martedì 15 dicembre 2015

Il problema immigrazione nelle periferie

Il principale cambiamento che negli ultimi dieci anni hanno dovuto subire le periferie è sicuramente relativo all' ambito migratorio. Sono presenti molti più extracomunitari che in passato. Considerato che le condizioni di vita sono peggiorate, la conseguenza più evidente ma allo stesso tempo drammatica è che sono aumentati spaccio, criminalità, numero campi rom e occupazioni abusive.

Stufi dell'inefficienza politica e di un sindaco che ha voltato le spalle alle priorità politiche della città, molte sono state le manifestazioni che hanno coinvolto reti di liberi cittadini contro il fenomeno immigratorio. Tra queste possiamo ricordare la manifestazione contro i campi rom abusivi a Ponte di Nona e quelle più recenti del Tiburtino III e di Casale San Nicola, dove a pagare con l'arresto sono stati i ragazzi di Casa Pound colpevoli di aver difeso gli italiani dalle cariche della polizia. Ma non sempre le manifestazioni si sono risolte in cortei e sit-in organizzati. Infatti, parecchie volte, la rabbia dei romani è sfociata anche in modi più radicali. Basti pensare a Tor Sapienza che in poche ore è divenuta centro dell'interesse mediatico nazionale.

Ciò che i cittadini rimproverano alla classe politica è sicuramente il fatto di tutelare economicamente e giuridicamente persone che non hanno alcun diritto a stare in Italia, che non fuggono da persecuzioni come vogliono farci credere e che fanno di tutto per non integrarsi isolandosi con gruppi di proprio connazionali.

Il caso mafia capitale non ha insegnato nulla agli italiani e alla politica. Nessuno ha capito che dietro l'immigrazione celano interessi economico-finanziari a vantaggio dei soliti noti. E che, soprattutto, non ci sono preoccupazioni umanitarie per questi soggetti.
Basterebbe poco per cambiare la situazione: fuori dall'Italia i non aventi diritto e ospitati i rifugiati ma messi in condizione di potersi integrare lavorando gratuitamente per la collettività (per esempio pulendo le strade, imbiancando i muri, ecc. ecc.)

Chiamateci pure populisti...

giovedì 10 dicembre 2015

Lo Spazio Libero Tenaglia e le recenti manifestazioni a Roma

Sin dalla sua nascita, il 14 Dicembre 2011, lo Spazio Libero Tenaglia, è stato, ed è tuttora, in prima linea al fianco dei cittadini, per contrastare qualsiasi forma di degrado. Negli ultimi anni, non solo nel quartiere Appio Tuscolano, ma in tutta la città, incuria ed abbandono sembrano aver delineato un connubio indissolubile soprattutto a causa delle evidenti incapacità governative degli organi preposti al decoro della Capitale. Tempi duri per i diversi enti istituzionali: negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una vera e propria paradossale escalation tutt’altro che positiva.

Sebbene l’era Marino sia finalmente tramontata, ciò non si può dire per tutte quelle questioni e problematiche che gravano ancora oggi sulle spalle degli onesti cittadini. Dai centri di accoglienza ai rom, dai trasporti inefficienti alle discariche a cielo aperto, se c’è chi si abbandona a tutto questo, rinunciando in partenza al proprio sacrosanto diritto di vivere la città in totale sicurezza, fortunatamente c’è anche chi, porta avanti, giorno dopo giorno, numerose battaglie per assicurare ai cittadini dignità e rispetto.

In questi quattro anni lo Spazio Libero Tenaglia è sceso in campo più e più volte per denunciare, sensibilizzare, rimediare a tutti quei disagi che le singole istituzioni non sono riusciti a risolvere, mettendo ben in evidenza questioni di massima importanza per i singoli abitanti, non soltanto del quadrante. Con tenacia, impegno e volontà, sono state organizzate decine di manifestazioni contro il degrado dilagante della Capitale, sono stati creati degli sportelli sociali in grado di soddisfare le esigenze dei residenti, sono state portate all’attenzione dei media questioni che nessun altro era
riuscito a porre così tanto in evidenza. Senza ombra di dubbio una delle più importanti battaglie che il Tenaglia ha sostenuto, e continua a sostenere ancora oggi, riguarda la ben nota situazione all’interno dell’ex cartiera di Via Assisi, stabile più volte occupato, divenuto nel corso del tempo sede di spaccio e microcriminalità. Attraverso una serie di azioni mirate, grazie anche all’incessante voce degli attivisti, la cartiera è stata finalmente sgomberata ed è tuttora in corso la bonifica dell’area. Una vittoria meritata, che si concretizzerà ancor meglio nel momento in cui verranno presi seriamente in considerazione tutti quei progetti che proprio lo Spazio ha realizzato in questi mesi per far sì che l’intero stabile sia messo a disposizione dei cittadini tramite la realizzazione di luoghi aggregativi.
Non si ferma qui l’operosità degli attivisti, impegnati anche nella restituzione di un polo sanitario, mancante nel quartiere, grazie alla riqualificazione della struttura polivalente situata ad Arco di Travertino.

