lunedì 20 agosto 2012

Ilva e WindJet: Il successo del privato!

È da sempre l’intrinseco volere dell’ideale capitalista: assoggettare le nazioni, indebolendo la loro sovranità politica, sociale ed economica per far divenire tutti i lavoratori oggetto dell’economia e della produzione dei privati. Chi non capisce questo o chi semplicemente si ostina a non crederci (definendo questa come una teoria complottista)mai potrà definirsi libero.


L’Italia, dal secondo dopoguerra in poi (specie negli ultimi due decenni), è definitivamente caduta nella trappola: ha venduto il lavoro e il sacrifico dei suoi cittadini alla mercè dei grandi finanzieri internazionali.In primis perdendo il potere di stampare le proprie banconote (sia con la Lira che con l’Euro), poi cominciando a far intervenire nella stesura della Costituzione volontà straniere e antisociali. Successivamente ha venduto buona parte dei suoi beni materiali pubblici e infine ha rafforzato e aumentato nel proprio ordinamento le norme a favore dei privati e a discapito del controllo statale.


Sembra la terribile descrizione della distopia Orwelliana, eppure è la scomoda e cruda realtà dei fatti. Solo negli ultimi giorni, due casi importanti vengono a supporto della nostra visione.


Il primo caso riguarda l’Ilva, la più grande azienda italiana ed europea (comunque privata) in merito alla lavorazione dell’acciaio, la quale consta diversi stabilimenti in tutto il territorio nazionale, e i più grandi in assoluto si trovano aTaranto e Genova. Proprio il primo di questi (in cui lavorano quotidianamente circa tredicimila operai), recentemente, è finito sotto l’occhio della magistratura in merito alla contaminazione tossica e l’inquinamento generico che l’industria quotidianamente emette a danno dei cittadini locali. La decisione del GIP è stata drastica: blocco della produzione fino alla bonifica degli impianti. Tutti i dipendenti, dunque, a casa finché l’industria non potrà assicurare alla città di Taranto una produzione sana e pulita.


Il secondo caso riguarda la compagnia low cost siciliana, Windjet. Questa per evidenti problemi economici (si parla di un buco di decine di milioni di euro) dovuti a chissà quale pessima politica aziendale (solo nel 2008 riuscì ad essere la prima, e sottolineiamo prima, compagnia aerea nazionale per numero di passeggeri) che in pochi anni (nata nel 2003) ha trasformato un buon progetto economico in un vero incubo capitalista. La chiusura del sito on-line, il mancato accordo di acquisizione con Alitalia,le decine di migliaia di passeggeri lasciati a terra o costretti a comprare un nuovo biglietto con altre compagnie (alcuni con un rincaro di ottanta euro per i voli nazionali e fino a centocinquanta euro per le tratte internazionali) si aggiungono alla problematica madre: oltre cinquecento dipendenti che rischiano di perdere definitivamente il posto di lavoro.


Se tutto ciò fosse successo ottanta anni fa, la problematica sarebbe presto rientrata. Lo stato sociale e sovrano italiano avrebbe intavolato trattative con le aziende private al fine di aiutarle sia nel bonifica graduale e non immediata degli impianti (nel tempo quindi, senza arrivare ad un punto di non ritorno a livello strutturale e funzionale), sia nella copertura del buco di milioni di euro di fatturato che quella nefasta gestione aveva provocato. Avrebbe finanziato di tasca propria le spese e avrebbe gestito direttamente la rinascita delle imprese. Questo semplicemente perché lo Stato controllava tutto ciò che nel suo territorio avveniva a livello industriale ed economico, tutelava il lavoratore e, soprattutto, era padrone della sua moneta consentendogli perciò di finanziare le sue aziende in crisi.


