martedì 19 luglio 2016

"Mai Avere Paura- Vita di un Legionario non Pentito" di Danilo Pagliaro


Da poco presentato sulla terrazza di Casapound a Roma, la fatica letteraria di Danilo Pagliaro ci offre un vissuto autentico e personale all'interno della Legione Straniera.

Corpo militare d'élite dell'esercito francese, fondato nel 1831 dal re Luigi Filippo di Francia ha avuto nel corso della sua vita una fama sempre crescente, in parte per l'alone di mistero e fascinazione che riguardava le storie dei suoi membri ma soprattutto per le sue imprese sul campo di battaglia, una fra tutte la battaglia di Camerone.

Danilo Pagliaro ci riporta all'interno della vita dei legionari senza risparmiare mezzi termini contro chi ne parla a vanvera e senza cognizione di causa e talora smontando alcuni luoghi comuni sovente attribuiti ai soldati dal kèpi blanc.

Dalla sua vita precedente all'arruolamento, all'annullamento della stessa dopo l'arruolamento e dopo alcuni eventi significativi per lui, dalle battaglie più dure combattute dalla Legione al futuro della stessa al netto di una crisi di valori che secondo l'autore oggi non risparmia neanche questo ambiente, il libro in maniera chiara rende onore alla virtù del "mai avere paura", che spiega l'autore non significa non averne bensì non arrendersi mai di fronte a qualsiasi sfida, sia essa grande o piccola, che la vita ed il destino ci pongono davanti.


Senza indulgiare sul contenuto del libro che sicuramente merita di essere comprato e letto tutto d'un fiato, alla vigilia di eventi tragici come quelli che accadono nel nostro paese ed in paesi europei limitrofi la riflessione che suscita il libro del legionario Pagliaro è proprio l'attualità del suo titolo: nostro compito è non aver paura, non arrendersi di fronte a tutto ciò e continuare a difendere quella nostra patria europea, oggi oltraggiata sì da attacchi terroristici e politiche scellerate ma soprattutto dai suoi figli che l'hanno dimenticata.

martedì 12 luglio 2016

La sudditanza come malanno dello spirito


Gli ultimi recenti casi di cronaca che hanno visto la morte di due persone, un americano ed un nigeriano, rispettivamente a Roma e Fermo hanno nuovamente dimostrato come uno dei sentimenti più presenti e vivi spiritualmente tra gran parte degli Italiani sia quello della sudditanza.

Il nostro paese conosce una situazione di mancanza di sovranità economica e politica da ben settant'anni ormai, e ciò sembra avere avuto una sua ripercussione negli atteggiamenti morali e comportamentali di molti nostri compatrioti. Infatti in entrambi i casi sopra citati la reazione istintiva percepita tra social network, giornali telegiornali etc. è stata quella di "dover chiedere scusa". Costernazione, vergogna e ricerca del perdono, hanno riempito l'opinione pubblica mediante ogni canale di comunicazione immaginabile ma anche, e questo forse è l'aspetto più grave, mediante le spontanee esternazioni di tanti concittadini. Sarebbe sbagliato imputare a quest'ultimi, o almeno a tutti, la volontarietà di tali atteggiamenti, questi derivano a nostro avviso dallo smarrimento del ruolo più sottile ed importante della politica, che invece di celebrare eroi(laddove vi siano), costruire su questi eroi nuovi miti o riscoprire i più antichi(vedi l'Iliade), ed educare il nostro popolo al coraggio al destino, ha voluto appiattirsi seguendo i dettami di quest'epoca degradata, appiattendo però così le esistenze non solo degli interpreti politici ma anche dei destinatari ideali dei loro comportamenti, ovvero i cittadini.


Ritornando ai casi specifici, premettendo che di fronte ad ogni morte il silenzio è la pratica più sincera e corretta, vi sono nella nostra storia eventi e morti che ancora attendono una verità, un giudizio si pensi alla strage del Cermis o a quella di Ustica, dove guarda caso protagonista in negativo sono sempre gli Stati Uniti, nazione di provenienza di quel ragazzo, che di certo non per questo meritava di morire ma allo stesso tempo non si necessita, soprattutto per la dinamica fortuita dei fatti, di ulteriori prosternazioni o scuse.

Per il secondo caso avvenuto a Fermo, non ci preme tanto sottolineare che lo stesso trattamento mediatico e politico non fu riservato ad un giovane italiano morto sgozzato pochi mesi prima a Terni, per dinamiche "simili", questo ennesimo sintomo di scollamento tra classe politica e popolo, ma tanto il fatto che questi stessi soggetti si siano subito dilungati in interviste, giudizi e dichiarazioni senza nemmeno aspettare le prime perizie che ad esempio ribaltano le iniziali versioni spiattellate qua e là, e senza tenere conto dell'esistenza di diversi testimoni le cui testimonianze discordano con la versione da Alfano Renzi e Boldrini sostenuta e divulgata.


Insomma comportamenti di getto quasi mossi da risentimento verso il loro stesso popolo, additato come razzista intollerante ma in realtà solo vittima di folli politiche immigrazioniste. 
Ebbene finché la politica non tornerà a ricoprire quel ruolo anzidetto, difficilmente molti cittadini potranno riscoprire un modus vivendi di coraggio verso ogni sfida posta dalla vita, ma continueranno a seguire la via delle scuse della costernazione, della sudditanza.