giovedì 28 marzo 2013

New World Disorder

Notizia di poche settimane fa è l’invio di circa tremila soldati francesi in Mali per combattere il terrorismo islamico a difesa del governo democratico attuale in ovvia difficoltà. Il presidente francese François Hollande ha dato ordine al suo esercito di intervenire militarmente in Mali per contenere l’espansione militare dei gruppi fondamentalisti islamici nel paese, alcuni dei quali vicini ad al Qaida. Secondo il benpensante, democratico e liberale Hollande “La francofonia non e' solo una questione linguistica, ma 'uno spazio di valori', che ha come priorita' 'la democrazia, i diritti dell'uomo, il rispetto della liberta' di espressione, l'affermazione che ciascun essere umano deve poter scegliere i suoi dirigenti''.
 
Pochi giorni dopo il bel discorso pronunciato in Congo, l’aviazione francese ha “giustamente” attaccato la città di Gao (in Mali) , dove i gruppi islamici sono molto forti: colpendo l’aeroporto, il quartier generale della polizia islamica e diversi luoghi occupati dai ribelli legati ad al Qaida. I soldati francesi sono arrivati a Bamako (capitale) e in altre zone del paese aiutati dai rinforzi militari africani inviati dai governi di Nigeria, Togo e Benin (circa mille quest’ultimi). L’ONU ha ovviamente approvato e legittimato l’intervento militare francese. D’altronde la causa democratica contro il fondamentalismo islamico è più che nobile.
Notizia di pochi giorni fa, invece, è la volontà ormai divenuta esplicita del governo britannico e francese (ancora una volta presente in prima fila) di inviare munizioni, rifornimenti e aiuti economici all’esercito libero siriano che sta combattendo da due anni a questa parte contro il regime Assad e l’esercito repubblicano. Lo stesso esercito libero che soli pochi mesi fa era stato pubblicamente definito, anche dall’ONU, come un esercito di mercenari non siriani finanziati da paesi esteri come Kuwait, Bahrain, Arabia Saudita. Un esercito composto soprattutto da terroristi islamici legati ad Al Qaida.
Due azioni politiche e militari quindi diverse e assolutamente aberranti ma fatte passare entrambe agli occhi dell’opinione pubblica come due battaglie legittime e di assoluta importanza per la lotta per la democrazia e la pace mondiale. Due notizie che sottolineano ancora una volta l’incoerenza del New World Order, pronto a passare oltre ogni compromesso, in qualsiasi momento e a qualsiasi costo pur di raggiungere il suo fine: assoggettare tutte le nazioni libere ad un governo globale. Un progetto privo di dignità che solo in Siria in due anni di combattimento ha portato alla morte di decine di migliaia di civili. Un progetto che sta portando morte ora anche in Mali.
Il Mali, infatti, indipendente dalla Francia dal 1960, è un paese estremamente ricco di uranio che favorisce da decenni i i traffici delle potenze speculatrici Occidentali, oggi intenzionate dunque a preservare questo “loro” tesoro. Un paese da difendere contro i barbari islamici con smanie di libertà e indipendenza.
 
La Siria, invece, è un paese sovrano sul piano politico, con un leader carismatico eletto regolarmente dal suo popolo. Un paese sovrano sul piano economico perché non succube ai poteri finanziari internazionali o alle banche centrali private, ma che semplicemente stampa la sua moneta, la Lira Siriana. Un pese sovrano sul piano militare e sociale. Un paese unito e libero. Un cattivo esempio per le nazioni dormienti e ammaestrate(vedi: Repubblica Italiana Democratica) Un paese da sconfiggere ad ogni costo. Anche scendendo a compromessi con i fondamentalisti islamici a loro volta intenzionati a rovesciare il governo Assad perché l’unico davvero laico e non fondamentalista e sunnita del Medio Oriente.
 
Due paesi diversi e distanti tra loro ma entrambi finiti nel mirino del NWO. Il progetto mondialista estremamente spietato che ha fatto cadere ormai decine di governi scomodi in tutto il mondo ( vedi Libia, Iraq per fare gli esempi più recenti). Un progetto, però, la cui realizzazione pare fortunatamente ancora un miraggio. Russia, Iran e Cina , infatti, difendono quotidianamente in campo diplomatico e umanitario la Siria, il suo popolo, il suo legittimo governo e ogni nazione libera del globo terrestre. I terroristi dell’esercito libero sono sterminati a dozzine ogni giorno. In tutte le nazioni d’Europa giovani militanti della causa siriana portano avanti la battaglia di contro informazione a favore della sovranità della Siria (ultima azione quella relativa alle bandiere portate a Piazza San Pietro durante il primo Angelus di Papa Francesco I).
L’ipocrisia e la mistificazione della realtà quindi stanno incontrando delle grandi difficoltà. E ad oggi, ad essere sinceri, in questo meschino miscuglio globale di interessi ,il famigerato e spietato Nuovo ordine Mondiale pare più un’utopia che un progetto politico. Un vantaggio per i rivoluzionari di tutto il mondo che combattono ogni giorno a favore della sovranità della propria nazione. La Siria ce lo sta dimostrando: è fallace questo New World Disorder…