Il Tenaglia è anche solidarietà, partecipazione e collaborazione attiva con altre associazioni appartenenti ad altri quartieri di Roma. Recentemente si è svolta nella Capitale una manifestazione a favore delle persone diversamente abili. Contro i tagli del governo Renzi, gli attivisti sono scesi in piazza per ribadire il loro incondizionato sostegno nei confronti di “tutti coloro che non devono chiedere ma avere diritto”.
Ed è con lo stesso spirito che gli attivisti dello Spazio hanno partecipato ad una grande manifestazione il 24 maggio scorso contro la presenza di numerosi campi nomadi in altrettanti quartieri romani, hanno pesantemente denunciato l’abbandono dei vecchi capannoni lungo Via della Stazione Tuscolana, carichi di amianto e per questo motivo estremamente dannosi per la salute dei residenti, hanno protestato per la chiusura del teatro di Villa Lazzaroni ed hanno organizzato diverse giornate ecologiche per migliorare la vivibilità del quadrante. Continuano quotidianamente a portare avanti le proprie battaglie politiche forti delle proprie idee, consapevoli che oggi, lo Spazio Libero Tenaglia, rappresenta una realtà territoriale fondamentale per i cittadini.

martedì 8 dicembre 2015

Intervista a Emanuele Mancini, presidente del comitato Appio-Tuscolano di Roma

Nel bimestre di Novembre e Dicembre approfondiremo il tema delle periferie delle metropoli italiane e dei loro principali problemi legati al degrado e alla microcriminalità. A riguardo abbiamo contattato Emanuele Mancini, presidente del comitato Appio-Tuscolano di Roma, una delle associazioni di quartiere più attive nella capitale. Abbiamo rivolto lui qualche domanda al fine di farci capire meglio come agisce il comitato, da chi è composto, con quali finalità e soprattutto quali risultati abbia raggiunto riguardo le problematiche territoriali. Lo ringraziamo fin da subito per la disponibilità a rilasciarci l'intervista.

- Ciao Emanuele, cominciamo subito con la prima domanda: Quando, perché e con che finalità è nato il comitato di quartiere Appio-Tuscolano?

- Ciao ragazzi, intanto grazie a voi per l'intervista che di sicuro è una possibilità di diffusione maggiore per le iniziative del comitato, allora risposto immediatamente: Il comitato di quartiere Appio Tuscolano nasce nel 2010 con l'intento di affrontare direttamente le molteplici problematiche legate al quartiere ed in particolare il degrado, l'abbandono delle aree verdi, la sicurezza, il trasporto pubblico. Nasce cosi in quel periodo lo sportello per il territorio attivo tutti i venerdì presso via assisi dove i residenti segnalano le diverse problematiche al comitato il quale attraverso lettere e comunicazioni o petizioni sollecita le istituzioni locali per risolvere tali problematiche. Il comitato in assenza delle istituzioni diventa il controllore e l'intermediario tra residenti e municipio.

-Quali sono state Le prime battaglie e le più importanti vittorie?

-Le vittorie in questi anni sono state molteplici: siamo riusciti attraverso un progetto a costo zero a deviare nel quadrante di Via assisi/ via Nocera Umbra la linea Atac 665 dando sollievo e agevolando centinaia di residenti che si trovavano da sempre tagliati fuori dalle stazioni metro ponte lungo e Furio o Camillo e dai treni della stazione tuscolana.Un altra vittoria è  stato il riposizionamento dei cassonetti dei rifiuti spostati per diversi mesi a centinaia di metri di distanza creando disagi ai cittadini soprattutto anziani che erano costretti a percorrere più di 600 metri per gettare i propri rifiuti.
Attraverso le giornate ecologiche svolte in questi anni abbiamo sensibilizzare con le nostre azioni volontarie i cittadini e le istituzioni locali ad una maggiore pulizia del territorio...ma su questo c'è ancora molto da fare.

La più grande vittoria comunque rimane lo sgombero e la bonifica dello stabile dell'ex cartiera una battaglia portata dal sottoscritto e dal comitato a tutti i livelli cittadini e nazionali....una battaglia durata più di sei anni che ci ha visto in primissima linea per la risoluzione di un problema diventato grave per la sicurezza e la salute pubblica dei cittadini risolto dopo esposti, dirette televisive, petizioni, interpellanze municipali e interrogazioni parlamentari.

- Il comitato è legato a qualche partito o movimento politico?

- Il comitato non è mai stato legato a nessun partito o movimento politico....ma negli anni ha sempre collaborato con lo spazio libero tenaglia in quanto lo stesso ha messo a disposizione dei cittadini il proprio locale ogni venerdì pomeriggio per riunioni o assemblee e per le segnalazioni di cui sopra.

- Avete contatti con altri comitati? E avete mia organizzato qualche iniziativa insieme?

