Queste semplici parole, che racchiudono un intero mondo ed uno stile
di vita, sono state sufficienti ad armare la mia anima di coraggio,
farmi imbarcare in un aereo e raggiungere un Paese in guerra. In molti
mi chiedevano cosa mi spingesse a fare una missione così delicata e in
pochi riuscivano a capacitarsi della mia ferrea convinzione nel
raccontare ciò che di li a breve sarei andata a svolgere in Siria, e la
mia risposta era una ed irremovibile: aiutare un popolo direttamente
nella propria Terra d’ appartenenza, che combatte per la propria storia,
identità e cultura è un progetto iniziato tanti anni fa, quando ancora
si sognava di un Impero e che quindi noi non possiamo esimerci dal
portarlo a termine.
Dopo anni di banchetti, manifestazioni e
conferenze, era dunque arrivato il momento di portare il nostro
supporto ad un popolo che lo meritava, entrando nel vivo della
solidarietà e vivendo in prima persona quella Nazione sulla quale, nei
tre anni di conflitto, ne avevamo sentite di cotte e di crude. Bene, ad
oggi mi sento di affermare a gran voce e con consapevolezza che,
tralasciando il pubblico più accorto a filtrare accuratamente le notizie
trasmesse dai mass media, il resto dell’ occidente dovrebbe
dimenticarsi di tutte le balle mediatiche lette o sentite in merito alla
guerra in Siria. Essa è il contrario dell’ intolleranza e dell’
inciviltà, il suo Popolo è uno tra i più ospitali conosciuti e la loro
dignità nell’ affrontare ogni situazione, dalla più banale alla morte di
un figlio Martire, è esemplare per tutti noi.
La missione Solid è
nata con l’ intento di portare al popolo siriano, in lotta contro un
sistema che vorrebbe annullare la loro sovranità nazionale, materiali di
prima necessità per la sopravvivenza come medicinali, ambulanze e
defibrillatori ma anche un sorriso, speranza, supporto morale,
dimostrando loro che non stanno combattendo un sistema più grande di
tutti noi da soli, ma che alcuni europei ci sono e sono dalla loro
parte; molto spesso però, quelli che hanno impartito lezioni di coraggio
e dimostrazioni di valore, sono stati proprio loro e noi, non potevamo
far altro che prenderne nota e rifletterci sopra.
A Damasco, il
governo Assad, compreso il gran Mufti siriano, ci ha dato un chiaro
spaccato della situazione pre-conflitto e di quella attuale: pace,
tolleranza, equilibrio, industria fiorente e ottima istruzione fino
allo scoppio della guerra poi, bombardamenti, morte e stupore misto a
paura nel vedere un viso nuovo nella propria città; ma i siriani non si
arrendono, non si lasciano abbindolare da quel lassismo fazioso tipico
dell’ occidente, combattono a costo di dormire con i propri figli in
macchina perché timorosi che nel bussare al portone ci sia un boia
dietro.
La seconda parte della missione, svoltasi a Tartous,
molto più toccante rispetto agli incontri istituzionali, ci ha fatto
addentrare nella vita dei civili facendoci vivere da protagonisti cosa
vuol dire affrontare i più stupidi gesti quotidiani durante una guerra
in corso; uomini e donne una volta liberi, ora costretti ad ammazzare
perché l’ unica colpa che hanno è quella di amare la propria Nazione e
di volerla difendere per far valere la propria sovranità nazionale
invece di lasciarla cadere nel macchinoso gioco internazionale fatto di
poteri forti che ha messo gli occhi su una nazione ricca e fiorente come
quella siriana e che non vede l’ ora di dividerla con riga e squadra
secondo i propri interessi particolaristici.
Di tutta la
missione, la parte che ha riassunto in un momento quanto il popolo
siriano valga, è stato l’ incontro di una famiglia che stava aspettando
in veglia, il corpo del figlio privo di vita caduto al fronte: l’
orgoglio e il coraggio impressi negli occhi di due genitori di quel
diciottenne rimarranno per sempre un fermo immagine nella mia mente, ne
una lacrima ne un lamento, solo parole per ringraziarci per quanto
stavamo facendo. Il padre, dopo averci accolto calorosamente ci ha detto
“io avevo solo un figlio, ma se ne avessi avuti altri dieci li avrei
mandati tutti a combattere per la nostra Terra e sono inoltre
dispiaciuto che non ho un età adeguata che mi ha permesso di cadere
accanto a mio figlio”.
Dopo questa esperienza la mia riflessione
resta una soltanto, io l’ avrei fatto? e tu?avremmo lasciato la nostra
vita fatta di comodità a rischio della vita? A questo punto, a chi
poltrisce sul divano, a chi vorrebbe attivarsi ma non trova coraggio o
voglia, ai militanti tiepidi, a me stessa, io vorrei lasciare un
semplice pensiero che spero riesca a diventare una luce nel tunnel:
ragazzi, è ora di farci Uomini e Donne, prendiamo esempio dal popolo
siriano, svegliamoci e diventiamo soldati politici, nel senso romantico
del termine, perché la nostra Nazione ha bisogno di noi, ci stanno
togliendo il futuro.
Nessun commento:
Posta un commento