mercoledì 26 agosto 2015

Esempi di Microcredito nel mondo

Il microcredito viene definito come un piccolo credito per attività economiche vulnerabili dal punto di vista monetario , per far fronte a spese inarrivabili.  Il microcredito quindi abbatte l’impossibilità delle piccole imprese ad accedere ad un prestito bancario, consentendo così il loro sviluppo.

Il tentativo di microcredito è quello di creare una completa autonomia per le piccole imprese in modo da evitare interventi monetari esterni. La storia del microcredito ha inizio in Bangladesh nel 1976 nella Bank, una banca creata con lo scopo di concedere prestiti ai più bisognosi, da Muhammed Yunus. Dopo la Grameen Bank,sono state molte le organizzazioni internazionali che hanno adottato programmi di microcredito al fine di sostenere l’economia dei paesi in via di sviluppo. Come ad esempio: CARE Internacional, FINCA Internacional, ACCION Internacional e ACODEP ( Asociacion de Consultores para el Desarrollo de la Pequena y Microempresa).

 Successivamente anche in America Latina, Africa e Asia sono sorte istituzioni per la gestione di microcrediti come : Vita Microbank in Benin, Fundasol in Uruguay, Financiera Calpia in El Salvador ecc. A livello europeo è nata invece una piattaforma sulla micro finanza che unisce numerosi attivisti europei, impegnati in progetti di microcredito verso i paesi del Sud del mondo. Lo scopo principale di questa piattaforma è quello di scambiare informazioni utili per la cooperazione tra tutti i partecipanti. Anche se con modalità e caratteristiche diverse, anche in Italia ci sono differenti esperienze di microcredito come ad esempio le MAG. 


Tra i principali network c’è Microventures con ben 12,5 milioni di euro di capitale. La condizione principale tra queste grandi piattaforme di micro finanza è l’equilibrio tra investitori e microproduttori. L’aspetto fondamentale che viene percepito nel microcredito va oltre l’aspetto monetario . Quella che viene riconosciuta è la fiducia al microimprenditore e il suo progetto. Il microcredito ha sicuramente cambiato il modo di pensare dell’economia ed è riconosciuto come uno strumento che stimola e amplifica l’attività produttiva . Inoltre si è convalidata, grazie agli esempi di attività di microcredito elencate precedentemente, una valida alternativa di finanziamento per le piccole imprese .

lunedì 24 agosto 2015

Intervista sul microcredito al professor Mario La Torre

Qualche settimana fa abbiamo contattato il professor Mario La Torre, docente di "Economia degli intermediari finanziari" nell’ateneo romano de "La Sapienza" per farci rilasciare un'intervista su una tematica ancora non approfondita in Italia, che può diventare in futuro un’ottima proposta politica se affrontata con attenzione e professionalità: il microcredito. L’intervista, come tutte le precedenti, servirà a spiegare al lettore, attraverso la voce autorevole del professore, grande conoscitore in merito all'argomento, vantaggi e le conseguenze di una politica pubblica tesa a favorire e finanziare il microcredito. Lo Ringraziamo, a nome di tutta la redazione, per la disponibilità e l'esaustitvità delle risposte che senza dubbio hanno arricchito le nostre conoscenze in merito.

Dunque professore...

- Che cos'è il microcredito?

Tecnicamente è un prestito di piccolo importo erogato, senza garanzie tradizionali, a soggetti svantaggiati; in un’ottica strategica è un prestito inclusivo, ovvero concepito in modo da facilitare l’accesso al finanziamento a persone capaci e volenterose, dotate di un progetto di lavoro autonomo ma non in condizioni di essere assistite dall’intermediario finanziario tradizionale.

- Nei vari paesi del mondo che ne hanno fatto uso, hanno avuto effetti positivi?

Il microcredito ha dimostrato di essere un potente strumento di inclusione finanziaria ma anche una via per valorizzare attitudini ed energie di soggetti che non hanno disponibilità finanziarie o garanzie reali per dialogare con il sistema finanziario. I dati ci raccontano di un basso tasso di default e di una forte capacità di penetrazione tra soggetti quali donne e giovani, generalmente meno serviti da banche e finanziarie.

-In Italia è mai stato utilizzato?
L’Italia è uno dei Paesi più avanzati in tema di microcredito; il mercato è ancora emergente (si veda per dettagli il Rapporto dell’Ente Nazionale Per il Microcredito) ma il legislatore italiano ha definito un quadro legislativo e regolamentare ad hoc introducendo il microcredito nel Testo Unico Banche e prevedendo specifici intermediari abilitati alla erogazione microcreditizia. Inoltre, l’Italia è tra i pochissimi Paesi ad avere dato continuità all’invito delle Nazioni Unite del 2005 – Anno Internazionale del Microcredito – trasformando il Comitato del Microcredito del 2005 in un Ente pubblico non economico con scopo di promozione del mercato microcreditizio e diffusione della cultura della inclusione finanziaria. Anche grazie all’Ente Nazionale per il Microcredito la riforma legislativa ha potuto venire incontro alle diverse esigenze degli operatori, non ultima l’estensione del Fondo Centrale di garanzia per le pmi alle operazioni di microcredito.

- Qualcuno in Italia (partiti, associazioni, sindacati) l'ha mai proposto seriamente?

Il Microcredito è ormai da tempo nelle politiche comunitarie per l’inclusione sociale e la job creation; l’UE ha messo a disposizione fondi dedicati attraverso specifici programmi – gestiti tramite il FEI – come pure tramite i più classici fondi strutturali. La programmazione 2014-2020 ha riorganizzato la struttura delle misure dedicate al microcredito potenziandone la funzionalità. Inoltre, lo stesso piano Junker, nell’asse riferito alle pmi, prevede come specifica attività finanziabile quella del microcredito.

-Nel passato bimestre il nostro giornale ha affrontato il tema delle monete alternatiche che in questi giorni è tornato in voga nei quotidiani di tutta Europa per via delle ipotesi che balenavano nella testa di Varoufakis, ci chiedevamo se, secondo lei, sarebbe produttivo concedere il microcredito con moneta alternativa stampata da una banca pubblica?

In Italia il microcredito è una forma di credito regolamentata dal TUB, dunque è una attività interna al perimetro della vigilanza e, in quanto tale, è difficile immaginare un microcredito con moneta alternativa. Anche prescindendo da questo aspetto, mi sembra poco interessante l’idea di confinare il microcredito in una dimensione isolata rispetto al sistema finanziario tradizionale. Il microcredito è una soluzione efficacissima per la lotta all’esclusione finanziaria ma, in quanto tale, deve essere considerata come soluzione ponte, volta, cioè, a traghettare nel medio periodo i beneficiari da una situazione di esclusione finanziaria ad una dimensione di bancabilità. In questa prospettiva è bene che il microcredito cresca e si sviluppi con le proprie peculiarità ma dentro i confini – anche monetari - del sistema finanziario tradizionale.