Oggi, invece, il panorama è assai differente: lo stato sociale è stato abbattuto consentendo ai privati di muoversi nella più ampia libertà immaginabile anche a livello legale (il nostro ordinamento lo consente). Il controllo della pubblica autorità sulla gestione privata delle azienda in alcuni casi è solo teorica, in altri è semplicemente inefficiente a contrastare i progetti degli imprenditori privati. Le casse dell’erario sono vuote e nonpermettono risollevare questa problematica e intervenire sulla gestione malsana appunto dei privati stessi. Il governo tecnico nonostante i proclami di “salvatore della patria” può fare ben poco contro la decisione della magistratura (nonostante il ministro dell’economia e delle finanze Grilli prometta battaglie per la salvaguardia dell’Ilva soprattutto).


Senza considerare il fatto che la chiusura anche se temporanea dell’Ilva di Taranto e il fallimento della WindJet, favoriscono ovviamente la concorrenza estera sempre spietata nel sistema capitalista. Le imprese francesi, tedesche e cinesi (in primis) son pronte come avvoltoi a comprare parte delle azioni dell’Ilva o a finanziare semplicemente la bonifica degli impianti pur di mettere le mani sulla produzione e gli utili della più grande industria siderurgica europea, rallentando magari la crescita dell’azienda stessa e favorendo dunque la loro produzione locale. A questo segue una nostra piu' che legittima domanda, come mai politici e magistrati in primis, sembra non lavorino mai per il bene dell'Italia? Il destino dell'Ilva forse ci dara' risposte piu' profonde di quanto possiamo immaginare in questo momento.


Che vedremo in futuro altre centinaia di disoccupati dovuti ad una nefasta amministrazione privata e ad un mancato controllo della P.A. , dunque, appare ad oggi un’ipotesi più che fondata.


Pian piano questo sistema però fortunatamente ci da l’idea che si stia autodistruggendo. Non è più, infatti, un capitalismo sano come dovrebbe essere che in sintesi con il controllo dei governi e con la forza lavoro degli operai crea occupazione e profitto ma ormai solo una terribile trappola usuraia che ha sottomesso ogni parte sociale. Un sistema di usura , infatti, che strozza le economie nazionali, rende flessibile e quindi precario il lavoro, che favorisce la sfrenata globalizzazione, come può ottenere i suoi tassi di interesse a noi imposti? In altre parole: come pagheremo se non guadagneremo?

Speriamo per loro che se accorgano presto: questo sistema, opera dei malvagi, è caduco.

lunedì 13 agosto 2012

“Dio, Siria, Bashar e Basta!”

È esattamente dal mese di Marzo che “Il Maestrale” segue con attenzione la vicenda relativa alla guerra civile in atto in Siria poiché è attualmente la situazione più delicata di tutta la politica estera. Fin da subito, dalla nostra redazione, è stato denunciato il vile comportamento delle potenze mondiali (U.S.A. e Unione Europea su tutte) nel minacciare con insistenza solo le azioni del governo legittimo di Bashar Al Assad. Mai, infatti, i nostri mass media o i nostri benpensanti politici, hanno accusato i“rivoluzionari” di aver commesso vili attentati contro la innocente popolazione siriana. Ovviamente tutto questo solo per proteggere ancora una volta gli interessi delle nazioni forti del globo terrestre (U.S.A. e Israele) interessate più che mai ad un cambio di regime in Siria per spodestare un governo nazionalista, socialista e laico (tra l’altro uno dei pochissimi rimasti in tutta la panoramica politica mondiale), scomodo per il loro progetto di dominio economico e quindi politico e sociale.

Sempre più numerose, inoltre, sono le manifestazioni organizzate dalla comunità siriana in ogni angolo del pianeta (Canada, Italia, Stati Uniti, Australia) per esplicare con il loro motto : “Dio, Siria, Bashar e Basta!” , il proprio appoggio al governo Assad e ai suoi uomini.
Nel frattempo, però, da quando le Nazioni Unite hanno cominciato a mettere come nuovo bersaglio (dopo Libia, Tunisia ed Egitto) la Siria di Assad , l’opinione pubblica è stata bombardata di notizie mistificate. Tutti i nostri giornalisti hanno raccontato le stragi di civili di Homs, Hula, Damasco e ora Aleppo, sottolineando come dietro ogni di questo crimine ci fossero solo i soldati dell’esercito regolare siriano. Hanno diffuso le notizie (poi rivelatesi false) della morte di alcuni parenti di Assad nonché uomini del governo siriano. Hanno denunciato il regolare esercito siriano di reprimere nel sangue le manifestazioni liberali nel paese. Hanno sostenuto la tesi che i rivoluzionari fossero ormai padroni di ampie regioni e avessero l’appoggio della popolazione siriana ormai stremata dalla guerra. Per ore hanno anche addirittura diffuso la utopica notizia della clamorosa scomparsa di Assad (generando, chissà perché, un aumento del prezzo del petrolio in tutta la fascia Occidentale della Terra).