-Sì abbiamo contatti con altri comitati ....nel novembre del 2014 abbiamo organizzato un incontro presso la sede di via assisi per creare una rete comune sul territorio e collaborare insieme su più zone di Roma. Abbiamo contatti con il tiburtino, ponte di nona, torre angela, appio Claudio, Tor sapienza, comitato popolare appio latino etc...le iniziative in questi anni sono state molte manifestazioni contro il degrado e la chiusura dei campi Roma, manifestazioni su ex cartiera su barriere architettoniche dei disabili, spreco edilizio ecc. ...

- Allarghiamo il raggio: Roma città diventata negli anni  molto complicata per i cittadini, con pochi servizi, tanto degrado ed un enorme tasso di microcriminalità, come ci si è arrivati secondo te? colpa dei sindaci, dei romani o delle politiche nazionali?

- Io credo che le responsabilità come nelle aziende siano piramidali...sicuramente i primi responsabili sono il governo centrale che sia attraverso le scellerate politiche economiche di austerità e sia per le scellerate politiche sull'immigrazione abbiamo creato seri problemi soprattutto in quei quartieri periferici dove il disagio sociale è maggiore ovviamente poi le responsabilità a pioggia sono arrivate fino alle istituzioni locali...le quali dovrebbero dare delle priorità ai problemi primari dei cittadini : lotta al degrado, pulizia aree verdi, assistenza anziani e disabili.
Noi come cittadini abbiamo sempre considerato la priorità per gli italiani in difficolta e poi in caso per gli altri ospiti di questo paese.

- Cosa può fare un normale cittadino per Roma? Si può cambiare la città con piccoli gesti e azioni simboliche?

- Sì la città si può cambiare con la partecipazione diretta dei cittadini, la responsabilità degli stessi e il sacrificio e la disponibilità da parte di tutti al miglioramento anche solo del quartiere dove si vive. L'errore più grande è pensare sempre di delegare ad altri lamentandosi senza agire

- Quali sono le principali Urgenze che il prossimo sindaco dovrà affrontare nella città di Roma per migliorare le condizioni di vita nelle periferie?

Secondo me le urgenze che il prossimo sindaco dovrebbe prendere in considerazione sono:
sicurezza, lotta degrado e all'abusivismo, trasporto pubblico, bonifica aree verdi, assistenza anziani e disabili, chiusura tutti i campi rom

- Ci sono Futuri progetti del comitato Appio- Tuscolano?

-Il comitato appio tuscolano da qualche mese e sta seguendo una nuova battaglia legata ad una struttura polifunzionale terminata due anni fa ma mai aperta.....un vero spreco edilizio.
Inoltre porteremo avanti battaglie a favore dei disabili costretti a subire sempre continui tagli sui servizi, continuiamo a monitorare la situazione del quartiere e stiamo pianificando una serie di giornate ecologiche per la prossima primavera


Grazie Emanuele sei stato assolutamente esaustivo e in bocca al lupo per le attività del comitato.

domenica 6 dicembre 2015

Le principali proposte politiche e territoriali dello Spazio Libero Tenaglia


Lo Spazio Libero Tenaglia è uno spazio sociale situato a via Assisi 140 e da 4 anni ormai è il fulcro di tutta una serie di iniziative che vedono impegnati i volontari del “Tenaglia” stesso, nel quartiere.

Pensiamo infatti che la nostra città sia vittima della negligenza e trascuratezza della classe politica capitolina e da faro di civiltà sia stata ridotta a simbolo di degrado e criminalità. La risposta alla Roma di Suburra è quella di riprendersi la nostra città e farlo significa riappropriarsi di ogni quartiere, rione, sampietrino e monumento. Per questo la lotta parte proprio da quei quartieri ed i loro cittadini con questi, come l’Appio tuscolano, che tra l’altro si trova ad appena 10 minuti dal centro di Roma, abbandonati a se stessi.

Il nostro spazio fin da subito si è caratterizzato per una forte impronta sociale, al di là degli sportelli offerti di altro tipo(ripetizioni di lingue, assistenza legale gratuita, calcolo del CAF, “Bacheca Sociale” ed altri aiuti nel cercare lavoro), ha riservato uno dei giorni di apertura alle segnalazioni della cittadinanza riguardo i problemi del quartiere.

Una delle prime iniziative fu proprio la proposta di riqualificazione del c.d. Quadrante(formato da quattro vie limitrofe a via Assisi essa compresa) che passava attraverso 5 punti fondamentali. Questo progetto presentato ai cittadini era frutto non solo del lavoro dei volontari, ma delle perizie di architetti ed esperti del settore.

Punto chiave dei 5 citati, era proprio la riqualifica della Ex Cartiera a via Assisi che prevedeva si lo sgombero della struttura, ma anche l’offerta effettiva e dignitosa di una soluzione abitativa per le famiglie italiane lì dimoranti da più di 8 anni. Ora il problema ha avuto il suo risalto mediatico e quindi le istituzioni sembrano aver seguito i riflettori delle televisioni e finalmente sembra si siano interessate a risolvere tale situazione di degrado. Proprio nel corso degli anni sempre il Tenaglia organizzò un’importante fiaccolata di solidarietà per la donna(tra l’altro madre) che per un colpo ricevuto da uno dei “frequentatori” dell’Ex Cartiera finì in coma, che vide la partecipazione di 300 cittadini. Alla fiaccolata seguì infine una Petizione popolare prima cartacea, poi anche on-line che ha raccolto migliaia di firme ed è stata anche oggetto di un intervento parlamentare.