Perfetto professore. Grazie ancora per il tempo che ci ha dedicato. Se ci saranno aggiornamenti in futuro, non esiteremo a contattarla per commentarli insieme.

sabato 22 agosto 2015

Sintesi del quinto appuntamento con Gymnasium

Quinto e penultimo incontro a cura del Centro Studi Gymnasium, in attesa del conclusivo appuntamento in programma per Martedì 8 Settembre. Nel corso della lezione il Professor Mancini ha affrontato tematiche di fondamentale importanza, esortando i giovani presenti a far tesoro delle massime lette e commentate durante il pomeriggio.

Discutendo attivamente, il Professore ha raccontato episodi di particolare rilevanza, inerenti la vita del giovane Mussolini, funzionali per comprenderne la formazione. Tra i diversi aneddoti, è senza alcun dubbio obbligatorio citare la permanenza di Benito Mussolini in Svizzera, a ridosso dei primi anni del ‘900. E’ proprio durante questo periodo che egli riuscirà a forgiare il proprio animo: tra il 1902 ed il 1904 conoscerà leader e personalità di straordinaria importanza inerenti al socialismo massimalista, tra i quali Angelica Balabanoff, attivista russa, tra le prime a percepire la diversità in ambito politico del giovane, sottolineandone le capacità di credere fermamente nel concetto di volontarismo, di possedere una visione del mondo completamente nuova e soprattutto di aver fede in una determinata tipologia di sindacalismo rivoluzionario.
Durante la lezione, il Professore ha successivamente illustrato le figure di Badoglio e Pavolini, personalità sicuramente agli antipodi per etica e spirito.

Pietro Badoglio non può che essere considerato, nella migliore delle ipotesi, un soldato piuttosto incapace, un uomo talmente mediocre da esser ritenuto un personaggio dei nostri giorni. Il traditore dell’Italia, colui che assecondando i voleri del vincitore, verrà sempre e comunque ripudiato anche da quest’ultimo, poiché chi tradisce una volta, tradisce per sempre. La figura di Badoglio incarna non solo la sconfitta militare, ma anche ed in particolar modo la disfatta delle parole: nei giorni che precedettero l’8 Settembre, la morte della Patria e del senso identitario non vennero considerate degne di memoria e rispetto, come se la difesa dell’onore per l’onore fosse stata del tutto vana.

Completamente differente, per forza e temperamento, Alessandro Pavolini, giornalista, poeta e scrittore, capo delle Brigate Nere, uomo fedele, disposto a sacrificarsi in nome dei suoi ideali. Egli è colui che non tradirà; colui che è in grado di vivere la storia fino all’oggi, compiendo così il proprio destino; egli è il Pensiero e l’Azione. Il sangue di Pavolini rappresenta dunque, nel suo idealismo romantico, la compensazione della logica del tradimento: egli, a confronto, è capace di riscattare il senso dell’onore perduto.

Infine è stato ricordato Giuseppe Solaro, giovane federale del Partito Fascista Repubblicano di Torino, che il 12 ottobre del 1944 scrisse “I veri ribelli siamo noi”, un breve saggio contro quel mondo vecchio ed insulso dominato da capitalisti ed oppressori, contro le superate ideologie, contro tutti gli uomini falsi e bugiardi. “I veri ribelli siamo noi” rappresenta probabilmente l’ultimo fascismo, funge da monito in quanto ci ricorda che fortunatamente non siamo stati tutti Badoglio. I veri ribelli sono ribelli in nome di una santa causa, di una società giusta e ordinata nel rispetto del lavoro, della dignità nazionale e dell’amore per la Patria: “I vigliacchi vorrebbero negare il nostro valore, ed è a questo che noi ci ribelliamo.”

Solaro è dunque un uomo che non ha mai avuto paura di esprimere il proprio pensiero, anche se solo contro tutti. Considerando quindi emblematiche le sue parole, altro non si può aggiungere se non ribadire di credere fermamente in ciò che si è, di avere la forza di replicare dialetticamente in qualsiasi circostanza, di studiare e confrontarsi di continuo con chi ha strumentalizzato la storia, stravolgendo tutto e tutti, in difesa del nostro senso dell’orgoglio, del nostro senso identitario.

giovedì 13 agosto 2015

Il Microcredito, Natura e prospettive

Come abbiamo potuto constatare nell' articolo precedente il microcredito si risolve sostanzialmente in uno strumento abbastanza efficace per la lotta alla povertà e all’esclusione finanziaria. Sempre in precedenza abbiamo visto che il microcredito è a tutti gli effetti un finanziamento che si basa solo ed esclusivamente su un rapporto di fiducia tra beneficiario ed erogatore, le uniche garanzie di restituzione del prestito sono quindi la sostenibilità e le potenzialità del progetto stesso che si sta andando a finanziare.

Favorire l’accesso al credito alle piccole imprese, che costituiscono la parte prevalente del tessuto economico, rappresenta un importante obiettivo per sostenere lo sviluppo della nostra economia, creare nuove opportunità di lavoro e contrastare l’esclusione finanziaria e sociale che interessa circa il 30% delle nostre imprese. La recente attivazione del microcredito operata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con il Decreto n.176/2014 rappresenta quindi per le microimprese un’importante opportunità. Con l’attivazione disposta dal M.E.F. il microcredito si trasforma in uno strumento ordinariamente offerto dagli Istituti bancari e inquadrato come strumento di sviluppo economico-sociale piuttosto che come solo strumento di “emergenza”.

Attualmente a livello europeo, così come a livello internazionale, non esiste una disciplina normativa specifica dedicata al microcredito. Il microcredito è stato solo oggetto di atti prodotti dalla Commissione e dal Consiglio europeo. Risulta tuttavia chiaro come nell’attuale contesto europeo sia senza dubbio fondamentale coltivare questa realtà costituita dai microfinanziamenti, strumenti assolutamente funzionali alla lotta alla povertà e con un ruolo importante per la nostra politica di sviluppo. Va ricordato che in Europa il settore del microcredito è ancora molto giovane ed è caratterizzato da una grande varietà di prodotti finanziari e non. Anche i tassi d’interesse praticati in ambito europeo sono molto diversi a seconda del Paese preso in esame. Il contesto normativo ed in particolare l’esistenza di leggi contro l’usura costituiscono le principali cause che giustificano l’applicazione di tassi d’interesse differenti.

