domenica 23 settembre 2012

LA SIRIA NON SI TOCCA


Il Comitato Italia Siria ha dato vita alla Manifestazione tenutasi il 20 settembre 2012 a Palazzo Montecitorio chiamando in causa chiunque abbia seguito con preoccupato interesse e partecipazione lo sconvolgente scenario che ha preso piede nel nostro paese nell’ultimo anno e mezzo. Si tratta di uomini e donne intenti ad abbracciare e sostenere la nostra causa, “apartitica e aconfessionale”,  trovando il coraggio di andare oltre “il pensiero unico” che i mass-media trasmettono assiduamente.
Tutto ciò è stato organizzato a sostegno del legittimo Governo Siriano di Bashar Al – Assad, vittima di un attacco concentrico, terroristico e destabilizzatore, realizzato dal fondamentalismo infeudato ai centri di potere atlantici per indebolire il Governo ed il suo Presidente in vista di un “intervento umanitario” da parte della NATO. Il governo Siriano, Nazionalista e Socialista, è accusato dalle Nazioni Unite di aver represso nel sangue le legittime manifestazioni popolari democratiche degli ultimi mesi e di aver commesso stragi dalle quali lo stesso si è dichiarato estraneo ai fatti. In realtà, le sue posizioni Laiche non gradite ai Fratelli Musulmani, il sostegno economico agli alleati del Partito Libanese Hezbollah, la protezione e il sostegno al Movimento Palestinese, le Sue posizioni anti – israeliane e Filo Iraniane dimostrano il contrario, ovvero, la chiara antipatia nei confronti del potere imperialista e coloniale atlantico.
Lo scopo dell’evento, perseguito attraverso una riuscita petizione popolare, è stato quello di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni tra cui il Ministro degli Esteri Terzi  attraverso un interrogazione collettiva urgente, in favore del legittimo governo di Siria Laico Socialista e Sovrano e la ripresa dei rapporti diplomatici, di amicizia tra i due paesi, interrotti dalla sudditanza di questo governo coloniale al servizio delle grandi potenze atlantiche.
Diversi tentativi di boicottaggio sono emersi da parte di nostalgici che avrebbero preferito strumentalizzare la manifestazione con uno stampo politico perdendo di vista quello che era l’obiettivo comune inerente alla difesa del legittimo governo siriano. Noi fortunatamente ci siamo ben difesi da questo attacco “divide et Impera” separando le persone oneste e in buona fede da quelle opportuniste e malvagie tenendo lontani colori, simboli e strumentalizzazioni politiche; non a  caso  tutti i partiti Patriottici della scena politica nazionale siriana sono uniti sullo stesso fronte in nome di questa causa anti – imperialista senza inutili fanatismi ideologi.  

venerdì 21 settembre 2012

MARCHIONNE – PINOCCHIO



Doppia recessione dell’economia nazionale. Avanti alle fandonie del risanamento dei conti pubblici “vicini al pareggio di bilancio”. Il costo del lavoro cresce del 2%. Il Pil è in calo del -0,6%. Disoccupazione, il prossimo anno, al 12,5%. Con questi dati “Tutti lavoriamo per la crescita”, dice l’illegittimo presidente del consiglio Monti. La Fornero pianse lacrime da coccodrillo qualche mese fa, ve lo ricordate ? Probabilmente il ministro già immaginava la catastrofe economica nazionale che da quel giorno, ad oggi, si sarebbe delineata numeri delle previsioni alla mano.
Alcoa, Ilva, Fiat: la destrutturazione dei grandi indotti industriali italiani è iniziata.
Il caso Fiat è quello che prosegue da più tempo, in un gioco delle parti degno del peggiore italiota, si procede con la delocalizzazione. Tutti conoscono l’a.d. Sergio Marchionne che, un paio di anni fa, chiedeva sacrifici ai lavoratori italiani degl’indotti perché “costavano troppo” rispetto ai colleghi polacchi e romeni.

Ad aprile 2010, quando venne presentato, il piano di rilancio della Fiat, si prevedeva il raddoppio della produzione di auto marcate lingotto nel nostro paese per così passare gradualmente da 650mila vetture a 1,4 milioni nel 2014.

In una nota del 13 settembre scorso, il lingotto ha dichiarato che la Fiat è una multinazionale –e lo sapevamo- e che ha “il diritto ed il dovere di compiere scelte industriali in modo razionale (…) senza dimenticarsi dell’importanza dell’Italia e dell’Europa”.