Poco spazio invece è stato riservato alle notizie di controinformazione (come al solito, aggiungiamo) e alle voci di opposizione alla “rivoluzione”terroristica in atto a Damasco e Aleppo.

Per esempio, pochi sanno che la maggior parte dei terroristi che stanno predicando pace e democrazia in Siria a suon di attentati sono mercenari stranieri (per lo più Arabi e Nord Africani) pagati e armati dalla Lega Araba per spodestare il regime laico. Pochi sanno che alcuni giorni fa in Arabia Saudita, durante una manifestazione contro la monarchia fondamentalista (il più grande alleato arabo degli U.S.A. in medio Oriente) due manifestanti sciiti hanno perso la vita uccisi dalle forze dell’ordine (nessuno nel mondo ha parlato in questo caso di schiaffo ai diritti umani). Pochi sanno che alcuni italiani furono rapiti qualche settimana fa da questi meschini soggetti definiti“rivoluzionari”e che una volta rilasciati hanno denunciato il loro modus agendi barbarico. Pochi sanno che nella radio d’informazione più importante in Francia un ospite a sorpresa, cittadino siriano, ha smascherato i giornalisti presenti in studio sottolineando come la popolazione siriana sia a favore del governo Assad e contro questi terroristi al soldo dei mercanti arabi. Pochi, infine, hanno parlato del rapimento di circa cinquanta civili iraniani (da parte sempre di questi soliti noti) che ha alimentato lo sdegno e la rabbia, oltre che di tutte le anime libere dal pensiero massificato del mondo, sopratutto dei due più grandi alleati della Siria, l’Iran e la Russia.

Senza citare poi la scelta di Kofi Annan, inviato speciale delle Nazioni Unite e della Lega Araba, di dimettersi dall’incarico per mancato sostegno nonché mancata collaborazione da parte dell’ONU al suo disegno di pace raggiunto in accordo anche con il presidente Al Assad.

Notizie mistificate, dunque, che hanno reso la panoramica siriana ancora una volta distorta. Notizie mistificate che però sembrano stavolta non aver influito più di tanto sulle menti dell’opinione pubblica, la quale finalmente pare aver capito l’ipocrita gioco di potere di questi servitori del sistema. Notizie mistificate che a forza vengono supportate dai governi Occidentali, poiché consci dell’oscuramento della verità. Notizie mistificate che non hanno fatto fare un passo indietro alla Russia,alla Cina e all’Iran nel loro sostegno alla Siria, nazionalista e laica.

E se davvero questa strategia sembra non avere più effetto, ci chiediamo (con una certa curiosità) quale sarà il prossimo passo della pacifica ONU. Se sarà segnato ancora da minacce di sanzioni economiche o stavolta da interventi militari. Nel frattempo sottolineiamo ancora una volta la nostra vicinanza ideologica alla vera resistenza del popolo e del governo siriano al progetto. Il nostro concetto di libertà politica combacia ovviamente con quello di sovranità nazionale, giustizia sociale ed indipendenza economica. Mai un paese sotto l’usura internazionale si è potuto definire libero. Libero di adottare una politica estera o finanziaria diversa dai diktat dei grandi banchieri sovranazionali.

Per la Siria Sovrana, laica e socialista inoltre a Roma, nel mese di Settembre, il “comitato Italia-Siria”ha organizzato nuovamente un sit in di protesta nelle vie della Capitale a sostegno della Siria preceduto di qualche giorno da un incontro/dibattito di cui contenuto e ospiti saranno annunciati nelle prossime settimane.