Il contesto istituzionale attuale negli Stati membri non sempre permette al microcredito di svilupparsi in maniera favorevole. Nella realtà, spesso il microcredito non viene neppure preso in considerazione dalla normativa nazionale o comunitaria. La Commissione incoraggia quindi gli Stati membri ad adottare i provvedimenti necessari per creare un contesto giuridico, istituzionale e commerciale più favorevole allo sviluppo del microcredito. In tal senso viene perseguito l’obiettivo di creare un contesto che consenta lo sviluppo di organismi di microfinanza per tutte le tipologie di clientela. Nei paesi industrializzati, trattandosi di realtà più progredite, il microcredito, più che svolgere un ruolo di promozione dello sviluppo e della produzione, costituisce un elemento volto a ridurre l’esclusione finanziaria e le ineguaglianze sociali causate dagli squilibri del sistema economico e da politiche sociali non sempre ottimali. Il microcredito nel corso degli anni ha dimostrato di essere uno strumento dalle molteplici e differenti caratteristiche che ha fatto delle sue peculiarità la chiave per adattarsi in modo efficace ai diversi contesti sociali ed economici dei paesi di applicazione. Alcuni studiosi ritengono inoltre che tra microcredito sociale e microcredito per l’impresa esista una relazione di interdipendenza e di complementarità tale che si rende necessaria una trattazione unitaria delle due forme di credito, e che quindi per ottenere il massimo del risultato queste due forme di finanziamento vadano applicate insieme, senza che vengano scisse.

Alla luce di queste semplici constatazioni, che non presentiamo tanto come descrizione approfondita e dettagliata della questione ma piuttosto come analisi basilare dell’argomento, la considerazione finale che possiamo avanzare è in linea con il pensiero di molti esperti economisti che si sono schierati a favore di questa misura anticrisi del microfinanziamento. La microeconomia potrebbe essere una delle principali
ancore di salvezza per quest’Europa soffocata dalla disoccupazione, dalla crisi economica e dalle molteplici difficoltà organizzative che non creano altro che nuove lacune da colmare.

lunedì 10 agosto 2015

Breve storia del Microcredito

Iniziamo subito con una domanda banale. Perché una persona povera non può accedere a dei servizi finanziari? La risposta, in linea teorica, è una sola: mancanza di liquidità. Semplice. Una persona ricca invece può usufruire di qualsiasi strumento legato al circuito economico. Così facendo,il povero rimane povero e il ricco rimane ricco.  Così ogni Stato “vive” in pace, in equilibrio . Tutto funziona per il sistema.  Ma chi sono gli artefici di questo disastro? In primis le banche private che ti prestano i soldi e li rivogliono con una percentuale di interessi elevata, e poi quei centri di concentramento economico che hanno estinto la forza della tua moneta nazionale? Ebbene si,loro sono i mostri che ci hanno portato in situazioni di emergenza. Loro,affiancati da governi non legittimi e non eletti dal popolo o addirittura incapaci di governare.

Ma il caso vuole che proprio da un Paese povero venga un’idea che ha cambiato il modo di intendere l’economia. Siamo quindi in Bangladesh,anno 1976,quando Muhammad Yunus fonda la Grameen Bank,la banca villaggio. Una banca per i poveri. Una banca che poteva concedere prestiti ai poveri altrimenti esclusi dal grande giro dell’alta economia. Cosi facendo si andava ad aiutare quei Paesi che stavano in via di sviluppo,si andava rinforzando l’economia locale. In un articolo precedente vi abbiamo parlato anche delle monete locali/alternative che favorivano la ripresa dell’economia locale. Stiamo quindi ampliando il nostro discorso perché la teoria del microcredito ovviamente è successiva a quella del credito che ha origine in Babilonia intorno al 3400 a.C.



Se all’inizio il progetto della Grameen Bank poteva sembrare una perdita di tempo,oggi possiamo notare che questa banca conta più di 2,4 milioni di soci e beneficiari. La cosa interessante è che la percentuale di restituzione di un prestito è pressoché il 100%. E c’è di più. Con il denaro che ritornava da un prestito concesso,si andava a creare un’attività economica autonoma che andava a sostenere sia il beneficiario del prestito e sia la sua famiglia. Questa banca non è nata solo per favorire la ripresa economica delle persone meno abbienti ma anche per toccare argomenti importanti quali la salute,l’igiene,l’istruzione. Istruzione intesa anche come insegnamento al risparmio. Purtroppo se in origine questo progetto poteva sembrare valido,con il passare degli anni si sono interessati organi che oggi noi combattiamo e che per noi sono la causa principale della povertà. Ecco quindi che entrano in scena la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

Ma davvero questa teoria del microcredito o micro finanza se preferite nasce in Bangladesh oppure ha origini ancora più lontane? Se prendiamo come riferimento l’Europa abbiamo che le prime forme di credito a favore della bassa economia risalgono alla fine dell’800 dove Raffesein ha creato banche villaggio su responsabilità solidale. Nello stesso periodo sono nate cooperative di risparmio e di credito in ambiente urbano sviluppate da Schulze-Delitzsch. L’Italia seguiva lo schema di entrambi questi modelli e favorì lo sviluppo dell’economia agricola e artigiana. Sembra quindi che anche i poveri possano partecipare cosi alla vita economica di un Paese. Ma qui arriva un aspetto negativo. Questi strumenti di “bassa” economia con il passare del tempo vanno a confluire nell’economia classica e quindi,capite da soli,che si ritorna praticamente al punto di partenza ed ecco perché oggi l’Europa versa in condizioni economiche critiche. L’abbandono di un progetto iniziale valido porta con se tutte le conseguenze negative derivanti da un cambio di rotta forzato da poteri più forti. Dopo la prima e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale furono sviluppati sistemi di casse mutue rurali,che cercavano di sostituire alle garanzie reali(terra,costruzioni,bestiame)delle garanzie morali. Si andava a tastare la solidarietà dei debitori.


Oggi invece si vanno a tastare soltanto le tasche dei cittadini. Una piccola differenza c’era. Però a partire dagli anni 60 anche questi metodi fallirono a causa della decolonizzazione che fece fallire l’economia coloniale. Nei Paesi in via di sviluppo vennero create dai governi indipendenti delle banche di sviluppo, che però le rendevano simili alle banche private e quindi si distaccavano totalmente dal concetto di micro finanza. Arriviamo poi ai nostri giorni e la situazione,come sappiamo,è peggiorata notevolmente. La microfinanza attuale si concentra sempre su quelle persone più povere ma anche su quelle attività un po' informali che non sembrano dare un'affidabilità alle banche. L'accesso al credito dovrebbe essere accessibile a tutti. Si dovrebbe ripartire da questa affermazione. L’idea originale del microcredito è quella di individuare nuovi destinatari del fabbisogno finanziario e di estrapolarne il talento,il bisogno e la capacità di rimborso. Più che di finanza economica vera e propria possiamo parlare di finanza etica che esalta le pari dignità in ambito economico. Perchè poi andando ad analizzare i dati scopriamo che nell'ambito del microcredito si ha una percentuale di ritorno del prestito decisamente superiore rispetto alla finanza classica.