La puzza di fregatura è evidente: la Fiat stessa ha già lanciato ufficialmente in Cina la “Viaggio”, sua nuova creatura, e valuta la possibile apertura di un secondo stabilimento mentre in Europa l’automobile che dovrebbe sostituire la “Punto” –simbolo nel vecchio continente del marchio stesso- è stata rimandata già più di due volte ed in nessun piano dell’azienda è prevista; così per lo meno da qui fino al 2015 a favore dei fegati e degli stomaci degl’operai di Melfi.
A Mirafiori investimenti inoltre sospesi per altri due modelli, uno con marchio Fiat ed uno firmato Jeep.

Riguardo i lavoratori, giusto per ringraziare Marchionne dell’impegno profuso per tutelare migliaia di lavoratori, si rammenta che Mirafiori, Cassino, Pomigliano e Melfi restano sottoutilizzati mentre Termini Imerese è già stato chiuso con i dipendenti da troppo tempo oramai in cassa integrazione totale o parziale.

Marchionne prese in giro gl’italiani e prosegue bellamente. Per Landini (Fiom – Cgil): l’azienda non mantiene le promesse. Palombella (Uilm) è più cauto ed invita a non allarmarsi.
Eppure le rappresentanze sindacali non ricordano come, tra il 2012 ed il 2013 si prevede un piano vendite Fiat in Italia non superiore alle 450 mila unità a fronte di quanto, nell’aprile 2010, affermato da Marchionne stesso che assicurava, ai nostri timidi sindacati che si sarebbe arrivati a questa cifra, che oramai è sogno e spauracchio, di 1,4 milioni di auto prodotte ?

Il Governo resta “alla finestra” in attesa di chiarimenti ed afferma categoricamente con Passera:”Che lo stato si sostituisca alle imprese per determinarne le scelte strategiche industriali e commerciali è lontanissimo dalle idee di questo governo”, insomma niente dirigismo e che la “tarantella” dei finti proclami, il siparietto dei “vorrei ma non posso” dei sindacati e le bugie di Marchionne proseguano pure.

Nel frattempo ringraziano 55 mila lavoratori degl’indotti ai quali tra un anno scadranno i fondi CIG previsti per la cassa integrazione –e non rinnovabili- che si aggiungono ad operai Alcoa ed Ilva vittime dei soliti, macabri scenari. 
Perché oggi “tutti dobbiamo fare sacrifici..che c’è la crisi”, ma senza scendere nel finto giustizialismo, siamo convinti che (citando gli SFS) “sotto sotto, gratta gratta” a farne le spese, saranno sempre i soliti.

domenica 9 settembre 2012

Nuove Tasse, Vecchie Scuse

Nell’ultimo decreto del governo Monti, quello firmato dal Ministro della Salute Balduzzi, non è presente un solo articolo (tra i ventisette) condiviso dalle parti sociali. È stato giudicato come un totale fallimento. Elencare tutti, o alcuni, tra questi punti sarebbe ad oggi inutile proprio perché il premier Monti ha rimandato agli inizi di Settembre (dunque in questi giorni) la verifica (e speriamo la modifica) del decreto sulla Salute.
 
Ciò che preme invece sottolineare e che ci fa pensare, da menti e penne libere quale siamo, è il clima politico, sociale ed economico nel quale versa il nostro bel paese e soprattutto il nuovo ingresso in campo di ennesime inutili tasse. Questo decreto, infatti, non fa altro che delineare sempre meglio quelli che sono i tratti generali del sistema usuraio odierno.
 