mercoledì 13 marzo 2013

Il caso Chico Forti


Qualche numero fa avevamo scritto della vicenda dei due Marò trattenuti in India e avevamo posto alcuni interrogativi riguardanti la sovranità dell’Italia. Ora a distanza di qualche mese possiamo dire che poco è cambiato e l’unica vittoria italiana,se proprio vogliamo chiamarla cosi,è stata la concessione dell’Alta Corte del Kerala di far rientrare i due militari in Italia durante le feste natalizie per due settimane. Ci si potrebbe dire soddisfatti, ma analizzando bene i dettagli ci si accorge che la concessione è stata data sotto la cauzione di oltre 800 mila euro,in più i due militari hanno dovuto  fornire indirizzi delle abitazioni in cui sono andati nonché i loro numeri di cellulare e tutti i dettagli relativi agli spostamenti che hanno fatto in Italia…beh,non è proprio il massimo per essere un Paese sovrano propriamente detto! Piuttosto sembra che ci sia stato dato un contentino così da far sembrare che il governo italiano abbia smosso le acquee.I due Marò fanno parte di circa 3000 altri nostri connazionali detenuti all’estero. Ora non è questa la sede per analizzare tutti i casi e giudicare chi è colpevole e chi invece no, ma i dati che emergono è che la maggior parte di loro devono essere ancora processati e che solo una piccola parte è in attesa di essere trasferita in Italia per scontare la pena nelle nostre carceri. E questo sicuramente non è un bel dato per il nostro Paese e chi lo governa.
Enrico “Chico” Forti è un italiano trasferitosi negli Stati Uniti nel 1992,precisamente a Miami in Florida. Fino ad un certo giorno la sua vita è stata perfetta,degna di quel sogno americano che tanti sembrano  rincorrere; ma nel giugno del 2000 viene ritenuto colpevole dell’omicidio di un suo presunto amico,Dale Pike, figlio di Anthony,il quale possedeva uno degli alberghi più importanti di Ibiza. Ma questo albergo col passare del tempo va in rovina ed i Pike cercano di convincere Chico a comprarne una percentuale e riescono a truffarlo facendogli credere di aver fatto un affare. Poi arriva il giorno maledetto in cui Chico e Dale Pike  si incontrano appunto per discutere degli accordi sull’acquisizione dell’albergo. L’incontro dura pochissimo tempo,giusto l’attimo per conoscersi,separarsi e poi il giorno dopo il corpo di Pike viene ritrovato senza vita su una spiaggia,ucciso con una calibro 22. Chico però lo viene a sapere qualche giorno dopo quando avrebbe dovuto incontrarsi anche con il padre(ucciso pure lui) ed è qui che inizia il calvario perché viene convocato dalla Polizia come persona informata sui fatti.Ecco perché precedentemente abbiamo definito come “presunto” amico,proprio perchè leggendo vari forum è proprio il fatto che Chico ha negato di averlo incontrato che lo porterà in carcere dove ancora oggi si trova.Quello che sorprende però è la conclusione a cui giunge la corte americana e di cui riportiamo di seguito la traduzione: La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l’istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest’uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all’ergastolo senza condizionale”!Cioè qui si parla di un verdetto espresso basandosi soltanto su una sensazione,bel sistema di giudizio quello americano! Ora sempre leggendo i vari forum ci si accorge che gran parte delle persone sono a favore dell’innocenza di Forti,ma anche qui ognuno può leggere e fare le proprie considerazioni. Quello che più rammarica è il fatto che siano stati proposti cinque appelli per la revisione del processo ma in tutti e cinque i casi le varie Corti abbiano rifiutato senza motivazione. Chissà perché questo accanimento della polizia nel caso Forti,forse all’origine c’è quel documentario che Forti aveva girato sul caso dell’uccisione di Versace,nel quale Chico sollevava dubbi sull’operato della polizia americana?
Ormai sono passati quasi tredici anni dalla sentenza e dall’entrata in prigione di Forti e negli anni trascorsi l’Italia è stata poco attiva nel cercare di portarlo a processo nella sua nazione. Ed è qui che si inserisce spontaneo il parallelo con i due Marò. Si mette in luce purtroppo la poca valenza che l’Italia ha in ambito estero e sovrano. Siamo un Paese che a parole protegge gli Italiani,ma che con i fatti li lascia abbandonati a se stessi. E’ di fine dicembre 2012 la notizia che il ministro degli Esteri Giulio Terzi abbia rilasciato un’intervista nella quale l’Italia si dice  pronta a far luce sulla vicenda sostenendo che il condannato sia innocente. E chissà per quale oscuro motivo questa notizia è uscita proprio a ridosso delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio che si sono appena svolte? Va bene la campagna elettorale squallida di tutti i partiti per accaparrarsi qualche voto, ma addirittura cercar di fa credere alla gente che si abbia un interesse verso un connazionale che sta in carcere da tredici anni proprio ora,questo non è davvero un comportamento accettabile.
Fino a quando dovremo accettare questo ruolo subalterno dell’Italia? Perché nei programmi politici dei “grandi” partiti non si fa riferimento al ruolo internazionale dell’Italia? E purtroppo i risultati delle ultime elezioni hanno dimostrato che il popolo italiano si è fatto ancora una volta abbindolare da tante promesse.Un consiglio per la nostra Italia vorremmo darlo,quando ci sono nostri connazionali detenuti all’estero facciamo si che il nostro Paese abbia voce in capitolo. Non si esporta solo cibo e abiti,ma anche la sovranità di un popolo e forse è questa la cosa più importante.