Noi che lottiamo per affermare la  giustizia sociale, la meritocrazia e il ritorno alla sovranità monetaria, non
possiamo che apprezzare il microcredito, quale progetto socio-politico volto a migliorare le condizioni economiche delle classi meno abbienti dimenticate e sfruttate dalle oligarchi finanziarie.



venerdì 26 giugno 2015

Intervista ai professori di Economia Politica Massimo Giannini e Carmelo Pierpaolo Parello sul tema delle monete alternative

Pochi giorni fa abbiamo contattato il professor Massimo Giannini, docente di Economia Politica presso la facoltà di Giurisprudenza nell’ateneo romano di "Tor Vergata" e il professor Carmelo Pierpaolo Parello, docente di Economia Politica presso l ’ateneo romano de "La Sapienza"
per porgergli alcune domande su un argomento poco conosciuto nel nostro paese, che può diventare in futuro un’ottima
proposta politica: le monete alternative. L’intervista servirà a spiegare al lettore, attraverso le autorevoli voci di due professori, 
i vantaggi e le conseguenze che riceverebbe l'Italia se affiancasse alla moneta nazionale, una locale e popolare. Ringraziamo,
comunque, fin da subito i professore che si sono mostrati molto disponibile a spiegarci il fenomeno nonchè nell'essere stati tempestivo nel fornirci
le risposte.

Allora professore, cominciamo subito....


Cosa sono le monete alternative?

M. G. : Se ci rifacciamo al pensiero economico teorico la moneta, di qualunque natura essa sia, non ha nessun ruolo fondamentale. Infatti per secoli le economia primordiali hanno sempre usato il baratto come mezzo di scambio. Nel pensiero economico dominante, quello che grossolanamente possiamo identificare come “liberismo economico”, il valore delle merci è dato solo dal suo rapporto di sostituzione con le altre merci. Lo scambio è il momento centrale di una economia di mercato: due individui si incontrano e offrono all’altro una merce domandandone in cambio un’altra. Ad esempio un cacciatore di conigli offre la sua preda in cambio di un metro di stoffa prodotta da un tessitore. La domanda centrale è: quanti conigli per un metro di stoffa? Quando i due individui (i due lati del mercato, la domanda e l’offerta), sono concordi su quanti conigli per un metro di stoffa la transazione avrà luogo e ognuno riceve quello che desidera. Questa è l’essenza dell’economia di puro scambio. A ben vedere quindi lo scambio non implica la moneta. Tuttavia non vi è dubbio che appare complesso gestire gli scambi solo attraverso il baratto; il cacciatore potrebbe non avere l’occasione di incontrare il tessitore rimanendo così insoddisfatto nei suoi bisogni di consumo di tela. Tutto diventa più semplice se introduciamo una “merce” fittizia che può essere convertita in qualunque merce reale. Per chiarire. Il cacciatore può ricevere per il suo coniglio una certa quantità di questa “ merce fittizia” che può utilizzare per acquistare tela in un momento di tempo diverso o in luogo spaziale diverso. Non vi è dubbio che in questo modo gli scambi diventano notevolmente più semplici. Tuttavia quanta “merce fittizia” chiederà il cacciatore per il suo coniglio? Dipende da quanta tela potrà acquistarci e quindi a ben vedere il “valore” di un coniglio è sempre commisurato alla quantità di “tela” che può acquistare. In altri termini la “merce fittizia” non altera il rapporto di scambio coniglio/tela e quindi non ha alcun ruolo nell’economia. L’unica cosa che chiediamo a questa merce fittizia è che sia accettata da tutti come intermediario di scambio. Quindi teoricamente possiamo usare qualunque cosa sia accettata dalla collettività per assolvere alla funzione di intermediario di scambio. Se denominiamo questa merce fittizia con il termine di moneta, ne risulta che qualunque cosa può essere moneta, basta che sia accettata da tutti come tale. Per questo l’economia classica non attribuisce alla moneta alcun ruolo speciale; essa è solo un mezzo per accelerare e favorire gli scambi nel tempo e nello spazio ma non determina il “valore” di una merce. Se in Italia fossimo d’accordo ad usare perline colorate come intermediario di scambio non avremmo bisogno dell’Euro. In altri termini per stabilire una circolazione monetaria occorre un accordo implicito tra i cittadini che ne sanciscono la “legalità” come mezzo di pagamento. In questa estrema sintesi non è corretto parlare di monete alternative; da un punto di vista astratto tutto ciò che i cittadini riconoscono avere un rapporto “fiduciario” (cioè che quel mezzo venga accettato da tutti) diventa moneta. Nelle economie moderne tuttavia questo rapporto fiduciario viene sancito e delegato ad una autorità superiore, la “banca centrale” che vigila sulla corretta circolazione monetaria, prevenendone frodi e abusi. Ma questo rapporto fiduciario è comunque tacito e non coercitivo. Quando si incrina il rapporto fiduciario la moneta cessa di essere utilizzata come mezzo di pagamento, perché non più accettata negli scambi, e si può tornare a forme di baratto o vengono introdotti nuovi mezzi di pagamento non necessariamente gestiti da una autorità centrale. Quindi quando parliamo di moneta alternativa in realtà questo termine si riferisce a qualunque mezzo di pagamento che non sia quello legalmente riconosciuto dall’autorità centrale. La domanda di moneta alternativa è tanto più alta quanto debole è il rapporto di fiducia verso la moneta legale. Nei momenti di alta inflazione, come nelle economie di guerra per esempio, la moneta legale entra in crisi e i cittadini spontaneamente mettono in piedi dei sistemi alternativi di pagamento. Oppure nascono “monete” alternative che sopperiscono ad esigenze dei cittadini non soddisfatte dalla moneta legale. Noto è il caso della banca del tempo, dove i cittadini possono scambiarsi ore di lavoro o di impegno sociale; non vi è alcuna coericizione in questo né tantomeno un controllo dello Stato. Nasce come semplice soddisfacimento di una necessità dei cittadini.

C. P. : Le monete alternative (o monete parallele) sono mezzi di pagamento non ufficiali utilizzati all’interno di reti di produzione e scambio. Questi mezzi di pagamento sono in genere emessi da chi crea ed organizza le reti di scambio e, salvo casi particolari, non sono riconosciuti al di fuori della cerchia di persone che partecipano ed animano queste reti. Possono essere sia monete fiduciarie che non fiduciarie; elettroniche, come nel caso di Bitcoin, o cartacee come nel caso di tante comunità europee di produzione, consumo e scambio degli anni Trenta. 


