia. Nelle zone adiacenti a questi campi rom si manifestano furti,scippi,rapine,spaccio. Queste sono le periferie volute dalla politica,letteralmente abbandonate e fatte gestire dalla criminalità organizzata. Scompare la distinzione tra periferia legale e periferia illegale.
Per quanto riguarda Roma, va sottolineato che la classe politica chiamata a guidarla tra gli anni 60 e 70 ci ha messo il carico con la sanatoria delle borgate abusive nel 1975. Nel decennio 1950-1960
abbiamo assistito al periodo di maggiore crescita edilizia della nostra città,la popolazione si è praticamente raddoppiata passando da poco più di un milione di abitanti a più di due milioni. È in questo periodo che è avvenuto il contrario di quello che sta accadendo oggi. Abbiamo quindi Roma al centro di tutto e dalle campagne e dai comuni limitrofi si riversano tutti nella capitale. Iniziarono a sorgere i primi nuclei isolati immersi nelle campagne e per colmare i vuoti vennero costruite le grandi vie consolari. Aumentavano gli alloggi,aumentava anche la popolazione di migranti. Quest’ultimi venivano impiegati come manodopera non qualificata nell’edilizia. Già a quei tempi era presente una forte speculazione immobiliare che causava la nascita di abitazioni di scarsa qualità. L’amministrazione comunale non pianificò questa nuova fase e quindi l’edilizia venne presa in mano dai palazzinari che ritroviamo anche oggi a dettare legge. Dal dopoguerra quindi si vennero a creare periferie di matrice speculativa e a bassa qualità insediativa causando problemi che ancora oggi ci portiamo dietro come per esempio la mobilità e i pochi collegamenti con il centro città. Oggi le periferie sembrano terra di nessuno perché abbandonate,in cui regna il degrado e in cui ogni forma di Stato sembra non essere mai esistita. Si è costruito troppo e troppo in fretta perdendo di vista l’aspetto più importante,ossia quello umano.




Il "pezzo forte" delle periferie di oggi,sia di Roma che di altre città,sono gli enormi blocchi di cemento che vanno a sostituire parchi e aree verdi. Mega palazzoni in cui ognuno ha il suo buco in cui vivere e dove viene a mancare completamente il rapporto con gli altri residenti. La società ci ha regalato questo,si va sempre di corsa,non ci si ferma mai. Sembra come se fossimo trasportati da una scala mobile e tutto si ripete ogni giorno allo stesso modo.

Eppure i residenti non chiedono molto: solo periferie ben collegate con il centro,rivalorizzate e umanizzate. Chiedono più spazi ricreativi e culturali in modo da poter indirizzare nella giusta strada i ragazzi più giovani. Si chiama tutela del bene pubblico, del bene collettivo. Non so se ci spieghiamo...