Per ordinare le idee ancora una volta: al governo c’è un gruppo di tecnici, non eletto dal popolo (nessuno ha parlato in merito della violazione dei “principi fondanti della Costituzione”), che sta attuando la distruzione di tutti gli ultimi istituti che componevano ormai lo Stato sociale. Non essendo politici, ma grandi banchieri, finanzieri e massoni stanno mettendo in atto la loro politica antinazionale a favore delle grandi lobby economiche internazionali consapevoli del fatto che pur non avendo il sostegno dell’elettorato poco importa, tanto a fine mandato tornano tutti nelle loro poltrone. Per compiere questo programma ben definito, stanno avendo il pieno appoggio dalla classe politica italiana che come ben sappiamo, si dimostra ancora una volta succube ai poteri forti finanziari del resto del mondo. Alla faccia della sovranità (venite a dirci poi che siamo un paese democratico che da la possibilità al cittadino di votare chi governa; al massimo ci danno l’opportunità, tra l’altro tutta da verificare, di eleggere chi serve in silenzio gli affamati banchieri internazionali). Da mesi, inoltre, questo fantomatico gruppo di grandi tecnici (così definiti dalla stampa di regime) sta riducendo il popolo italiano alla povertà più totale. Tasse, tagli, tasse, tagli e ancora tasse. D’altronde la motivazione è semplice (ma non esaustiva e onesta): “Vogliamo ottenere il pareggio di bilancio, e dobbiamo ridurre il debito pubblico. Ce lo chiede l’Europa”.
Il popolo italiano, del resto come è nella sua indole, è ancora ammaestrato e addomesticato dalla fandonie raccontate da deputati e giornalisti al soldo del regime bancario. Poche volte scende in piazza, e se lo fa è solo perché è stato toccato un suo interesse materiale. Poche volte denigra questo sistema democratico ormai destinato al fallimento, e anzi continua a non credere alle alternative di politica sociale e nazionale. Moltissime volte invece apre bocca e alle belle parole non fa seguire coerentemente dei concreti fatti.
 
Pare un incubo dal quale non si può più uscire. Eppure c’è sempre quella gioventù che non crede alle loro parole, che sa che stiamo pagando qualcosa che non riusciremo mai a saldare definitivamente, che non ci sarà crescita e occupazione, che questo sistema democratico è una trappola ben costruita ma che sta per essere smascherata, che ad un pensiero fa seguire un’azione, che lotta per la difesa dell’identità nazionale contro la globalizzazione sfrenata, che cerca giustizia sociale contro giustizia divisa per caste.
Da che parte stare tocca a voi deciderlo. Nel frattempo, che ci tassino anche le bibite gassate e l’alcool. Che ci dicano ancora che ce lo chiede l’Europa. Noi tanto abbiamo un’altra sete: la Rivoluzione!

domenica 2 settembre 2012

Israele-Iran: Analisi Del Conflitto

Al di là dell’ormai probabile attacco bellico di Israele nei confronti dell’Iran, la situazione tra i due paesi è comunque giunta ad un punto di non ritorno.
Il premier israeliano Netanyahu, infatti, è sempre più convinto di poter aggredire le difese iraniane senza infliggere più di qualche centinaia di vittime tra i suoi civili e militari e soprattutto senza chiedere alcun aiuto agli Stati Uniti. Le sue convinzioni son basate su due nuove “tecniche di guerra”: un servizio di sms ai cittadini per avvisare della controffensiva missilistica iraniana (e non solo) e un kit di sopravvivenza contro l’attacco chimico batteriologico per ogni israeliano. Il suo obiettivo sono le centrali nucleari iraniane (ormai giunte ad un livello di arricchimento dell’uranio). Lo scopo è fermare il “nuovo olocausto” del popolo israeliano.
Fortunatamente però le opposizioni a questo suo spietato, sfacciato e opinabile progetto son numerose e decisamente importanti: in primis quella del Mossad (i servizi segreti e i reparti speciali militari israeliani) non convinti del tutto di questa semplicità riguardo l’attacco ad Ahmadinejad; quella degli Stati Uniti e del governo Obama, concentrato sulle prossime elezioni presidenziali e conscio del fatto che una nuovo fallimento diplomatico in Medio Oriente potrebbe giocare un ruolo decisivo nella vittoria finale e dunque nel suo proseguimento alla guida della prima potenza mondiale; e quella degli stessi cittadini israeliani, che poco sono abituati a entrare nell’ordine di idee della guerra e dei sacrifici che questa inevitabilmente porta.
Inoltre non va sottovalutato un altro fronte: quello di Hezbollah. Sicuramente durante l’ipotetico conflitto, il numero di attentati in territorio israeliano crescerebbe notevolmente.
Dall’altra parte, invece, c’è l’Iran. Un paese meno ricco, meno potente sul piano militare, con un appoggio internazionale minore rispetto a Israele e che negli ultimi anni nel suo progetto di indipendenza energetica ha incontrato notevoli difficoltà.
D’altronde per qualsiasi medio (ma anche minimo)quoziente intellettivo è difficile credere alle mistificazioni della stampa Occidentale su questo conflitto. Come si può credere che l’Iran costruisca due bombe atomiche da contrapporre a centinaia di testate nucleari israeliane e americane? Ma soprattutto come si può credere che l’Iran possa usare armi atomiche contro un paese così vicino sul piano territoriale? È semplice utopia.
Che la guerra sia la risoluzione di questa crisi diplomatica è forse presto per dirlo (e anche difficile da immaginare) ma la risposta a queste nostre domande stavolta ce la da proprio uno dei padri fondatori del pensiero illuminista e illuminato, liberale e massone, Maximilien de Robespierre:”La guerra è sempre il principale desiderio di un governo potente che vuole divenire ancora più potente”.