- Nei vari paesi del mondo che ne hanno fatto uso, hanno avuto effetti positivi?


M. G. : Come precedentemente detto, in linea astratta la moneta alternativa assolve ad una specifica esigenza dell’economia e quindi da questo punto di vista è sempre un bene. Se esiste è perché ha una sua funzione. Tuttavia la moneta genera molti effetti indesiderati quando non gestita da una Autorità superiore, come ad esempio l’inflazione o la speculazione o peggio ancora la frode. Il rischio della moneta alternativa è quindi quello di generare dei circuiti monetari veri e propri fuori dal controllo della Banca Centrale a cui spetta il compito di vigilare e gestire la massa monetaria di una economia. Il ruolo della Banca Centrale Europea è molto delicato e in ultima ratio ha consentito al sistema dei pagamenti europeo e internazionale di non collassare sotto i colpi delle crisi finanziarie, come successo in passato. Per usare una sciocca metafora, è come avere un volante alternativo in una autovettura non sotto il controllo del guidatore; in alcuni casi può essere di aiuto ma in altri può portare fuori strada. E’ difficile quindi dare un giudizio netto sull’uso delle monete alternative. Ci sono molti esempi in tutto il mondo alcuni felice altri meno. Recentemente l’introduzione del bit-coin, un metodo di pagamento elettronico spontaneo nato grazie alla diffusione dei computer, ha creato non pochi problemi alle autorità monetarie. Gli utilizzatori sono essenzialmente persone che non credono al circuito internazionale legale e anzi lo vedono come un “grande fratello” che impone regole severe e prodomiche ai grandi speculatori internazionali. Ma ci sono anche esperimenti positivi, come la citata banca del tempo o i circuiti solidali, dove gli individui volontariamente scambiano tipologie di “valuta” finalizzate a scopi benefici e solidali. Sono da considerare come moneta alternativa anche i buoni pasto, ormai sempre più utilizzati per la spesa alimentare piuttosto che per la consumazione del pasto. Non si può quindi rispondere in maniera definita a questa domanda; molto dipende dal fine per il quale nasce la moneta alternativa e comunque anche dal “controllo”, anche molto blando, che necessitano per evitarne la proliferazione e la conseguente perdita di valore di scambio.


C. P. : Rispondere a questa domanda è tutt’altro che semplice, perché la risposta dipenda da cosa si intende per positivo. Se per positivo si intende l’efficacia con cui le monete parallele possono essere in grado di fornire un’alternativa più economica alle normali reti di distribuzioni e scambio di beni e servizi, allora la risposta è sì. Tuttavia, se per positivo si intende la capacità di fungere da apripista per la creazione di un ambiente socio-economico idoneo a favorire il trapasso da un regime monetario ad un altro, allora la risposta non può che essere negativa a causa del venir meno di uno degli elementi essenziali per l’esistenza di qualsiasi sistema monetario parallelo: il requisito della legalità. L’esperienza Argentina delle Redes de Trueque è sicuramente uno dei tanti casi di circuito monetario alternativo di successo rientranti nella prima fattispecie. Creato nel 1995 in concomitanza con l’implementazione delle politiche neoliberali di Carlos Menem, la Redes de Trueque era (ed è tutt’oggi) un network di scambio di beni e servizi basato su una moneta alternativa chiamata Créditos. A livello nazionale la Redes è costituita dall’unione di un certo numero di circuiti di scambio metropolitani e provinciali (i cd Clubes de Trueque), la cui numerosità in prossimità del picco massimo della crisi finanziaria argentina (2002) si aggirava intorno ai 5000 unità, per un totale di 2,5 milioni di partecipanti. L’emissione dei Créditos era ed è ancora oggi gestita dai leader locali secondo delle linee guida accettate anche dai leader degli altri circoli di scambio. In tal senso, quindi, i Créditos sono una sorta di “istituzione sociale” accettata come fiat money (moneta fiduciaria) dall’intera rete nazionale. Questa caratteristica li differenzia in maniera marcata da altre esperienze nazionali di moneta parallela, ed in particolare da quelle avutesi nel corso degli anni Trenta in Austria, Germania e Stati Uniti, dove la circolazione delle varie sotto-monete si basava sulla costituzione di un sottostante liquido denominato in moneta nazionale e su un tasso di conversione fisso su cui in genere gravava una penale di conversione espressa in termini percentuali. Una volta creata, la Redes de Trueques non è mai completamente scomparsa. Tuttavia, la sua incidenza in termini di unità di scambio e di percentuale di partecipazione tra la popolazione è andata scemando nel tempo a mano a mano che l’economia argentina è andata uscendo dai pantani della recessione. In nessun caso, comunque, il declino dei clubes è stato la conseguenza di un atto governativo, cosa che invece non è accaduta per altri sistemi monetari paralleli di successo. Qui probabilmente il caso più eclatante di creazione ed implementazione di una moneta alternativa di successo dichiarata poi illegale dalle autorità di politica economica fu quello dei Wära vouchers nei primissimi anni Trenta. I Wära – parola ibrida formata dall’unione dei sostantivi währung (unità di conto) e ware (merce) – furono introdotti nell’ottobre 1929 ad Erfurt (Germania), ma nel giro di pochi anni si estesero in molte città importanti come Colonia, Bonn e Berlino. La loro emissione era curata da una società di scambio, la Wära Exchange Society, la quale oltre ad emettere i vouchers curava e garantiva anche la loro convertibilità nella moneta nazionale: i Reichsmarks. I Wära vouchers ebbero un grande successo come mezzo di scambio alternativo ai Marchi dell’epoca, arrivando addirittura ad essere accettati anche da catene di rivenditori di medie e piccole dimensioni. La loro fine arrivò quando una società mineraria della città bavarese di Schwanenkirchen riuscì a sostituire i Reichsmarks con i Wära per il pagamento del 90% dei salari, creando di fatto una sorta di sistema monetario locale alternativo a quello ufficiale gestito dalla Banca Centrale dell’epoca. Nonostante la loro efficacia come mezzo di scambio e come strumento in grado di azzerare la disoccupazione locale, verso la fine del 1931 i Wära vouchers furono ufficialmente vietati dalle autorità monetarie tedesche per timore che una loro ulteriore espansione al resto della Baviera potesse compromettere il controllo di fette importanti di base monetaria. Va detto che la repressione è il destino comune di tutti i sistemi monetari paralleli di successo che, una volta raggiunta una certa “massa critica”, rischiarono di scacciare la moneta ufficiale; destino che quasi sempre si compie attraverso l’introduzione di provvedimenti ufficiali da parte dell’autorità centrale, come ad es. quelli emessi nel 1933 direttamente da Franklin Roosevelt per porre fine a tutta una serie di gruppi di baratto e di scambio alternativi nati in diverse parti degli Stati Uniti come risposta alla grande crisi del 1929. E viene da dire che la storia si ripete visto che bitcoin, forse la più famosa moneta alternativa transnazionale dei giorni nostri, è molto spesso sotto inchiesta per motivi di natura fiscale o di riciclaggio.