 


martedì 26 febbraio 2013

"D'ora in poi può accadere di Tutto"

"D'ora in poi può accadere di tutto", disse Giovanni Falcone davanti al cadavere di Salvo Lima.
E di tutto in effetti accadde.
Tutto ebbe inizio con l'omicidio del 12 marzo 1992 del Magistrato Salvo Lima; ucciso perché tutti i mafiosi vennero condannati all'ergastolo e Cosa Nostra si trovò per la prima volta "tradita" senza più coperture politiche.
Quell'omicidio segnò la fine del rapporto Mafia - Politica. Questi eventi trasformarono un affare di Mafia in un affare di Stato, dove i protagonisti diventarono i vari Ministri in carica in quel periodo come Vizzini (Ministro delle Poste), Mannino (Ministro per gli Interventi Straordinari per il Mezzogiorno), Martelli (Ministro della Giustizia), Andò (Ministro della Difesa) e Giulio Andreotti, cariche Istituzionali che furono vittime di continui ricatti.

Proprio uno dei candidati della "Lista Nera", Mannino, incontrò il Capo dei Reparti Speciali dei Carabinieri e il Capo della Polizia per arrivare ad un patto; ma la Mafia operò diversamente e il 23 maggio 1992 decise di far saltare in aria Giovanni Falcone.
Si aprì cosi la prima trattativa Stato - Mafia per cercare di arrivare alla cattura di Totò Riina fermando le stragi delle quali era il mandante. Il 19 luglio 1992 dopo l’eccidio di Capaci, venne fatto saltare in aria anche il giudice Paolo Borsellino, nell'ennesimo attentato di Cosa Nostra che ribadiva di non sottostare ad alcun patto. Per il paese e per il governo il momento,in quel preciso frangente, era di assoluta delicatezza.
Quest'ultimo, trovandosi in difficoltà di fronte a questi fenomeni , per arginare queste stragi diede il via libera alle richieste di Totò Riina come i benefici di legge, nuove norme sul pentitismo e la revisione del "Maxi Processo".
A questo punto il Ministro degli Interni Scotti venne improvvisamente sostituito da Nicola Mancino nel governo del Premier Giuliano Amato.
Il 15 gennaio del 1993 venne messa in atto la strana cattura del "Capo dei Capi" annunciata
pochi giorni prima dal Ministro Mancino.
 
Da questi episodi ebbe inizio la seconda trattativa nella quale le richieste diventarono sempre più incombenti: anche il Ministro della Giustizia saltò e Conso prese il posto di Martelli. Dopo una nuova lunga serie di attentati la Mafia diventò ufficialmente terrorismo aprendo così le vie ad una probabile terza trattativa: tutti i vertici dell'amministrazione giudiziaria vennero improvvisamente sostituiti sotto il comando di Scalfaro dopo che quest'ultimo ricevette una lettera di minaccia dai familiari dei boss in carcere.

Lo Stato, di fronte ai continui attentati terroristici, nonostante la sua formale resistenza, abbassò la testa alle precedenti richieste avanzategli, trasferendo così i 441 mafiosi al 41 Bis in regime di "normalità carceraria".