lunedì 20 agosto 2012

Ilva e WindJet: Il successo del privato!

È da sempre l’intrinseco volere dell’ideale capitalista: assoggettare le nazioni, indebolendo la loro sovranità politica, sociale ed economica per far divenire tutti i lavoratori oggetto dell’economia e della produzione dei privati. Chi non capisce questo o chi semplicemente si ostina a non crederci (definendo questa come una teoria complottista)mai potrà definirsi libero.


L’Italia, dal secondo dopoguerra in poi (specie negli ultimi due decenni), è definitivamente caduta nella trappola: ha venduto il lavoro e il sacrifico dei suoi cittadini alla mercè dei grandi finanzieri internazionali.In primis perdendo il potere di stampare le proprie banconote (sia con la Lira che con l’Euro), poi cominciando a far intervenire nella stesura della Costituzione volontà straniere e antisociali. Successivamente ha venduto buona parte dei suoi beni materiali pubblici e infine ha rafforzato e aumentato nel proprio ordinamento le norme a favore dei privati e a discapito del controllo statale.


Sembra la terribile descrizione della distopia Orwelliana, eppure è la scomoda e cruda realtà dei fatti. Solo negli ultimi giorni, due casi importanti vengono a supporto della nostra visione.


Il primo caso riguarda l’Ilva, la più grande azienda italiana ed europea (comunque privata) in merito alla lavorazione dell’acciaio, la quale consta diversi stabilimenti in tutto il territorio nazionale, e i più grandi in assoluto si trovano aTaranto e Genova. Proprio il primo di questi (in cui lavorano quotidianamente circa tredicimila operai), recentemente, è finito sotto l’occhio della magistratura in merito alla contaminazione tossica e l’inquinamento generico che l’industria quotidianamente emette a danno dei cittadini locali. La decisione del GIP è stata drastica: blocco della produzione fino alla bonifica degli impianti. Tutti i dipendenti, dunque, a casa finché l’industria non potrà assicurare alla città di Taranto una produzione sana e pulita.


Il secondo caso riguarda la compagnia low cost siciliana, Windjet. Questa per evidenti problemi economici (si parla di un buco di decine di milioni di euro) dovuti a chissà quale pessima politica aziendale (solo nel 2008 riuscì ad essere la prima, e sottolineiamo prima, compagnia aerea nazionale per numero di passeggeri) che in pochi anni (nata nel 2003) ha trasformato un buon progetto economico in un vero incubo capitalista. La chiusura del sito on-line, il mancato accordo di acquisizione con Alitalia,le decine di migliaia di passeggeri lasciati a terra o costretti a comprare un nuovo biglietto con altre compagnie (alcuni con un rincaro di ottanta euro per i voli nazionali e fino a centocinquanta euro per le tratte internazionali) si aggiungono alla problematica madre: oltre cinquecento dipendenti che rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro.


Se tutto ciò fosse successo ottanta anni fa, la problematica sarebbe presto rientrata. Lo stato sociale e sovrano italiano avrebbe intavolato trattative con le aziende private al fine di aiutarle sia nel bonifica graduale e non immediata degli impianti (nel tempo quindi, senza arrivare ad un punto di non ritorno a livello strutturale e funzionale), sia nella copertura del buco di milioni di euro di fatturato che quella nefasta gestione aveva provocato. Avrebbe finanziato di tasca propria le spese e avrebbe gestito direttamente la rinascita delle imprese. Questo semplicemente perché lo Stato controllava tutto ciò che nel suo territorio avveniva a livello industriale ed economico, tutelava il lavoratore e, soprattutto, era padrone della sua moneta consentendogli perciò di finanziare le sue aziende in crisi.