Da ormai 2 anni poi, lo Spazio Libero Tenaglia organizza con scadenza regolare delle “Domeniche ecologiche” ove cittadini e volontari, armati di scope e ramazze, ripuliscono le vie più degradate del quartiere e non solo.

Recentemente poi, è stata iniziata una seconda Petizione popolare questa volta riguardante la struttura “fantasma” di Arco di Travertino: un centro polifunzionale mai reso accessibile al pubblico dopo 10 anni di lavori e milioni spesi per i lavori.

Insomma se ancora non fosse chiaro, laddove le istituzioni e politicanti vari latitano lo Spazio Libero Tenaglia è sempre pronto a supportare fattivamente i cittadini nelle loro legittime proteste, senza se e senza ma come fa ormai da 4 anni a questa parte.

In allegato trovate i link delle petizioni attualmente on-line che potete firmare con un semplice “click”:

- Ex Cartiera via Assisi: https://www.change.org/p/comune-di-roma-capitale-sindaco-ignazio-marino-presidente-vii-municipio-susana-ana-maria-fantino-petizione-pubblica-per-il-risanamento-dell-ex-cartiera-situata-in-via-assisi-157-163

- Arco di Travertino: https://www.change.org/p/presidente-regione-lazio-nicola-zingaretti-direttore-direttore-direzione-regionale-salute-e-integrazione-sociosanitaria-comune-di-roma-asl-roma-c-presidente-vii-municipio-susana-ana-maria-fantino-centro-arco-di-travertino-attivazione-della-strut

martedì 1 dicembre 2015

Breve storia dello sviluppo delle metropoli italiane

Il più significativo cambiamento che negli anni ha modificato il volto delle città italiane è senza dubbio il passaggio dal centro urbano tradizionale alle aree metropolitane moderne, contornate da diversi comuni limitrofi. Assistiamo oggi all’aumento di cittadini  in "continuo movimento” per motivi occupazionali. È questo quello che gli esperti chiamano il fenomeno di espansione-dispersione nel modello della “città diffusa” o “città infinita”.

Ma come siamo arrivati a questo stadio evolutivo? Nel corso del tempo possiamo immaginare un’espansione sempre maggiore con una sequenza a catena. Quelli che oggi sono i comuni "esterni",domani potrebbero addirittura diventare il "centro" di altre aree metropolitane. Un’espansione divenuta inevitabile con il crescere del fenomeno dell’immigrazione che ha aumentato notevolmente la densità delle nostre città.

È il novecento il periodo in cui si comincia a parlare di periferie. Architettura e urbanistica sono le parole chiave di crescita urbana ininterrotta e costruzione intensiva di nuovi quartieri. La periferia moderna vede un’alternanza suburbana tra case,zone rurali e zone industriali. Le case erano pensate per dare alloggio agli operai che lavoravano nelle fabbriche. Dagli anni trenta e con un picco nel dopoguerra si ha questa esplosione di movimenti di massa che portano alla migrazione verso fuori città e di conseguenza alla creazione delle periferie. Succede che il centro storico si accresce di valore economico,dato positivo quindi,ma dal punto di vista sociale abbiamo l’espulsione della classe media e della popolazione meno facoltosa che è obbligata a trasferirsi all’esterno della grande città, ovviamente questa migrazione è dovuta anche alla ricerca di condizioni di vita migliori e anche di costi abitativi  alla portata di tutti.

Questa crescita delle periferie fu vista con entusiasmo fino agli settanta. Ci si immagina l’integrazione delle classi meno abbienti da un lato e la maggiore sensibilità politica,sociale e sindacale dall’altra. Ma il tempo pian piano ha cambiato le carte in tavola. Ed è stato alla fine del novecento che si è rotto questo finto equilibrio con la crisi del modello urbano moderno e di conseguenza delle periferie. Si svilupparono cosi le prime forme di degrado e microcriminalità che portarono addirittura, in alcuni casi, alla demolizione di molti quartieri periferici realizzati tra gli anni cinquanta e settanta. Per esempio tra il 1997 e il 2003 sono state demolite tre delle sette vele di Scampia a Napoli che erano state costruite tra il 1962 e il 1975 da Franz Di Salvo.