Con il governo Berlusconi si ha in effetti un incremento di lotta alla mafia; mafia che però cambia strategia e smette di sparare. Ma continua ad esserci e muoversi in modo più discreto. Sembra stranamente essere stata raggiunta tra Stato e Mafia una calma apparente, una apparenza che per vent'anni non ha fatto sparare più un colpo. Molto si è parlato sulla connivenza possibile tra mafiosi e governo berlusconiano, rimanendo ,è pur vero, sempre senza certezze inconfutabili in merito. Certo è che sullo stesso delicato tema i giudici quando si è trattato di intercettare e di divulgare tutto ciò che riguardasse Berlusconi non hanno come sempre esitato, mentre quando è toccato ad altri è intervenuta di gran carriera la Corte Costituzionale. E’ il caso delle intercettazione Napolitano – Mancino dove quest’ultima ha decretato che il contenuto delle telefonate del Capo dello Stato non potessero essere  divulgate ma anzi prontamente distrutte. I giudici sostengono infatti che l’eventuale diffusione delle telefonate avrebbe creato danni non solo alla figura e alle funzioni del capo dello Stato ma anche al sistema costituzionale complessivo. “Il presidente della Repubblica -questo dicono i giudici con l’ermellino- deve poter contare sulla riservatezza assoluta delle proprie comunicazioni, non in rapporto ad una specifica funzione, ma per l’efficace esercizio di tutte”.

I cittadini hanno diritto di sapere cosa sia avvenuto in quegli anni di stragi tra le massime istituzioni e le cosche. Sarebbe bene conoscere ciò  che si dissero Napolitano e Mancino ma purtroppo la legge non sembra essere uguale per tutti.
 
Resta il fatto che Falcone e Borsellino furono uccisi dalla mafia dopo essere stati sconfitti  prima dalla stessa magistratura e dalla politica.
Sono stati due dei più grandi magistrati della storia italiana, intelligenti, modernissimi, ricchi di etica e di valori. Sono stati gli unici, probabilmente, che hanno messo davvero in difficoltà la mafia e sono andati vicino a disarticolarla nel momento della massima espansione di potere delle cosche. Falcone e Borsellino concepivano la lotta alla mafia come lotta alla mafia e non come strumento di rafforzamento del ruolo e del potere della magistratura. Esempio per chi del proprio ruolo ne fa un vessillo da politicante.

mercoledì 20 febbraio 2013

C’è Un’Italia da Svendere


Quando l’associazione Sempre Domani portò  mesi fa avanti una  battaglia d’informazione contro il potenziale disegno politico del governo tecnico di svendita delle ultime quote pubbliche dei gioielli di Stato (Eni, Enel e Finmeccanica), da molti fu ritenuta come una campagna  a prescindere contro il governo Monti. Migliaia di cartelli in tutta Roma simulavano la messa in vendita dei colossi sopracitati,come si mettesse in vendita una casa o una semplice macchina. In quel momento ancora nessun esponente del “governo tecnico“aveva dato modo di pensare ad  una cosa del genere. Poteva sembrare solo un azzardo politico.

Il governo fu impegnato in primis nell’inasprimento della pressione fiscale, nella stipula di accordi, anzi vere e proprie trappole, finanziarie ed economiche, per la modifica dello Statuto dei Lavoratori. Della svendita degli ultimi gioielli di Stato ancora non c’era nessuna traccia.

In vista della fine del mandato politico e con l’approssimarsi delle elezioni, è stato poi tempo di sondaggi. I presuntuosi tecnici, vuoi per la loro arroganza vuoi per la loro folle linea politica d’austerità/povertà, si sono dovuti arrendere ad una dato incontrovertibile: poco meno del 10% degli italiani rinnoverà loro la fiducia. Non saliranno da soli nuovamente sulla poltrona del governo.

Così, in questi ultimissimi due mesi, hanno dato una scossa al loro programma politico. E guarda un po’, tra gli ultimi punti ancora non attuati c’è proprio quello di svendere parte dei settori nevralgici dell’economia italiana a imprenditori privati soprattutto stranieri. Per far divenire una volta per tutte, e soprattutto per sempre, l’Italia un paese liberista e iper capitalista. Un paese figlio del “sogno americano”.