Oggi, invece, il panorama è assai differente: lo stato sociale è stato abbattuto consentendo ai privati di muoversi nella più ampia libertà immaginabile anche a livello legale (il nostro ordinamento lo consente). Il controllo della pubblica autorità sulla gestione privata delle azienda in alcuni casi è solo teorica, in altri è semplicemente inefficiente a contrastare i progetti degli imprenditori privati. Le casse dell’erario sono vuote e nonpermettono risollevare questa problematica e intervenire sulla gestione malsana appunto dei privati stessi. Il governo tecnico nonostante i proclami di “salvatore della patria” può fare ben poco contro la decisione della magistratura (nonostante il ministro dell’economia e delle finanze Grilli prometta battaglie per la salvaguardia dell’Ilva soprattutto).


Senza considerare il fatto che la chiusura anche se temporanea dell’Ilva di Taranto e il fallimento della WindJet, favoriscono ovviamente la concorrenza estera sempre spietata nel sistema capitalista. Le imprese francesi, tedesche e cinesi (in primis) son pronte come avvoltoi a comprare parte delle azioni dell’Ilva o a finanziare semplicemente la bonifica degli impianti pur di mettere le mani sulla produzione e gli utili della più grande industria siderurgica europea, rallentando magari la crescita dell’azienda stessa e favorendo dunque la loro produzione locale. A questo segue una nostra piu' che legittima domanda, come mai politici e magistrati in primis, sembra non lavorino mai per il bene dell'Italia? Il destino dell'Ilva forse ci dara' risposte piu' profonde di quanto possiamo immaginare in questo momento.


Che vedremo in futuro altre centinaia di disoccupati dovuti ad una nefasta amministrazione privata e ad un mancato controllo della P.A. , dunque, appare ad oggi un’ipotesi più che fondata.


Pian piano questo sistema però fortunatamente ci da l’idea che si stia autodistruggendo. Non è più, infatti, un capitalismo sano come dovrebbe essere che in sintesi con il controllo dei governi e con la forza lavoro degli operai crea occupazione e profitto ma ormai solo una terribile trappola usuraia che ha sottomesso ogni parte sociale. Un sistema di usura , infatti, che strozza le economie nazionali, rende flessibile e quindi precario il lavoro, che favorisce la sfrenata globalizzazione, come può ottenere i suoi tassi di interesse a noi imposti? In altre parole: come pagheremo se non guadagneremo?

Speriamo per loro che se accorgano presto: questo sistema, opera dei malvagi, è caduco.

lunedì 13 agosto 2012

“Dio, Siria, Bashar e Basta!”

È esattamente dal mese di Marzo che “Il Maestrale” segue con attenzione la vicenda relativa alla guerra civile in atto in Siria poiché è attualmente la situazione più delicata di tutta la politica estera. Fin da subito, dalla nostra redazione, è stato denunciato il vile comportamento delle potenze mondiali (U.S.A. e Unione Europea su tutte) nel minacciare con insistenza solo le azioni del governo legittimo di Bashar Al Assad. Mai, infatti, i nostri mass media o i nostri benpensanti politici, hanno accusato i“rivoluzionari” di aver commesso vili attentati contro la innocente popolazione siriana. Ovviamente tutto questo solo per proteggere ancora una volta gli interessi delle nazioni forti del globo terrestre (U.S.A. e Israele) interessate più che mai ad un cambio di regime in Siria per spodestare un governo nazionalista, socialista e laico (tra l’altro uno dei pochissimi rimasti in tutta la panoramica politica mondiale), scomodo per il loro progetto di dominio economico e quindi politico e sociale.

Sempre più numerose, inoltre, sono le manifestazioni organizzate dalla comunità siriana in ogni angolo del pianeta (Canada, Italia, Stati Uniti, Australia) per esplicare con il loro motto : “Dio, Siria, Bashar e Basta!” , il proprio appoggio al governo Assad e ai suoi uomini.
Nel frattempo, però, da quando le Nazioni Unite hanno cominciato a mettere come nuovo bersaglio (dopo Libia, Tunisia ed Egitto) la Siria di Assad , l’opinione pubblica è stata bombardata di notizie mistificate. Tutti i nostri giornalisti hanno raccontato le stragi di civili di Homs, Hula, Damasco e ora Aleppo, sottolineando come dietro ogni di questo crimine ci fossero solo i soldati dell’esercito regolare siriano. Hanno diffuso le notizie (poi rivelatesi false) della morte di alcuni parenti di Assad nonché uomini del governo siriano. Hanno denunciato il regolare esercito siriano di reprimere nel sangue le manifestazioni liberali nel paese. Hanno sostenuto la tesi che i rivoluzionari fossero ormai padroni di ampie regioni e avessero l’appoggio della popolazione siriana ormai stremata dalla guerra. Per ore hanno anche addirittura diffuso la utopica notizia della clamorosa scomparsa di Assad (generando, chissà perché, un aumento del prezzo del petrolio in tutta la fascia Occidentale della Terra).