Dalla metà degli anni settanta quindi si ha un dietrofront sul concetto delle periferie. Sorgono progetti più simbolici che sociali,come lo Zen a Palermo o Corviale a Roma,e la periferia diventa quella parte di città in cui esplodono tutte le problematiche a noi note oggi. Come, per dirne una su tutte, la falsa integrazione tanto voluta dalla politica è il "regalo" che hanno fatto solo ed esclusivamente alle periferie. Oppure il problema dei campi rom, ormai noto a tutti. Veri centri abitativi con tanto di sorveglianza in cui i casi di delinquenza non fanno più notizia. Nelle zone adiacenti a questi campi rom si manifestano furti,scippi,rapine,spaccio. Queste sono le periferie volute dalla politica,letteralmente abbandonate e fatte gestire dalla criminalità organizzata. Scompare la distinzione tra periferia legale e periferia illegale.
Per quanto riguarda Roma, va sottolineato che la classe politica chiamata a guidarla tra gli anni 60 e 70 ci ha messo il carico con la sanatoria delle borgate abusive nel 1975. Nel decennio 1950-1960
abbiamo assistito al periodo di maggiore crescita edilizia della nostra città,la popolazione si è praticamente raddoppiata passando da poco più di un milione di abitanti a più di due milioni. È in questo periodo che è avvenuto il contrario di quello che sta accadendo oggi. Abbiamo quindi Roma al centro di tutto e dalle campagne e dai comuni limitrofi si riversano tutti nella capitale. Iniziarono a sorgere i primi nuclei isolati immersi nelle campagne e per colmare i vuoti vennero costruite le grandi vie consolari. Aumentavano gli alloggi,aumentava anche la popolazione di migranti. Quest’ultimi venivano impiegati come manodopera non qualificata nell’edilizia. Già a quei tempi era presente una forte speculazione immobiliare che causava la nascita di abitazioni di scarsa qualità. L’amministrazione comunale non pianificò questa nuova fase e quindi l’edilizia venne presa in mano dai palazzinari che ritroviamo anche oggi a dettare legge. Dal dopoguerra quindi si vennero a creare periferie di matrice speculativa e a bassa qualità insediativa causando problemi che ancora oggi ci portiamo dietro come per esempio la mobilità e i pochi collegamenti con il centro città. Oggi le periferie sembrano terra di nessuno perché abbandonate,in cui regna il degrado e in cui ogni forma di Stato sembra non essere mai esistita. Si è costruito troppo e troppo in fretta perdendo di vista l’aspetto più importante,ossia quello umano.




Il "pezzo forte" delle periferie di oggi,sia di Roma che di altre città,sono gli enormi blocchi di cemento che vanno a sostituire parchi e aree verdi. Mega palazzoni in cui ognuno ha il suo buco in cui vivere e dove viene a mancare completamente il rapporto con gli altri residenti. La società ci ha regalato questo,si va sempre di corsa,non ci si ferma mai. Sembra come se fossimo trasportati da una scala mobile e tutto si ripete ogni giorno allo stesso modo.

Eppure i residenti non chiedono molto: solo periferie ben collegate con il centro,rivalorizzate e umanizzate. Chiedono più spazi ricreativi e culturali in modo da poter indirizzare nella giusta strada i ragazzi più giovani. Si chiama tutela del bene pubblico, del bene collettivo. Non so se ci spieghiamo...

domenica 25 ottobre 2015

Sintesi del Sesto Appuntamento con Gymnasium


Martedì 8 Settembre, data infausta per la nostra terra , ha avuto luogo l’ultimo appuntamento del Centro Studi Gymnasium presso “L’Universale”.
Dopo una doverosa parentesi sull’accaduto del 8 Settembre, gli argomenti svolti sono stati l’omicidio Gentile e la stage di Codevigo.
Giovanni Gentile, nasce a Castelvetrano il 29 Maggio 1875,  fu un fascista liberale e considerato uno dei pochi che avrebbe potuto gestire l’Italia nel dopo guerra. Proprio a causa di questa sua capacità, della sua grande cultura e del suo grande senso di umanità Giovanni Gentile venne assassinato. Testimonianza dei suoi grandi progetti per l’Italia, fu il discorso del 24 Giugno del 1943 al Campidoglio, pochi giorni prima dello sbarco degli americani in Sicilia. Il suo intervento  si basava sulla difesa della nostra identità ma anche su un profondo senso di pacificazione. Il 15 Aprile del 1944 Giovanni Gentile venne assassinato.
La strage di Codevigo, avvenuta tra il 29 Aprile e il 15 Maggio del 1945, segnò una tragica pagina della nostra storia che fu per molto tempo tenuta nascosta.

L’IIX armata britannica affiancata dal gruppo di combattimento di Verona, attraversava il Po’ in marcia verso Nord, a guerra praticamente finita. I cosiddetti “liberatori”, arrivati a Codevigo il 29 Aprile, per prima cosa uccisero la maestra del paese e altre tre persone. Successivamente si fecero dare degli elenchi dal comitato di liberazione nazionale, dei fascisti fatti precedentemente prigionieri. Li unirono in un solo gruppo e gli promisero di portarli a Verona per essere processati. Nessun fascista arrivò mai a Verona, ma vennero tutti uccisi a Codevigo e i loro corpi buttati e abbandonati nei fiumi.

giovedì 22 ottobre 2015

Pressione fiscale all'italiana

Ormai è cosa risaputa che in Italia la pressione fiscale abbia raggiunto livelli inaccettabili che stanno sempre più schiacciando famiglie e piccole-medie imprese. Ne abbiamo parlato già in passato e ne stiamo parlando in questo bimestre. Poche sono state le iniziative governative atte ad inventire il trend di crescita delle tasse e a finanziare l'industria, vero motore di un paese. Che sia frutto di un disegno più alto, non è dato saperlo con certezza, ma certo ormai è difficile non pensare che ci sia qualcosa sotto. Non serve una laurea in economia e commercio per capire che l'austerità non porta benefici all'economia reale. Non serve una laurea in scienze politiche per capire che l'impoverimento porta malumore sociale e quindi instabilità politica. Eppure i sapientoni dell'alta politica italiana continuano a fare finta di nulla...