Negli ultimi giorni infatti, ha subito un’accelerata inspiegabile la vendita dell’ “Ansaldo Energia” controllata da Finmeccanica, all’azienda tedesca “Siemens”. Una vendita maturata nel silenzio politico più
totale eccezion fatta per alcuni esponenti delle ali più radicali che definiscono questa mossa come “una scellerata pericolosa vendita di un
patrimonio tecnologico e produttivo italiano, che andrà a rinforzare il maggior concorrente produttivo, la Germania, con conseguenze economiche e occupazionali drammatiche per Genova e l’Italia intera”.
Ci chiediamo come mai l’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi voglia disfarsi delle attività “civili” come treni ed energia, proprio prima delle elezioni politiche mettendo a rischio il futuro, già peraltro incerto e complesso, industriale, autonomo e pubblico, italiano.
Dopo solo qualche giorno però dalla notizia della possibile cessione dell’ “Ansaldo Energia”, ecco che leggiamo nei quotidiani nazionali dell’arresto dell’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, per uno scandalo di corruzione internazionale che vede protagoniste ricche tangenti economiche all’India per la vendita di circa 12 elicotteri da parte di Finmeccanica.
Uno scandalo che avrà sicuramente ripercussioni politiche in quanto sarà bloccata fortunatamente la vendita dell’ ”Ansaldo Energia” alla tedesca “Siemens” e ripercussioni giudiziarie in quanto le indagini della Magistratura hanno ormai invaso le pagine dei maggiori quotidiani italiani e sono sulle labbra di una attonita opinione pubblica.
Ciò che preme però sottolineare oltre che il silenzio totale e inaccettabile della classe politica italiana che ancora una volta si dimostra inefficiente e corrotta, è la difesa che alcuni esponenti e leader di partito hanno intavolata a favore dell’A.D. Orsi. Per alcuni il sistema delle “mazzette” nella prassi internazionale è uso consolidato. È un uso che favorisce “gli affari”. Come a dire:  “Tutti fanno così, quindi noi facciamo così ed è giusto così”. Una logica  primitiva e in malafede. E per fortuna che la chiamano “Seconda Repubblica Italiana” nata dalle ceneri di Tangentopoli.
Questa situazione comunque non fa altro che rinvigorire il nostro giudizio negativo su questi pagliacci in giacca e cravatta. Pagliacci che in vista delle elezioni stanno tornando a dare spettacolo deliziandoci con slogan di banale intelligenza e di involontaria ironia.
Vivere nell’Italia della corruzione e della disoccupazione, del sistema delle mazzette e dei soprusi non è più accettabile. Non esiste più un partito a difesa dello Stato Sociale, dell’Industria, del lavoratore italiano. Alle prossime elezioni il voto va radicalizzato. Falli Piangere. 
 
 

martedì 19 febbraio 2013

La strage del Connecticut e i proiettili della solitudine

All'indomani dell'ennesima strage targata USA abbiamo assistito all'immancabile convivio della chiacchiera senza ritegno, ai rivoltanti cenacoli degli avvoltoi mediatici, sempre pronti a speculare sulle disgrazie di questo mondo al capolinea. Telegiornali, giornali, radio, riviste, talk show: tutti uniti, anche nei momenti più grigi, sotto l'egida della banalità, della mediocrità e del luogo comune; un'onda poderosa, questa della "tele-chiacchiera ripetitiva" che, questa volta, ha investito uno dei temi più cari agli opinionisti, alle casalinghe attempate e ai giornalisti d'assalto: il mercato delle armi negli USA.

"E' ora di smetterla con le armi facili!", questo il grido di indignazione lanciato da chi è convinto che l'ultimo dei tanti bagni di sangue sia nato dalle armerie troppo diffuse. C'è chi poi sceglie di soffermarsi su un'analisi psicologica e sociologica delle cause che spingono determinati soggetti a compiere atti simili, ed ecco che vengono tirati in ballo i videogiochi troppo violenti, le situazioni familiari difficili, la solitudine in cui vengono lasciate queste persone e chi più ne ha più ne metta. In tutto questo, nessuno, come al solito, cerca di esaminare in modo più sottile questi fenomeni, di capirne il contorno aberrante che li circonda.

La mattanza cui abbiamo assistito rappresenta nient'altro che l'espressione più efferata ed estrema dell'alienazione dell'uomo moderno e della sua realtà, fatta di individualismo e plastica, che fonda la sua disperazione su un materialismo esasperato, sul distacco dai ritmi e dalle energie della natura, sulla corsa al consumo.

Ma per spiegare meglio questo concetto occorre porre l'attenzione sull'elemento fondativo e caratterizzante di questa condizione, ossia la solitudine in cui l'uomo è immerso.
Nei recenti commenti circa la strage del Connecticut spesso abbiamo sentito dire che "l'emarginazione ha spinto il ragazzo a compiere il gesto folle":mai affermazione fu più vera, ma sarebbe il caso di riflettere su ciò che oggi intendiamo con "emarginazione". Chi oggi può essere definito un "emarginato"? Forse solo i clochard che troviamo ai lati delle strade? O magari gli individui affetti da problemi mentali quali l'autismo o la schizofrenia? Se ci riflettiamo bene possiamo evidenziare quanto, in realtà, l'emarginazione, in diversi gradi ovviamente, sia invece presente in ognuno di noi. Ogni nostro gesto quotidiano, ogni nostra scelta, ogni nostro impegno scolastico, lavorativo e persino affettivo è vissuto in funzione di un individualismo opprimente, che ha come conseguenza diretta la netta sensazione di "inspiegabile" solitudine cui ogni uomo contemporaneo è soggetto.