A questo punto, dunque, anche a noi, uomini liberi, non resta che unirci al motto: “Dio, Siria, Bashar e Basta!”

venerdì 3 agosto 2012

La chiamano Spending Review


Mentre in Germania la Corte costituzionale tedesca ha annunciato di prendere la decisione sul Meccanismo di stabilità europeo (Esm) e sul fiscal compact per il prossimo 12 settembre (ricordiamo sono in gioco manovre da 40 miliardi di euro ogni anno per ridurre il nostro debito pubblico) in Italia l’aumento di tasse e tagli ai più svariati settori dell’economia non incontra alcun ostacolo. Il governo tecnico, infatti, forte dell’appoggio della Troika e del succube silenzio dei partiti nostrani,i sta pian piano attuando il suo progetto di distruzione definitivo dello stato sociale per ridurre ancor di più la nostra sovranità politica e monetaria.

Per fare un breve excursus storico, dopo i provvedimenti presi ad inizio incarico nel Dicembre 2011 ed inseriti nella manovra finanziaria (reintroduzione dell’ICI sulla prima casa, aumento dell’IVA negli anni, aumento dell’età pensionabile per dipendenti pubblici e privati, aumento del gasolio e della benzina,aumento dell’Irpef, blocco dei fondi alle infrastrutture di Venezia, Napoli, Taranto) si aggiunsero ben presto nei mesi di Gennaio e Febbraio gli aumenti di luce e gas, del pedaggio autostradale, e una tassa sulla “fortuna” (che puniva e punisce chi vinceva una qualsiasi cospicua somma di denaro). Successivamente, non ancora appagati e forti dell’appoggio in Parlamento dei camerieri delle banche di PD, PDL, UDC & Co. , presentarono l’emendamento sulle liberalizzazioni chiamandolo “Salva Italia” che andava a colpire  le categorie dei farmacisti, notai, avvocati e tassisti. Non contenti, spianarono la strada all’unione Europea per l’attacco alla normativa italiana del Golden Share (per il quale appositamente “Il Maestrale” scrisse un articolo), e riformarono (se non abolirono del tutto) l’articolo 18 sulla tutela dei lavoratori.

Oggi questo governo sta tornando all’attacco. La nuova arma è la “spending review”. Cioè un’azione di revisione della spesa pubblica (cosi dice il sito del governo italiano). Un’azione che andrà a tagliare (tanto per cambiare) quindi altri settori fino adesso solo sfiorati dalle manovre demoniache dei tecnici.

Ben cinquanta Province scompariranno (tra cui Terni, Isernia e Matera) in quanto non soddisfano i due requisiti stabiliti dal governo riguardo il minimo numero di abitanti (350 mila) e un minimo numero di chilometri quadrati. I Farmaci dovranno essere prescritti dal medico insieme ad una breve motivazione e il farmacista dovrà obbligatoriamente attenersi alla clausola di non sostituibilità del prodotto appunto prescritto. Il medico ha infine la facoltà di prescrivere prodotti di marca.

Capitolo Università. Poiché i fondi proveniente dallo Stato ogni anno diminuiscono, il “buon governo” ha quindi deciso di aumentare le tasse degli studenti sia fuori corso che in regola con gli esami. Agli atenei il compito di decidere in che modalità e con quali aliquote. Si salveranno solo gli studenti fino al 2016 che hanno un reddito familiare inferiore a 40 mila euro.

Infine tagli anche per la spesa pubblica. Il 20 % del salario base per i dirigenti e il 10% per tutti gli altri dipendenti. Gli strumenti a disposizione sono due: prepensionamenti e mobilità ( con il rischio di finire per due anni all’80% dello stipendio base).

In definitiva dunque nuovi sacrifici chiesti agli italiani, nuovi tagli ai settori e nuovo aumento delle tasse. Tutto questo non per risanare le casse dello Stato bensì per cercar di ottenere il pareggio di bilancio nel prossimo anno. Manovre dure che hanno sollevato numerose polemiche. Manovre che però nemmeno se accorpate raggiungo ricavi per 40 miliardi.