- In Italia sarebbe legale affiancare una moneta nazionale ad una internazionale? Che effetti potremmo avere? Con che modalità potrebbe essere stampata e diffusa senza rischiare di aumenatre l'inflazione?


M. G. : Come precedentemente detto, non vi sono restrizioni legali; alla base della circolazione alternativa vi è sempre l’accordo tra individui di accettarne la circolazione. Ma come detto la circolazione monetaria in una economia moderna è questione molto delicata e non può essere delegata alla spontaneità. Al di là del controllo dell’inflazione, sempre in agguato quando si “molla” il controllo della banca centrale, vi sono vere e proprie operazioni di speculazione su larga scala. Ad esempio, se sono sufficientemente bravo posso convincere il mio gruppo di amici di usare una moneta che chiameremo “perlina” perché magari è più facile da reperire o perché è solo più simpatica e divertente perché magari la scambio attraverso il telefono cellulare. Inizialmente i miei amici vorranno comprare dei pacchietti di “perline” e per comprarli mi dovranno degli euro, diciamo un euro per perlina. Io quindi incasso l’euro e do loro la perlina. Se la perlina prende piede, la sua diffusione veloce, grazie anche alla tecnologia.  creerà un effetto di perdita di valore (inflazione) della perlina. Ogni perlina quindi non varrà più un euro ma meno. Io che ho venduto perline per euro mi trovo quindi più ricco del mio amico che ha ceduto euro per perlina. In altri termini ho messo in piedi una speculazione valutaria “casalinga” che replica in piccolo ciò che succede sui mercati internazionali. E’ bene quindi che queste monete alternative siano confinate a settori dell’economia non sensibili o a fini sociali ben identificati per i quali possono essere utili.

C. P. : Prima di tutto sgombriamo il campo da un equivoco: in Italia esiste già un discreto numero di sistemi monetari alternativi e di scambio tra consumatori ed imprese. Quindi, fintantoché non si incappi in particolari reati finanziari e/o casi di evasione fiscale, i circuiti monetari alternativi in Italia esistono già e sono abbastanza tollerati dal nostro sistema finanziario-monetario. Riguardo le ripercussioni che queste monete potrebbero avere sull’inflazione, secondo me questo è un falso problema perché in genere tutti i beni si trovano ad aver un doppio prezzo, uno in moneta ufficiale e l’altro in moneta complementare, e le compravendite tendono sempre a completarsi nella moneta che offre il minor prezzo. Si innescherebbe, insomma, una sorta di competizione tra rivenditori che alla fine indurrebbe quelli che adottano la moneta complementare a correggere verso il basso i propri prezzi. Qualche problema potrebbe invece sorgere nel caso in cui una delle due monete diventasse scarsa. Se, ad es., fosse la moneta nazionale a scarseggiare (magari a causa di una crisi o di un semplice aggiustamento ciclico), allora la regola del doppio prezzo potrebbe anche non valere, col risultato che un eccesso di moneta alternativa potrebbe innescare surriscaldamenti nei prezzi di alcuni beni e servizi la cui offerta risulti essere limitata. Va però detto che i numeri che al momento caratterizzano il fenomeno dei circuiti monetari alternativi italiani sono tali da non considerarli in grado di generare focolai seri d’inflazione. Tuttavia, qualora ciò dovesse succedere, l’eventuale impennata dei prezzi non sarebbe una cosa totalmente negativa perché segnalerebbe che quella particolare moneta o quella particolare comunità di produzione e scambio ha fallito la sua missione, e che quindi va abbandonata o sostituita con un altro mezzo di pagamento.


- Qualcuno in Italia (partiti, associazioni, sindacati) l'ha mai proposta seriamente l'ipotesi di stampare moneta alternativa?

M. G. : No e comunque non accetterei mai di farlo per i motivi ricordati. La Banca Centrale ha il suo bel da fare per mantenere stabile la circolazione monetaria di una economia, pena una serie di crisi monetarie e valutarie di portata internazionale, come il recente passato ha dimostrato.

C. P. : Esistono alcune proposte, ma quelle più interessanti non sono di provenienza politica o sindacale, ma accademica. Mi riferisco a due proposte in particolare recentemente avanzate in maniera indipendente da un pool di cinque economisti (Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini) – proposta nota come il Manifesto “Per una moneta gratuita” –, e da una ricercatrice dell’Università Sapienza, Graziella Bianchini.
Entrambe le proposte sono interessanti ed hanno in comune il fatto di convergere sulla creazione di un nuovo titolo di stato: i Certificati di credito fiscale (CCF), nel caso del Manifesto “Per una moneta gratuita”, i Buoni del tesoro infruttiferi circolanti italiani (BTICI), nel caso della proposta Bianchini. Entrambi i titoli dovrebbero essere dotati di un grado di liquidità tale da poter essere usati come mezzo di pagamento complementari (se non addirittura alternativi) all’euro e, se necessario, richiedere il coinvolgimento delle autorità monetarie ufficiali, vale a dire la BCE, per eventuali operazioni di copertura o sterilizzazione della base monetaria. Insomma: delle quasi-monete statali di emissione governativa. Nel caso dei CCF, la loro emissione e collocazione presso il pubblico dovrebbe avvenire in maniera mirata e gratuita seguendo la stessa metodologia di creazione e distribuzione del cd “helicopter” money. In particolare, i CCF dovrebbero servire a regolare qualsiasi transazione passiva a favore della pubblica amministrazione – ad es. pagamenti di tasse, contributi, multe, e così via -, ma solo a partire da due anni dall’emissione. A garanzia del valore frontale dei CCT ci sarebbe poi la possibilità di poterli immediatamente (quindi prima di due anni) convertire in euro attraverso il sistema bancario, garantendo così ai loro possessori la disponibilità di un certo potere d’acquisto aggiuntivo. Secondo gli ideatori del Manifesto, il fatto che la pubblica amministrazione accetti a vista i CCF farebbe di questi titoli delle quasi-monete addirittura capaci di movimentare la domanda nazionale (vale a dire consumi ed investimenti), far risalire l’occupazione e allentare i vincoli del bilancio statale. La proposta è interessante e per molti aspetti allettante, ma secondo me andrebbe perfezionata. Ad es. personalmente non riesco a capire il perché i cittadini debbano tesaurizzare per due anni questa quasi-moneta quando potrebbero immediatamente convertirla in liquidità certa e quindi spenderla. Sul fatto poi che questa possa poi essere capace di far ripartire l’economia dando impulso a consumi e investimenti, qui io mi terrei su un profilo un po’ meno ottimistico. Affinché ciò possa avvenire è infatti necessario che: 1) le cifre siano importanti (non inferiori, ad es., ai 10 miliardi di euro – circa lo 0,6% del Pil – mobilitati dagli 80€ di Renzi); l’emissione di CCF sia in grado di modificare in modo permanente le aspettative delle imprese (quindi la loro creazione non deve essere percepita come una una tantum); le procedure e le regole di funzionamento dei CCF trovino il benestare non solo della BCE, ma anche dell’intero settore bancario e finanziario che potrebbe essere chiamato in causa in caso di conversione. Inoltre, leggendo la proposta non è chiaro per quale motivo le banche dovrebbero accettare di liquidare i CCF senza ricevere un compenso e chi darebbe poi allo Stato gli euro necessari a risarcire a loro volta le banche una volta che presenteranno i CCF all’incasso.
Ed infine: se lo stato paga gli stipendi in euro per poi, dopo due anni, ricevere l’Irap o l’Ires in CCF, come sarà contabilizzato il maggior deficit futuro? I BTICI proposti dalla Bianchini, invece, oltre a fungere da quasi-moneta dovrebbero rappresentare una forma di finanziamento alternativa per lo Stato. Secondo me hanno come punto a loro sfavore il fatto di non essere convenienti dal punto di vista finanziario. E di questo chi li propone ne è consapevole;  tanto consapevole che per poterli collocare fa ricorso ad due parole che a me non piacciono affatto: collocamento forzoso.