Lavori che non ci soddisfano, relazioni sentimentali vissute solo per spinte di benessere personale, studi fatti solo per assicurarsi la più accogliente e rassicurante prospettiva di vita: quella borghese. Tutto questo è l'effetto e, al contempo, la causa dell'atomizzazione dell'individuo e della comunità, che porta insoddisfazione, invidia, frustrazione, e nell'ultimo stadio, emarginazione.
In una spirale diabolica, che trae le sue origini nelle teorie materialiste e anti-spiritualiste del settecento e dell'ottocento ma della quale non si scorge la fine, il grande capitale si eleva a figura di fautore ed avvoltoio delle debolezze umane. La massa soverchiante e scoordinata di informazioni dei social-network e dei media ci circonda in una polvere di superficialità, il consumismo ci spinge verso i "pozzi senza fondo" dell'effimero, ed è a quel punto che si manifestano i piccoli grandi orrori della modernità: dalle file giorno e notte davanti gli Apple-Store alle folli manie planetarie, fino ad arrivare, in ultimo stadio, alla follia omicida e stragista.

Fatta questa doverosa constatazione, possiamo capire facilmente che il problema di tutta la vicenda della strage del Connecticut e delle stragi americane in genere, non sia di natura esteriore (e cioé dovuto alla facile circolazione delle armi), bensì di natura interiore (il modo in cui l'uomo vive e vede la violenza oggi). Nel corso della storia infatti, dall'antichità fino quasi al ventesimo secolo, la vita dell'uomo era legata in modo strettissimo alla violenza, alle armi, alla forza bruta, eppure non abbiamo notizia di stragi immotivate come quelle che vediamo nei giorni nostri. Ciò è dovuto fondamentalmente al fatto che nelle società Tradizionali l'uomo, pur vivendo a stretto contatto con queste forze dirompenti, aveva imparato a rispettarle e a dominarle, aveva compreso l'alto messaggio spirituale che la guerra, la violenza, le armi e, in ultima istanza, la morte portano con sé. Oggi invece, sconvolto dalla solitudine e dall'alienazione, l'uomo non è più in grado di disciplinare la spinta di queste ataviche forze e di orientarle in funzione dell'edificazione della propria interiorità.

Cercare in tutti i modi di disconoscere la parte violenta e belluina dell'uomo è una caratteristica tipica della pigra e perbenista morale borghese. E' una visione parziale e fallace, che va assolutamente smentita, proprio perché non si elimina il male ignorandolo, ma gli si riesce a dare un senso nel momento in cui esso viene contestualizzato nella dualità che governa tutto l'agire dell'universo. Per ogni male c'è un bene che lo controbilancia, per ogni pulsione violenta e istintiva c'è una tendenza rettificatrice e disciplinante che deve sorgere. Impariamo a conoscere la nostra parte violenta, riconosciamo la nostra parte meschina e irrazionale, perché è solo guardandola in faccia e accettandola serenamente che saremo in grado di dominarla e renderla positiva per noi e per la società che ci circonda.

 

domenica 3 febbraio 2013

Nord Irlanda: Ritorno al Passato?

Ad ogni uomo libero, sia esso militante o intellettuale, che vive lottando per la conquista della sovranità e la difesa dell’identità tradizionale del proprio paese, non può che non essere a cuore la questione Nord Irlandese. Questa, infatti, presenta tutte le caratteristiche di una vera e propria guerra per la salvaguardia della sovranità e dell’identità del popolo irlandese, per l’appunto, nei confronti dell’invasore britannico. 
 
Fin dai primi decenni del ‘900, dopo la guerra anglo-irlandese, vaste regioni dell’ Irlanda furono teatro di una vera e propria invasione coloniale inglese che vide i cittadini irlandesi come soggetti passivi in quanto costretti a subire discriminazioni nel trovare lavoro o nell’assegnazione delle case popolari proprio nelle loro stesse città governate però da reggenti stranieri. Tutto questo per motivi soprattutto religiosi: gli irlandesi erano prettamente cattolici, gli inglese protestanti. Inoltre le circoscrizioni territoriali introdussero un sistema elettorale (tutt’oggi in vigore) che permise ai protestanti (in minoranza) di vincere sempre e comunque le elezioni.
 