Secondo i calcoli dell'Ufficio studi Confcommercio, il peso del fisco in Italia è al 53,2% del Pil. La cifra più alta del mondo. Più delle storiche alte pressioni fiscali danese o francese. Sempre secondo questi recenti dati, a fronte di un aumento della pressione fiscale in Italia del 5% dal 2000 al 2013, il Pil procapite è sceso del 7%. Insomma, aumentano le tasse e aumentano i danni. E lo sapete qual è il bello? Che abbiamo avuto anche governi "tecnici" con gente lureata alla Bocconi che millantava titoli di studio per risolvere problematiche della nazione. Ma andiamo avanti...


Pochi giorni fa il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dell'economia Padoan hanno illustrato quelli che sono i loro progetti di finanziaria per la fine dell'anno. Lo hanno chiamato "Patto con gli italiani". Praticamente, secondo loro, gli italiani rinnoveranno loro la fiducia elettorale. Anzi gliela concederanno per la prima volta, visto che sono al governo solo grazie a un ricchissimo quanto inutile ottantenne di nome Giorgio Napolitano, per gli amici "Re Giorgio", mentre il governo si impegnerà ad abbassare le tasse di cinquanta miliardi in cinque anni. Prima via le tasse sulla casa (che loro votarono, sempre sotto il potere di Re Giorgio), successivamente diminuizione dell'Ires, e infine tagli ll'irpef. Insomma un garande impegno che è costato al duo Renzi-Padon ben sei mesi di ricerca delle coperture per questi cinquanta miliardi. Finalmente Renzi ha trovato un altro motivo per apire bocca e vantarsi di risultati ancora mai ottenuti. Non a caso sulle coperture ancora non c'è certezza (sei mesi ci hanno messo per cercarle). L'unico dato che sappiamo è che le accise aumenteranno, mentre nel caso in cui il governo non coprisse la manovra, l'IVA aumenterebbe di nuovo (la clausola l'ha inserita il governo stesso l'anno scorso col bonus degli ottanta euro). Ma uno pensa: va bè ma dietro ogni finanziaria ci sono previsioni e ogni governo alla fine ha coperto la propria manovra, anche perchè ormai è l'Europa che ci controlla. Bene, a queste persone noi rispondiamo che solo l'anno scorso il governo Renzi fece delle previsioni di Spending Review che non diedero i frutti sperati (tra cui l'aumento delle tasse sulle rendite finanziarie)e che quindi per mantenere gli ottanta euro di bonus (o paghetta, come preferite chiamarla) dovette ricorrere a drammatici tagli, tra cui quelli alla sanità e al fondo per i disabili, ormai sempre più asciutto. Chiaramente con il benestare dell'Europa...


In poche parole, con un velo di umorismo, abbiamo voluto sottolineare un dato di prima importanza sia politica che economica: siamo in mano a degli incapaci, camerieri dell'alta finanza mondiale, travestiti da professoroni universitari impegnati quotidianamente a dirci cosa dobbiamo pensare e perchè farlo. E soprattutto di non fare i populisti e di credere nelle loro capacità di problem solving. Perchè loro sono laureati alla Bocconi, noi al massimo all'università pubblica. E i frutti del loro lavoro si vedono tutti....

venerdì 16 ottobre 2015

La Pressione Fiscale Aumenterà, Nonostante Quello che dice Renzi

Tornare al passato per guardare al futuro riscoprendo il prestigio della nostra Nazione: senza ombra di dubbio in questa semplice frase è racchiusa l'essenza di ciò che potrebbe essere, quell'ideale, quello spirito che quotidianamente ci spinge a credere ancor più fermamente nelle nostre idee, nelle nostre convinzioni. Del passato dovremmo riprendere i fuochi per risollevare le sorti del nostro paese, il cui destino continua ad essere manovrato dai soliti burattini al governo, fantocci a loro volta nelle mani di un sistema scellerato e deleterio. Il passato dovrebbe esser quel vettore, quel punto di riferimento con cui confrontarsi, rintracciando negli esempi trascorsi, soluzioni che potrebbero essere facilmente messe in pratica per risolvere problematiche quanto mai attuali. Dinamiche che evidentemente continuano a sfuggire a chi da decenni governa la nostra Italia, a chi da fin troppo tempo ha condannato ed oscurato la Bellezza e la Grandezza del paese, solo ed esclusivamente per un proprio tornaconto personale, alimentando il rancore degli italiani, delusi ed inferociti per le continue prese in giro. 