E allora ci chiediamo: se nemmeno questo basta per raggiungere quella cifra e se dovesse passare come legittimo in Germania il trattato ESM e il Fiscal Compact, come faremo noi a ripagare ogni anno per venti lunghi anni la cifra di 40 miliardi euro per ridurre il debito pubblico? Possibile che ancora nessuno in Italia ne parli (se non qualche sito di controinformazione, emarginato dai mass media)?

Nel frattempo l’attuale manovra l‘hanno chiamato Spending Review, come per gettarci altro fumo negli occhi. Anche in questo caso sembra che l’abbiano passata liscia. Ma come il Presidente Monti ha recentemente dichiarato: “Siamo alla fine del tunnel”, anche noi crediamo che questo sistema di iper usura abbia le ore contate.




lunedì 16 luglio 2012

Fratelli Musulmani, vi(v)a la Democrazia!

Basterebbe semplicemente visitare la pagina loro dedicata su Wikipedia per scoprire l’opinione che l’informazione di massa ci propugna sui Fratelli Musulmani. Essi, infatti, costituirebbero una delle più importanti organizzazioni islamiche internazionali rifiutante l’influenza Occidentale.
In realtà, visto lo scenario politico attuale in Libia e soprattutto in Egitto (dove il partito “Libertà e Giustizia” guidato appunto dal gruppo dei Fratelli Musulmani può vincere, nel primo caso, e ha già vinto , nel secondo, le presidenziali) delle osservazioni (tre in particolare) a riguardo su questa organizzazione sono più che necessarie.
La prima si ricollega al finale dell’articolo del nostro giornale del 29 Novembre 2011 (badate bene più di sei mesi fa) quando i Fratelli Musulmani si ritirarono per chissà quale arcana ragione  dall’opposizione al regime militare del maresciallo Tantawi reo (per i manifestanti) di aver soppresso nel sangue la sete di diritti degli egiziani come il suo predecessore Mubarak.
La casta militare egiziana, come testimoniato da qualsiasi fonte informativa (internet, quotidiani, mass media vari), è indipendente dalle casse dello stato e parte dei suoi finanziamenti proviene casualmente dagli Stati Uniti d’America. 
Legittimo dunque pensare che quella ritirata fu strategica e concordata a tavolino. Da una parte i militari, appunto, forti del consenso dell’ONU, che chiedevano di non alimentare troppo le voci di opposizione durante il loro mandato di transizione (dalla fine del regime di Mubarak alle ultime elezioni nazionali). Dall’altra, i Fratelli musulmani, che chiedevano un appoggio politico, sociale e chissà forse, anche economico (tra l’altro molte fonti di contro informazioni non smentiscono l’ipotesi anzi l’avvallano)  per le presidenziali di Giugno 2012.
Una ragionevole chiave di lettura che però nelle ultime ore sembra essere messa in discussione. È recente infatti la notizia degli scontri a piazza Tahrir tra esponenti islamici e sostenitori della giunta militare per la decisione del nuovo presidente egiziano Morsi di ricorrere in appello riguardo la decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato lo scioglimento dell’Assemblea legislativa de Il Cairo dopo aver giudicato incostituzionale la legge elettorale che aveva portato alla vittoria degli schieramenti islamici. Il neo presidente islamico, altrimenti, rischierebbe di rituffarsi in una nuova campagna elettorale (assai pericolosa visti i consensi in crescita per i liberali) per il mantenimento del potere.
La seconda osservazione è quella relativa alla situazione politica in Siria. Da mesi ormai, infatti, i Fratelli Musulmani si son detti favorevoli ad un intervento militare immediato delle Nazioni Unite per spodestare il regime nazional socialista di Al Assad.
La terza e ultima osservazione riguarda la reazione della Casa Bianca dopo i risultati elettorali in Egitto. Il presidente Obama,dopo essersi congratulato con Morsi telefonicamente, ha definito la vittoria dei Fratelli Musulmani come una “pietra miliare” (stessa identica affermazione di quella usata per la Libia) nella transizione dell’Egitto verso la Democrazia augurandosi (ovviamente) che l’Egitto rimanga pilastro mediorientale di pace, sicurezza e stabilità riguardo i rapporti con Israele soprattutto.  
Inevitabili dunque degli scetticismi a riguardo di questa organizzazione islamica ormai protagonista di quasi tutte le notizie di politica estera araba. Forse dietro di loro ci sono davvero gli Stati Uniti d’America. Forse, se ciò fosse confermato con il tempo, per l’intero popolo egiziano inizierebbe davvero una “nuova era”(citazione dello stesso Morsi) caratterizzata dalla schiavitù politica, sociale ed economica al dominio a stelle e strisce. Forse il New World Order (progetto di dominio del mondo) è già a buon passo dati che riesce ad assoggettare con facilità anche movimenti storicamente avversi.
Ma rimanendo queste solo ipotesi, ci fidiamo (per così dire) delle speranze del popolo egiziano e delle promesse di Democrazia di Obama & Co. Attendiamo anche noi allora, come più volte affermato, pace e diritti in tutto il medio Oriente. Nel frattempo, prendiamo però atto, di un dato incontrovertibile: i morti e gli attentati in tutto il territorio Arabo non si placano.