- Può essere considerato un primo passaggio del processo di riacquisizione della sovranità monetaria, senza affrettare l'uscita dall'Euro?

M. G. : Non a mio avviso. L’Euro, pur con i suoi limiti, è un progetto di cooperazione monetaria importante e fondamentale. Le sue regole sono molto severe ma come detto non si può essere leggeri nel controllo della massa monetaria. Chi afferma che uscire dall’Euro non causerebbe danni ma solo vantaggi a mio avviso non ha una chiara concezione del funzionamento di una economia moderna, dove la finanza domina sulla sfera produttiva tangibile. Le crisi finanziarie possono essere facilmente innescate e con grande fatica disinnescate. Senza una Autorità Monetaria superiore saremmo in balia di continue turbolenze valutarie che si ripercuotono sulla sfera produttiva e occupazionale, toccando l’intera società, come tristemente abbiamo appreso.

C. P. : La creazione di un sistema monetario complementare all’euro che fornisca una moneta di transizione verso una nuova sovranità monetaria è uno dei tanti temi caldi che tengono banco in questi ultimi mesi. In Grecia, ad es., il Governo Tsipras pare stia vagliando questa eventualità come anti-camera per l’uscita dall’euro e la riappropriazione del potere di svalutare il proprio tasso di cambio nominale. Ovviamente, se l’intenzione è quella di uscire (prima o poi) dall’euro, allora mi sento di dire che la creazione di una moneta di transizione è un qualcosa di auspicabile, oltre che necessaria. E questo per tanti motivi: 1) perché aiuterebbe a gestire la fase del passaggio da una unità di conto ad un’altra in maniera non traumatica (si pensi, ad es., alla fase preparatoria per il passaggio all’euro in cui tutti i rivenditori erano obbligati a segnalare i prezzi sia in lire che in euro, o la lenta fase di riorganizzazione delle procedure contabili e gestionali del sistema bancario dovuta all’ingresso della nuova valuta e del nuovo regime di tassi d’interesse); 2) perché aiuterebbe a smussare gli impatti sui valori nominali di prezzi, tassi d’interesse e tassi di cambio; 3) perché avrebbe ricadute psicologiche sulla popolazione più gestibili rispetto ad repentina sostituzione dell’euro con una nuova versione della vecchia moneta nazionale (la dracma 2.0 nel caso della Grecia).  Detto ciò, è bene mettere bene in chiaro alcuni punti riguardo l’eventuale uscita dall’euro di qualsiasi Stato sovrano. Secondo me se un Paese sente di dover uscire dall’euro sarebbe auspicabile che lo facesse in maniera concertata e non unilaterale; col “bel tempo” (vale a dire fuori da una crisi o recessione) e non nel bel mezzo di una bufera economica; in maniera ragionata e non d’impulso semplicemente perché alla fine ci si è accorti che questa Europa non è proprio quello che ci si aspettava o il paese leader ci sta antipatico. Quando uno Stato passa ad un nuovo regime monetario, gli interrogativi da sciogliere sono parecchi. Ad es., quali saranno le ripercussioni sul cittadino medio e quali le ripercussioni sulla collettività nel suo complesso? Quale regime di cambio sarà meglio adottare quando si passa dall’altra parte (cambi fissi, flessibili o serpentone monetario con una moneta forte?) e quali target di politica monetaria sarà meglio adottare per evitare il collasso dell’intero sistema dei pagamenti nazionale (controllo dell’offerta di moneta, delimitazione del credito interno, fissazione di un tasso d’interesse di riferimento, ecc.)? Iniziare un’avventura rischiosa e complessa come quella di uscire da un’area monetaria integrata e per certi versi cervellotica come l’euro senza dare una risposta a queste domande, condannerebbero qualsiasi popolazione ad un altro decennio di recessione e instabilità sociale, specie se il paese che esce in maniera unilaterale si chiama Grecia, Portogallo o Irlanda; paesi in cui la fetta più grande del debito privato e pubblico e soggetto a legislazione non nazionale e quindi ripagabile “solo” in una valuta diversa da quella nazionale.



Torniamo, dunque, a ringraziarla professore per le risposte che ci ha fornito, e speriamo di aggiornarci presto in merito ad aggiornamenti sull'argomento,  vista l'essenzialità del tema trattato.

lunedì 22 giugno 2015

Le principali monete alternative nel mondo


In precedenza abbiamo già affrontato il discorso riguardante le monete alternative, abbiamo visto cosa sono, quanto sono diffuse e quanto fino ad ora abbiano prodotto effetti più o meno rilevanti sull’economia delle regioni o dei paesi che le hanno adottate. In epoca moderna, le monete complementari - possibili su scala locale e con buoni esempi di successo e di durata - si sviluppano soprattutto nei periodi di crisi. Queste monete, che possono essere l'evoluzione delle banche del tempo o rappresentare sistemi di bonus, permettono di rivitalizzare gli scambi e di ritornare all'economia "sostanziale".

Oggi vogliamo gettare uno sguardo minuzioso a quelle che sono le esperienze di valute alternative più riuscite a livello mondiale.