Poco spazio invece è stato riservato alle notizie di controinformazione (come al solito, aggiungiamo) e alle voci di opposizione alla “rivoluzione”terroristica in atto a Damasco e Aleppo.

Per esempio, pochi sanno che la maggior parte dei terroristi che stanno predicando pace e democrazia in Siria a suon di attentati sono mercenari stranieri (per lo più Arabi e Nord Africani) pagati e armati dalla Lega Araba per spodestare il regime laico. Pochi sanno che alcuni giorni fa in Arabia Saudita, durante una manifestazione contro la monarchia fondamentalista (il più grande alleato arabo degli U.S.A. in medio Oriente) due manifestanti sciiti hanno perso la vita uccisi dalle forze dell’ordine (nessuno nel mondo ha parlato in questo caso di schiaffo ai diritti umani). Pochi sanno che alcuni italiani furono rapiti qualche settimana fa da questi meschini soggetti definiti“rivoluzionari”e che una volta rilasciati hanno denunciato il loro modus agendi barbarico. Pochi sanno che nella radio d’informazione più importante in Francia un ospite a sorpresa, cittadino siriano, ha smascherato i giornalisti presenti in studio sottolineando come la popolazione siriana sia a favore del governo Assad e contro questi terroristi al soldo dei mercanti arabi. Pochi, infine, hanno parlato del rapimento di circa cinquanta civili iraniani (da parte sempre di questi soliti noti) che ha alimentato lo sdegno e la rabbia, oltre che di tutte le anime libere dal pensiero massificato del mondo, sopratutto dei due più grandi alleati della Siria, l’Iran e la Russia.

Senza citare poi la scelta di Kofi Annan, inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, di dimettersi dall’incarico per mancato sostegno nonché mancata collaborazione da parte dell’ONU al suo disegno di pace raggiunto in accordo anche con il presidente Al Assad.

Notizie mistificate, dunque, che hanno reso la panoramica siriana ancora una volta distorta. Notizie mistificate che però sembrano stavolta non aver influito più di tanto sulle menti dell’opinione pubblica, la quale finalmente pare aver capito l’ipocrita gioco di potere di questi servitori del sistema. Notizie mistificate che a forza vengono supportate dai governi Occidentali, poiché consci dell’oscuramento della verità. Notizie mistificate che non hanno fatto fare un passo indietro alla Russia,alla Cina e all’Iran nel loro sostegno alla Siria, nazionalista e laica.

E se davvero questa strategia sembra non avere più effetto, ci chiediamo (con una certa curiosità) quale sarà il prossimo passo della pacifica ONU. Se sarà segnato ancora da minacce di sanzioni economiche o stavolta da interventi militari. Nel frattempo sottolineiamo ancora una volta la nostra vicinanza ideologica alla vera resistenza del popolo e del governo siriano al progetto. Il nostro concetto di libertà politica combacia ovviamente con quello di sovranità nazionale, giustizia sociale ed indipendenza economica. Mai un paese sotto l’usura internazionale si è potuto definire libero. Libero di adottare una politica estera o finanziaria diversa dai diktat dei grandi banchieri sovranazionali.

Per la Siria Sovrana, laica e socialista inoltre a Roma, nel mese di Settembre, il “comitato Italia-Siria”ha organizzato nuovamente un sit in di protesta nelle vie della Capitale a sostegno della Siria preceduto di qualche giorno da un incontro/dibattito di cui contenuto e ospiti saranno annunciati nelle prossime settimane.