domenica 8 luglio 2012

L'altra faccia dell'ESM

Gli scorsi 28 e 29 giugno è andato in scena a Bruxelles l'ultimo di un'oramai lunghissima serie di summit tra i vertici dell'Eurozona, in questa fase molto concitata della crisi. Al centro di quest'ultimo importante incontro si colloca ildibattito sul "Fondo Salva-Stati", meglio noto come "ESM".
Per quanto riguarda il "Fondo Salva-Stati", negli articoli precedenti sono state tratteggiate le caratteristiche di questa nuova "creatura", ma che ruolo avrà l'ESM nelle politiche economiche dei singoli paesi? Nel concreto, qual è lo scopo di questo fondo e in che modo agirà?
 
Per dare una definizione concisa, il fine di tale fondo sarà quello di acquistare titoli di stato di paesi che, pur seguendo le direttive economiche emanate dall'Europarlamento, a causa,
ad esempio, dell'elevato debito pubblico, si ritrovano spesso sotto attacco della speculazione, riportando così i tassi d'interesse sui titoli di stato succitati a livelli stabili, o quantomeno, sostentenibili.
 
La disponibilità di liquidi di cui dovrebbe disporre il suddetto fondo ammonterebbe a più di 500 miliardi di euro, che potranno essere destinati all'acquisto di titoli sul mercato primario (ovvero in asta), oppure su quello secondario (ovvero sia quello in cui è possibile scambiare titoli di stato), oppure direttamente a prestiti destinati a Stati o alle Banche. Per poter usufruire dell'aiuto dell'ESM, il paese richiedente dovrà firmare inoltre un protocollo d'intesa con la commissione europea e con il Fondo Monetario Internazionale, dopo di che il fondo, attraverso l'azione della Banca Centrale Europea, potrà essere attivato e svolgere la sua funzione. Il nodo centrale da sciogliere però resta quello politico, ossia: in base a quali condizioni sarà possibile richiedere l'intervento dell'ESM? Sono nodi che verranno sciolti nel prossimo Eurogruppo, in programma il 9 luglio.
 
Altro tema fondamentale che ha accompagnato il summit è stato quello del ruolo della sovranità nazionale nell'ambito politico-economico dell'Unione. Il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy ha evidenziato come la priorità assoluta per l'Eurozona sia una "Fiskalunion", un'unione delle politiche di bilancio, che permetta un maggiore controllo sulle scelte economiche dei singoli paesi membri. E' evidente che per realizzare tale progetto risulti indispensabile rinunciare ad ampie porzioni della propria sovranità nazionale, un fardello divenuto oramai troppo pesante per gli euro-tecnocrati. Un argomento, quello della sovranità, che fa il paio con quello riguardante lo stato sociale,
definito sempre dallo stesso Van Rompuy, come campo d'azione prediletto su cui impostare le prossime manovre: Vanno infatte "armonizzate", secondo il politico belga, le misure di welfare dei singoli paesi, al fine di un comune miglioramento della competitività dell'Eurozona.
 