Negli anni passati i problemi del territorio si risolvevano applicando una serie di riforme politiche concrete, mirate a favorire il benessere dei singoli cittadini: esempio lampante riguarda la questione economica. Decenni or sono le crisi economiche furono districate trasformando e modificando l'assetto italiano in modo da bloccare la crescita, ad esempio, della pressione fiscale, tema attualissimo, incentivando inoltre diverse attività. Oggi la situazione appare completamente ribaltata:ormai si percepisce veramente quella voluta sensazione di repressione del diritto ad essere italiani. Chi poi, altro non fa che aumentare questo clima di insoddisfazione, è certamente Renzi, con tanto di squadra al seguito, che in così poco tempo è riuscito ad affondare con la sua più che nota  politica criminale delle promesse, la situazione, anche e soprattutto economica della nazione. Un problema che sta diventando realmente ingestibile, e che lo stesso Premier continua a trascurare, millantando risoluzioni inefficienti, riguarda appunto la questione della pressione fiscale. L'Italia non è solamente ai primi posti nel mondo per ciò che concerne l'aumento di questo valore, ma continua ad esser considerata il fanalino di coda nei confronti degli altri paesi europei. Probabilmente, nei suoi squallidi sogni di gloria, il "caro" Renzi non ha considerato la crescita esponenziale del debito pubblico, che continua ad essere davvero troppo alto alimentando un forte rischio di inversione di tendenza degli attuali bassi tassi di interesse. 

Che la situazione economica non rispetti minimamente ciò che Renzi&Co. proclamano a gran voce davanti le telecamere delle più svariate trasmissioni televisive, è sotto gli occhi di tutti: a pagarne le conseguenze peggiori sono gli onesti contribuenti, quei lavoratori che giorno dopo giorno vedono sfumare i propri diritti, quei tanti cittadini italiani obbligati a chiudere la propria attività commerciale perché costretti a pagare lo scotto di chi si comporta in maniera scorretta.

 E c'è di più: è paradossalmente aumentato a dismisura il numero degli sfiduciati, ovvero di tutti coloro che il lavoro non lo cercano neanche più, o delle donne che dopo la gravidanza non riprendono la loro consueta attività lavorativa. E in tutto questo il Premier cosa fa? Continua a farsi "bello" agli occhi di chi in realtà può far benissimo a meno di lui, spendendo somme capitali, e promettendo un'Italia che va a rotoli. Recentemente ha addirittura annunciato che il Pil crescerà nel 2015 ancor più di quanto previsto nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def). E userà questo nuovo margine per tagliare l'Ires già dal 2016, e non come era stato previsto, a partire dal 2017. Secondo Renzi questa operazione farà diminuire la pressione fiscale. Ecco appunto, secondo lui. Sì perché quello che è scritto nei documenti ufficiali del governo racconta un'altra storia: la pressione fiscale aumenterà ancor di più nel triennio 2015-2017. Anzi, è già aumentata di ben tre decimali (dal 43,4% al 43,7%) dal 2014 al 2015, durante l'anno dei famosi 80 euro. Secondo la Nota del Def infatti, la pressione fiscale crescerà dal 43,7% del 2015 al 44,2% del 2016 e ancora fino al 44,3% del 2017. Altro che abbassare le tasse! Queste potrebbero calare leggermente se il governo disinnescasse davvero le clausole di salvaguardia che prevedono l'aumento dell'Iva e delle accise. Ma ovviamente nei documenti che sono stati presentati non vi è traccia di come effettuare questi cambiamenti, molto probabilmente perché non si sa da che parte cominciare. 

Renzi dunque continua a prenderci in giro; così facendo, in poco tempo, molti più italiani si ritroveranno nel guado, costretti da queste miopi visioni del Presidente che incessantemente sogna un futuro fin troppo incerto. Possibile che a nessuno sia venuto in mente che per risolvere queste questioni sarebbe opportuno investire tempo e risorse nelle politiche sociali, garantendo così una possibilissima via di salvezza per la Nazione? Evidentemente no, o forse, volutamente no.

sabato 10 ottobre 2015

Come uscimmo dalla morsa della (re)pressione fiscale



Spesso tanti di noi pensano che la ricchezza equivalga automaticamente alla felicità. E spesso la  ricchezza oscura aspetti più importanti della nostra vita . E quando il materialismo supera lo spirito possiamo affermare che stiamo andando verso una strada sbagliata. Il nostro compito è quello di dare importanza al denaro, senza trascurare quei valori con cui siamo cresciuti. Ecco quindi l’importanza del lavoro e del guadagno. Con il lavoro poi, paghiamo le tasse per avere dei servizi pubblici erogati dalle istituzioni. Ma funziona così facilmente? No. Almeno per quanto riguarda l'Italia. Lo Stato italiano, che va a prelevare quasi la metà del reddito prodotto da ciascuno di noi, utilizza fondi pubblici per finanziare le proprie attività che non sempre vanno a favore dei citttadini. Questa è ad oggi la situazione del nostro Paese. E più si va avanti con gli anni, più la pressione fiscale aumenta.