Il punto di conflitto massimo si raggiunse tra gli anni ’60 e ’90. Periodo nel quale tra civili, militari e militanti politici morirono ben 3000 persone. Tutto questo in un costante clima di guerra civile.
Le cose peggiorarono in realtà però solo dl 1976 quando il governo inglese abolì lo stato di prigioniero politico attribuito ai militanti irlandesi dell’IRA (Irish Republic Army; la più importante divisione paramilitare dei cattolici irlandesi ma anche un movimento politico per la conquista della sovranità della Repubblica Irlandese dal dominio britannico). Questi da quel giorno in poi non avrebbero goduto più dei privilegi attribuiti nelle carceri ai prigionieri politici ma sarebbero stati trattati come carcerati comuni. Come se il combattere per un’idea fosse paragonabile al rubare o all’uccidere per gloria o denaro. Inoltre furono utilizzate sempre meno guardie carcerarie regolari e sempre più militari della RUC (divisone para militare protestante opposta all’IRA).
 
Iniziarono proteste dentro e fuori dalle galere. Fuori ci fu una vera e propria guerra civile che cosò la vita a migliaia di persone. Dentro invece ci furono proteste inizialmente pacifiche come quella del rifiuto di indossare divisa carceraria rimanendo nudi o con una coperta addosso la notte. Dopo due anni di risultati fini a se stessi i carcerati decisero prima di non lavarsi e spargere le proprie feci sui muri delle carceri fino a passare veri e propri scioperi della fame. Questi costarono la vita, invece, a poco pi di venti eroi irlandesi (il primo tra i quali il celebre Bobby Sands) .
 
In questo breve excursus storico non si può certo dimenticare poi la tanto tragica quanto storica “Sunday Bloody Sunday”del 1972 che ha inspirato anche la nota canzone del gruppo rock irlandese degli U2. Quel giorno nella città di Derry nel Nord Irlanda la polizia e l’esercito inglese aprirono il fuoco contro i manifestanti filo repubblicani cattolici uccidendo quattordici persone.
 
Oggi, per amor del vero, la situazione è pressappoco migliorata. Ma negli ultimi mesi, in un clima sociale, politico e soprattutto economico davvero difficile per l’intera Irlanda, sovrastata dal debito, inflazione e disoccupazione, le cose peggiorano di giorno in giorno, facendo tornare alla mente ancora i tragici eventi del passato. Cristiani e protestanti a Belfast ancora in conflitto.
 
Son recenti, infatti, le notizie degli scontri, e dei numerosi conseguenti feriti (circa venti solo tra le forze dell’ordine), tra le due fazioni e la polizia locale dopo la storica decisione del governo nordirlandese di non far sventolare tutto l’anno ma solo in alcune date precise l’Union Jack, il vessillo britannico. I lealisti protestanti inglese la considerano come attacco alla loro identità, i cattolici irlandesi, invece, la considerano come primo passo verso il riconoscimento della propria indipendenza. Inoltre, sempre recenti sono le minacce di morte ricevute dal primo ministro nord irlandese, Robinson, da parte di alcuni estremisti politici ancora però non identificati dalla polizia inglese (solo un fermato di cui non si è svelato nome e fede politica) e gli attacchi dei militanti protestanti con molotov e sassi ai negozi e alle case di cattolici irlandesi.
 
In definitiva, l’Irlanda sta forse ritornando al passato. L’ideale di indipendenza e libertà politica, sociale ed economica non ha abbandonato gli animi de coraggiosi irlandesi. Il progetto di occupazione dell’isola da parte del dominio britannico sta forse davvero volgendo al termine.
Dunque l’augurio resta che questi uomini ci siano d’esempio sotto l’aspetto della tenacia e del coraggio. Che ci siano da guida spirituale sotto l’aspetto umano. E alla fine, verrà il nostra giorno.

domenica 13 gennaio 2013

ILVA: Passato e Futuro

Società per azioni che si occupa principalmente della produzione e lavorazione dell’acciaio. Ha diverse filiali sparse in Italia ma lo stabilimento principale è quello di Taranto che è il più grande polo siderurgico in Europa e uno dei più grandi nel mondo. Questa è l’Ilva e solo per quello che rappresenta meriterebbe una sorte migliore rispetto a quella che invece sta accadendo. Ma partiamo dall’inizio. L’azienda viene fondata da un gruppo di industriali agli inizi degli anni novanta ma successivamente diviene un’azienda pubblica grazie all’IRI,l’ente pubblico italiano istituito nel 1933 durante il ventennio fascista. Segue poi una crisi del mercato dell’acciaio che porta a grandi problemi finanziari dell’azienda che viene rilevata dal gruppo privato Riva,tutt’oggi ancora a capo. Questa è la storia in breve dell’azienda.