Insomma: Debiti, Tagli alla spesa e Sovranità a rischio, l'ennesimo summit, lo stesso copione.

lunedì 25 giugno 2012

C’era Una Volta la Grecia. E l’Italia.


Solitamente si studia, in modo più o meno approfondito, la storia greca a cavallo tra il primo e il secondo anno di scuola superiore. Le gesta degli eroi ellenici, infatti, precedono lo studio della civiltà romana. Persino in letteratura, Omero, in questi anni di apprendimento, occupa uno spazio dominante: Iliade ed Odissea narrano il coraggio, le peripezie e i sacrifici dei soldati greci durante e dopo l’assedio di Troia. Nei libri di storia, invece, si trovano i racconti ormai divenuti leggendari della battaglia delle Termopili e del coraggio spartano, dell’astuzia di Temistocle e dell’intelligenza ateniese, della forza sociale ellenica che sconfigge il piano di dominio persiano. I professori più appassionati all’argomento consigliano di leggere “Lo scudo di Talos” di Valerio Massimo Manfredi, un vero e proprio excursus storico (molto semplice da leggere e alquanto scorrevole) nella Grecia arcaica (e non) vissuto dall’esperienza del protagonista stesso: Talos. Insomma, la storia della civiltà greca è nota, in linea di massima, a tutti fin dai 14-15 anni. E ai giorni d’oggi torna più utile che mai.

Da pochi giorni, infatti, in Grecia siede al governo, il leader di centrodestra Samaras  con l’appoggio inedito  della coalizione di centro sinistra. Una coalizione formata da conservatori (impegnati ovviamente a non abbandonare l’Euro e l’Europa), socialisti (stile cameriere dei banchieri Hollande, socialisti dunque solo di fama) e moderati (impegnati nella denuncia pubblica per il lavaggio del cervello degli attacchi fisici e morali contro le buone e sagge istituzioni greche da parte dei fascisti di “Alba Dorata”). Una coalizione dettata dalla finanza mondiale per attuare i piani di austerity voluti dalle banche centrali private al fine di ridurre il debito pubblico greco e ridurre alla povertà la popolazione ellenica

Eppure una buona parte del popolo greco , nonostante ormai siano passati già anni di sacrifici economici, alle ultime elezioni ha nuovamente dato fiducia ai partiti moderati, democratici, liberali, capitalisti ed usurai. Ha nuovamente preso le distanze dall’estrema sinistra e l’estrema destra greca (che comunque, hanno raggiunto risultati elettorali storici) come a dire: meglio la povertà e la finta libertà, che l’ordine rigoroso e la dignità. Ha nuovamente dato fiducia all’Euro nonostante tutti gli avvisi di austerità. Non ha avuto il coraggio di ribellarsi insieme a quei pochi coraggiosi che per mesi son scesi nelle piazze e nelle strade a manifestare (più o meno civilmente) la loro esigenza di lavoro per un futuro più prosperoso.

Ed ora questa buona parte di popolo attende le misure del nuovo governo. Pronta ancora una volta a piangere in caso di ulteriori sacrifici economici. Pronta ancora una volta a blaterare in caso di fallimento politico. Pronta ancora una volta a scandalizzarsi per una rissa militante ma a tacere ed ad abbassare la testa per una truffa politica ed istituzionale. Pronta ancora una volta ad infangare l’onore dei propri avi che hanno donato la vita per difendere le coste greche dall’assedio straniero. Tutto questo a noi ricorda qualcosa. Ricorda un altro paese dal passato glorioso ma dal presente vergognoso.

Che la Grecia ci sia, quindi, ancora una volta, nel bene e nel male, di insegnamento. Che l’Italia non faccia la sua fine.

domenica 10 giugno 2012

Siria Contro Tutti. O Quasi!