A questo punto, dunque, anche a noi, uomini liberi, non resta che unirci al motto: “Dio, Siria, Bashar e Basta!”

venerdì 3 agosto 2012

La chiamano Spending Review


Mentre in Germania la Corte costituzionale tedesca ha annunciato di prendere la decisione sul Meccanismo di stabilità europeo (Esm) e sul fiscal compact per il prossimo 12 settembre (ricordiamo sono in gioco manovre da 40 miliardi di euro ogni anno per ridurre il nostro debito pubblico) in Italia l’aumento di tasse e tagli ai più svariati settori dell’economia non incontra alcun ostacolo. Il governo tecnico, infatti, forte dell’appoggio della Troika e del succube silenzio dei partiti nostrani,i sta pian piano attuando il suo progetto di distruzione definitivo dello stato sociale per ridurre ancor di più la nostra sovranità politica e monetaria.

Per fare un breve excursus storico, dopo i provvedimenti presi ad inizio incarico nel Dicembre 2011 ed inseriti nella manovra finanziaria (reintroduzione dell’ICI sulla prima casa, aumento dell’IVA negli anni, aumento dell’età pensionabile per dipendenti pubblici e privati, aumento del gasolio e della benzina,aumento dell’Irpef, blocco dei fondi alle infrastrutture di Venezia, Napoli, Taranto) si aggiunsero ben presto nei mesi di Gennaio e Febbraio gli aumenti di luce e gas, del pedaggio autostradale, e una tassa sulla “fortuna” (che puniva e punisce chi vinceva una qualsiasi cospicua somma di denaro). Successivamente, non ancora appagati e forti dell’appoggio in Parlamento dei camerieri delle banche di PD, PDL, UDC & Co. , presentarono l’emendamento sulle liberalizzazioni chiamandolo “Salva Italia” che andava a colpire  le categorie dei farmacisti, notai, avvocati e tassisti. Non contenti, spianarono la strada all’unione Europea per l’attacco alla normativa italiana del Golden Share (per il quale appositamente “Il Maestrale” scrisse un articolo), e riformarono (se non abolirono del tutto) l’articolo 18 sulla tutela dei lavoratori.

Oggi questo governo sta tornando all’attacco. La nuova arma è la “spending review”. Cioè un’azione di revisione della spesa pubblica (cosi dice il sito del governo italiano). Un’azione che andrà a tagliare (tanto per cambiare) quindi altri settori fino adesso solo sfiorati dalle manovre demoniache dei tecnici.

Ben cinquanta Province scompariranno (tra cui Terni, Isernia e Matera) in quanto non soddisfano i due requisiti stabiliti dal governo riguardo il minimo numero di abitanti (350 mila) e un minimo numero di chilometri quadrati. I Farmaci dovranno essere prescritti dal medico insieme ad una breve motivazione e il farmacista dovrà obbligatoriamente attenersi alla clausola di non sostituibilità del prodotto appunto prescritto. Il medico ha infine la facoltà di prescrivere prodotti di marca.

Capitolo Università. Poiché i fondi proveniente dallo Stato ogni anno diminuiscono, il “buon governo” ha quindi deciso di aumentare le tasse degli studenti sia fuori corso che in regola con gli esami. Agli atenei il compito di decidere in che modalità e con quali aliquote. Si salveranno solo gli studenti fino al 2016 che hanno un reddito familiare inferiore a 40 mila euro.

Infine tagli anche per la spesa pubblica. Il 20 % del salario base per i dirigenti e il 10% per tutti gli altri dipendenti. Gli strumenti a disposizione sono due: prepensionamenti e mobilità ( con il rischio di finire per due anni all’80% dello stipendio base).

In definitiva dunque nuovi sacrifici chiesti agli italiani, nuovi tagli ai settori e nuovo aumento delle tasse. Tutto questo non per risanare le casse dello Stato bensì per cercar di ottenere il pareggio di bilancio nel prossimo anno. Manovre dure che hanno sollevato numerose polemiche. Manovre che però nemmeno se accorpate raggiungo ricavi per 40 miliardi.

E allora ci chiediamo: se nemmeno questo basta per raggiungere quella cifra e se dovesse passare come legittimo in Germania il trattato ESM e il Fiscal Compact, come faremo noi a ripagare ogni anno per venti lunghi anni la cifra di 40 miliardi euro per ridurre il debito pubblico? Possibile che ancora nessuno in Italia ne parli (se non qualche sito di controinformazione, emarginato dai mass media)?

Nel frattempo l’attuale manovra l‘hanno chiamato Spending Review, come per gettarci altro fumo negli occhi. Anche in questo caso sembra che l’abbiano passata liscia. Ma come il Presidente Monti ha recentemente dichiarato: “Siamo alla fine del tunnel”, anche noi crediamo che questo sistema di iper usura abbia le ore contate.