Nel mondo sono oltre 5.000 gli esperimenti di moneta locale, ma è sopratutto nell’Europa della crisi monetaria che questo fenomeno sta diventando virale. In un periodo in cui il sistema del debito sta portando al collasso molte economie dell’Eurozona e dove l’unica soluzione sembra essere l’illimitato aumento della pressione fiscale, le nuove monete vogliono infondere nuova linfa nelle economie locali strangolate da crisi e tasse a non finire.

Prima di procedere oltre è fondamentale ricordare alcuni punti chiave: in primis questi nuovi circuiti monetari non generano interessi e servono solo a rimettere in moto gli scambi, anche perché, il più delle volte, si accompagnano all’euro, senza sostituirlo. La moneta locale non crea debito, dal momento che è divisa in parti uguali fra i membri della comunità che la utilizza. L’obiettivo delle monete locali non è quindi abbattere il sistema dell’euro, ma riequilibrarlo in favore dell’economia reale, arginando la speculazione finanziaria a cui sempre più spesso è soggetta la moneta unica, e rilanciare le economie locali.
 
Numerosi sono gli esempi nel mondo, sia attuali che passati, di circuiti monetari complementari, andiamo quindi ad elencarne ed illustrarne alcuni fra i più significativi extraeuropei e non:
Il Giappone è uno dei paesi che vanta in assoluto una ricchissima esperienza in materia di monete complementari, create sia per iniziativa statale che popolare. Nel primo gruppo rientrano i Foreai Kippu, letteralmente biglietti di assistenza sanitaria, introdotti per affrontare i problemi derivanti dal sempre maggior numero di anziani che necessitano di assistenza domiciliare. Secondo questo sistema l'anziano "affitta" un assistente che lo aiuta nelle faccende quotidiane. L'assitente viene retribuito con un credito Fureai Kippu, che può mettere in un conto di risparmio dal quale può attingere all'occorrenza, oppure che può cedere a terzi anche in altre parti del paese come forma di pagamento. Per quel che riguarda le monete locali nate dall'iniziativa dei cittadini è conosciuto il "grammo di carbone dolce di legna," prodotto molto diffuso nella regione di Osaka. Nel distretto di Yokohama invece la "moneta-foglia" ha convertibilità diretta con derrate alimentari durante la stagione del raccolto.

La Rete globale dello scambio o del baratto invece è un'esperienza nata in Argentina nel 1995, dalle iniziative di diversi cittadini che per far fronte alla crisi economica e finanziaria e alla conseguente scarsità di valuta ufficiale, si sono organizzati per soddisfare le proprie necessità materiali, formative, ricreative e di salute attraverso uno scambio non monetario, basato sull'utilizzo di buoni stampati su carta. I vari gruppi si sono poi aggregati in una rete a livello nazionale al fine di creare un mercato che usasse una valuta locale e indipendente, senza inflazione ne usura; molte comunità hanno così riscoperto le tradizioni e le peculiarità socio-culturali e sono riuscite a liberarsi dalla dipendenza dagli aiuti statali e internazionali. Sembra paradossale che la risposta alle drammatiche conseguenze prodotte dalla dittatura fondo monetarista sia il
ricorso all'antico sistema del baratto, eppure i risultati parlano chiaro, le liste di scambio si estendono fino a coinvolgere anche medici, oculisti, architetti, scuole di musica, enti per il turismo, centri benessere ecc.
Il LETS (Local Exchange Trading System), diffuso in Gran Bretagna e Australia, è stato ideato negli anni '70 per ridare lavoro ai licenziati di una base aerea. Oggetto degli scambi di questo sistema sono beni, servizi e saperi (ad esempio ore di consulenze). Il principio è semplice: si accende un conto in capo a ciascun aderente al sistema. All'avvio ognuno ha un saldo nullo. Ad ogni pagamento effettuato sul conto dell'acquirente viene registrato un debito pari alla somma spesa, mentre viene accreditato lo stesso ammontare sul conto di chi ha fornito il servizio oggetto dello scambio.

Anche New York, capitale della finanza mondiale, ha un sistema complementare al dollaro. Gli Hours of lthaca vengono impiegati per pagare il lavoro prestato reciprocamente a livello locale, all'insegna dell'attenzione per l'ecologia e la giustizia sociale. I cittadini con questa valuta possono pagare l'affitto, i migliori ristoranti in città li accettano, così come i cinema, i bowling e i negozi.
Il Wir, ampiamente diffuso in Svizzera e Germania, è organizzato in forma di cooperativa ed è stato fondato a Zurigo nel '34. Per rimediare all'insufficiente disponibilità di denaro a causa dell'eccessiva tesaurizzazione, questo sistema abolì gli interessi. Così il credito Wir, senza interessi, aumentò il potere d'acquisto e contribuì alla circolazione di beni. Il Wir crebbe a un tasso impressionante, dall'80 al '91 il giro d'affari passò da 250 milioni a oltre 2 miliardi di franchi.

Approdiamo ora nella nostra terra, l’Italia, qui traendo spunto dall'esperienza del Wir, nel 2009 viene creata in Sardegna il Sardex, moneta virtuale utilizzata per comprare beni e servizi. Nel circuito ogni unità di conto vale 1 euro, ma a differenza della moneta corrente è immune dagli interessi. Quando un’azienda entra nel sistema le viene assegnato un ammontare di Sardex pari all’importo di beni e di servizi che questa è disposta a vendere e a comprare nel network. Il circuito in parole povere prevede che le imprese aderenti si scambino tra loro beni e servizi senza ricorrere all’euro ma fatturando regolarmente e, ovviamente, pagando regolarmente le tasse. Il Sardex è una delle monete alternative che hanno riscontrato maggiore credito in Italia aiutando a resistere alla crisi migliaia di imprese piccole e medie, sane ma in difficoltà a causa del credit crunch. Attualmente il Sardex è attivo oltre che in Sardegna anche in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Lazio, Molise e Sicilia.
 
Quelli illustrati sono solo alcuni degli esempi fra i più significativi riguardo esperienze passate ed attuali di monete alternative che hanno avuto riscontri positivi.
In un’Europa dove facciamo fatica a rimanere a galla c'é chi sta dimostrando che si può, e soprattutto si deve, prescindere dalle banche e dai banchieri se si vogliono risolvere problemi immediati di sopravvivenza e di socialità. Si sono riappropriati dell'uso di un utensile trascurato e decisivo quale la moneta, piegandola alla misura delle comuni necessità. Non possiamo piegarci ad un sistema monetario che si basa sulla riproduzione perenne del debito, un meccanismo terribile che arricchisce le banche e non lascia scampo al cittadino medio-basso. Il premio Nobel Perez Esquivel sintetizzò così: "Mi presti 1, quando ti ho rimborsato 2, ti devo ancora 3."