Quando le Nazioni Unite, pilotate come al solito dai governi degli Stati Uniti e delle altre potenze occidentali, dichiararono guerra alla Libia, Sempre Domani denunciò questa vile e pericolosa aggressione con comunicati politici e affissioni di numerosi striscioni in tutta Roma. Ciò che andava sottolineato, ancora una volta, erano due punti fondamentali: primo (ma non per importanza) il progetto di dominio del mondo del neo liberismo americano che non incontrava ostacoli nel suo percorso ormai secolare e che stava colpendo inesorabilmente la porzione del mondo Nord Africano (vedi anche rivolte in Tunisia ed Egitto), secondo la totale mancanza di sovranità politica dell’Italia che rappresentata da un insieme di camerieri della grande finanza internazionale, non ha mai alzato la voce per sottolineare che ne sarebbe uscita danneggiata soprattutto a livello economico. Ovviamente la nostra fu una delle poche voci fuori dal coro e come tale tenuta lontana dai riflettori.

Oggi lo scenario si ripresenta. Forse diverso nella forma,ma non di certo nel contenuto.

In Siria, infatti, (come già riportato in un articolo di Marzo de “Il Maestrale”) è in atto una delle tipiche “rivoluzioni moderne”. Una di quelle rivoluzioni popolari sollevate dal volere finanziario e politico internazionale. Una di quelle rivoluzioni popolari giustificate dalla solita trama: la lotta per la pace in territori infetti dalla tirannia. Una di quelle rivoluzioni popolari che nel consumo di armi e nella divisione sociale ha trovato il suo habitat naturale. Una di quelle rivoluzioni popolari che è costata fin’ora la vita ad oltre diecimila civili (esclusi dunque militari).Una di quelle rivoluzioni popolari cieche, che non hanno una fine e soprattutto un fine (se non quello di spodestare governi scomodi per instaurare fantocci meglio pilotabili).

Il governo Siriano, nazionalista e socialista, è accusato dalle Nazioni Unite di aver represso nel sangue le legittime manifestazioni popolari democratiche negli ultimi mesi. Inoltre  è imputato per la strage di Hula di pochi giorni fa nella quale persero la vita 180 innocenti cittadini siriani (tra cui 40 bambini). Strage per la quale va precisato che il governo siriano si è dichiarato assolutamente estraneo ai fatti.
In realtà però è da anni nel mirino di molti poteri politici. Anche diversi tra loro. Da una parte le sue posizioni laiche non gli hanno attirato la simpatia di alcuni gruppi militari islamici come quello dei Fratelli Mussulmani. Dall’altra il suo sostegno economico ad Hezbollah (partito libanese) e la protezione del movimento palestinese Hamas non gli hanno certo fatto guadagnare un giudizio positivo sul versante atlantico. Inoltre, se si aggiungono le sue posizioni anti israeliane e filo iraniane, il quadro si completa. Insomma un paese scomodo questa  Siria. Non troppo vasto,non troppo ricco ma pur sempre da sconfiggere. 

Così, i neoliberali - imperialisti  atlantisti hanno in un primo momento deciso di mettere in pratica la strategia della “guerra fredda” attuando una seria di provocazioni indirette al governo locale. Hanno convinto migliaia di giovani a scendere in piazza con utopiche speranze. Hanno cacciato dal loro territorio gli ambasciatori siriani in quanto persone non gradite. Hanno sottolineato le atrocità (tutte però da provare)della dittatura di Al Assad, hanno indignato l’opinione pubblica.
Un giorno forse decideranno di attaccare di nuovo militarmente (magari dopo aver superato l’ultimo baluardo di resistenza europea in questa tematica, la Russia, contraria più che mai ad un cambio di regime in Siria). Per ora si godono i morti, gli attentati, la disperazione.

Nel frattempo, a Roma, c’è chi non si è arreso dinanzi a questo progetto di colonizzazione nonostante la totale inibizione della nostra classe politica. Il 16 Giugno, infatti, alle ore 17:00 avrà luogo a piazza del Popolo un manifestazione organizzata dal Comitato Italia - Siria per sostenere la sovranità, il legittimo governo, il popolo e tutta la nazione siriana.

Ovviamente invitati tutti gli uomini liberi !