Nell’estate del luglio 2012 il gip del tribunale di Taranto sequestra varie aree dell’azienda di Taranto,arrestando otto persone tra dirigenti ed ex dirigenti del gruppo Riva a causa dell’inquinamento ambientale prodotto dagli stabilimenti dell’azienda. Ovviamente i più danneggiati da questo provvedimento sono stati gli operai che lavorano in quegli stabilimenti e che prontamente hanno fatto sentire la loro voce. Il presidente della regione Puglia,Nichi Vendola apre dicendo subito che la regione si costituirà parte civile ma col passare del tempo e il trascorrere delle indagini si viene a sapere che il presidente della Regione Puglia avrebbe fatto pressioni indebite nei confronti del direttore dell’Arpa (società addetta al controllo dei livelli di inquinamento) per non far emergere i dati drammatici. Naturalmente il leader di Sinistra Ecologia e Libertà respinge le accuse come spesso accade, riponendo piena fiducia nei confronti della magistratura. E chissà che tipo di pressioni avrebbe fatto,mazzette,promesse di qualche tipo? Sta di fatto che si sta cercando di insabbiare la notizia.

Ci dispiace constatare il fatto che anche l’Ilva,ex azienda pubblica sia passata a dominio privato. Purtroppo il problema della privatizzazione di molte aziende ha afflitto il nostro Paese negli ultimi anni e viene messo in pratica lo stesso metodo utilizzato con l'Alitalia: si divide l'azienda in due parti, quella con i debiti rimane allo Stato e quella ripulita viene acquistata a prezzo super scontato dai privati. E tutto quello che sta accadendo questi giorni non sarebbe successo se ci fosse un governo eletto dal popolo,sicuramente la prima cosa che farebbe un tale governo è quella di togliere dalle mani private un’azienda che tanti anni fa era pubblica. E in tutto ciò l’Unione europea resta a guardare e declassa le produzioni vitali come quella siderurgica. Bell’Europa…

Nel 2006 alla vigilia delle elezioni politiche Emilio Riva finanzia le campagne elettorali di entrambi gli schieramenti contendenti,Forza Italia da una parte e Ds dall’altra,ma in quest’ultimo caso il finanziamento non arriva al partito vero e proprio ma va direttamente a Bersani che stava diventando ministro per lo sviluppo economico e controllore politico dell’Ilva. Si rientra quindi sempre nella logica partitica da cui sembra cosi difficile uscirne. Anche per questo oggi è importante uscire dagli schemi dei partiti e provare ad intraprendere una strada nuova che abbia alla base dei veri valori e che non si faccia influenzare dal particolare schieramento.
Si è proposto di spegnere lo stabilimento ma ciò è inaccettabile,troppi posti lavoro andrebbero persi e in un periodo come questo il fatto è ancor più pesante. Non ci si può permettere d’altro canto di uscire definitivamente dal settore della siderurgia,è un danno regionale ma soprattutto nazionale. Che poi documentandosi,ci si accorge che lo stabilimento è in regola con le emissioni e che non ci sono leggi o regole che prevedano la chiusura degli stabilimenti. Ma se proprio fosse vero che escono sostanze nocive dagli stabilimenti di Taranto si potrebbe tranquillamente affermare che a rimanere avvelenata sia stata solo la politica visto i “pericolosi” rapporti che intercorrevano e che intercorrono tutt’ora tra l’azienda e le istituzioni. L’esempio è sempre quello dei contatti frequenti tra dirigenti dell’azienda e presidente della provincia di Taranto e governatore della regione Puglia.

L’economia italiana non deve subire questo ulteriore danno,perché ad avvantaggiarsene sarebbero gli altri paesi europei e mondiali. Il lavoro e la produzione devono proseguire.
E poi chiudere un’azienda come questa è inaccettabile perché sarebbe una batosta all’economia italiana e al nostro sistema produttivo,si devono si ridurre le sostanze dannose(magari riconvertirle in un tipo di energia non dannosa) ma si deve sempre mantenere un minimo di produzione proprio come proposto dalla stessa azienda che ha stanziato una cifra per il risanamento ma che è stato ritenuto non congruo dal gip di Taranto.

Certo è che facendo un confronto con la vera Ilva di settanta anni fa e quella odierna male amministrata c’è da meditare,prima si praticava una vera politica sociale nei confronti dei dipendenti dell’azienda e per i familiari:assistenza sanitaria negli stabilimenti,asili e doposcuola sono solo alcuni esempi. Insomma l’azienda era molto più vicina alle famiglie ed era interessata ad una rinascita dell’industria italiana,esattamente il contrario di quello che sta accadendo oggi. Scusate se a volte siamo un po’ nostalgici ma i dati di fatto ci danno ragione.