Il rapporto tra imposte sommate ai contributi sociali e il Pil,appunto la pressione fiscale, è un indice di quanto lo Stato “chiede” ai cittadini. Ovviamente l’Italia mantiene i primi posti riguardo ai dati sulla pressione fiscale,infatti risulta uno dei Paesi con la percentuale più alta. Purtroppo è il podio sbagliato su cui sederci,ma d'altronde non è facile far capire a chi ci governa che qualcosa non va. Pensate che a turno ogni partito,durante le campagne elettorali,fa della pressione fiscale uno dei cavalli di battaglia per battere l’avversario. A mostrare che la pressione fiscale nel nostro Paese è elevata ci viene in aiuto l’Istat. Si calcola che nel 2008 la pressione fiscale è stata pari al 42,9%,nel 2009 al 43,2%,nel 2011 al 42,5%(l’illusione di un piccolo ribasso),nel 2012 al 44%,nel 2013 al 44,3% e negli anni a seguire sempre in crescita ponendo l’Italia ai vertici europei.


Ma non sempre un elevato indice di pressione fiscale è un dato negativo. Se prendiamo ad esempio la Svezia e la Danimarca notiamo che storicamente hanno valori elevati di pressione fiscale durante ogni anno ma hanno un’ottima efficienza delle strutture sanitarie e delle politiche sociali. In casa nostra i vari governi pensano invece a tassare i contribuenti per cercare di sanare i conti pubblici. Ecco quindi che vengono colpiti un po’ tutti da questa ormai famosa crisi,dagli imprenditori fino ai lavoratori. Si calcola che un’impresa in Italia in media deve restituire il 65% degli utili sotto forma di tasse. Succede quindi che molte imprese chiudono sia per la crisi e sia perché lo Stato si prende tutto quello che si produce. Una forbice da cui è difficile liberarsi e da cui purtroppo tanti imprenditori ne sono usciti solo con l'estremo gesto finale del suicidio. Inoltre, per più di trent’anni la classe politica è riuscita a spaccare il nostro Paese in due,al sud grazie a trasferimenti e sussidi,al nord navigando negli interessi dei bot. Negli anni ottanta scoppia il boom del debito pubblico. Dal 1985 al 1993 la pressione fiscale passa dal 35% al 43% e il debito pubblico raggiunge il recordstorico,pari al 120% del pil.

Finora abbiamo parlato della pressione fiscale ideale,ma esiste,specie nel nostro Paese,la pressione fiscale reale. Abbiamo detto che la pressione fiscale è calcolata come il rapporto tra gettito globale incassato dallo Stato e Pil prodotto dal Paese. Dobbiamo però includere il “gettito zero” dichiarato dagli evasori che fa alzare ancora di più quel triste dato. Insomma: Il motto del nostro Stato dovrebbe essere “ Se qualcuno produce,tassalo”.

Ma come si può uscire dalla crisi? Come quando uscimmo da quella all’inizio del secolo scorso. Siamo nel periodo fascista. I dati ci dicono che si spendeva abbastanza per la difesa(32% del bilancio) e un po’ meno per le opere pubbliche. Dopo i primi anni del fascismo le percentuali si andarono a complementare. La pubblica istruzione non venne toccata,sintomo che si teneva molto all’aspetto culturale. Purtroppo il bilancio dello stato col passare degli anni oscillava tra valori bassi e Mussolini in cinque anni fu costretto a dimezzare le riserve d’oro della Banca d’Italia. Nel 1934 gli inasprimenti fiscali raggiunsero il picco andando a toccare le imposte sugli scambi e sulle successioni. Importante fu la presa di posizione di Mussolini che disse: << La pressione fiscale è giunta al suo limite estremo e bisogna lasciare per un po’ di tempo assolutamente tranquillo il contribuente italiano e, se sarà possibile, bisognerà alleggerirlo, perché non ce lo troviamo schiacciato e defunto sotto il pesante fardello >>. È proprio in questo momento storico importante che i sindacati fascisti riescono a imporre la riduzione delle ore di lavoro settimanali dell’operaio portandola a 40 ore ma con lo stesso salario. L’Italia fu la prima a fare questa trasformazione, ancora oggi in vigore. Ma c'è di più. Nel 1933 venne fondato l'INFPS,l'attuale inps,modificando il sistema assicurativo pubblico. Venne creata un'assicurazione contro la disoccupazione,vennero elargiti assegni familiari e integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario ridotto. I bambini che non potevano permettersi vacanze al mare poterono usufruire di colonie estive. Vennero incentivate le attività sportive,ricreative e culturali. Questa è stata la ricetta per uscire da quella grande crisi: investire nelle tutele sociali e bloccare l'aumento della pressione fiscale.


Oggi invece si fa tutto il contrario. Senza toccare temi dell'assistenza agli immigrati, dell'assegnazione delle case popopolari o della sovranità monetaria, abbiamo la percezione che è in atto una vera e propria repressione politica del diritto di essere italiani.

mercoledì 7 ottobre 2015

Che cos'è la pressione fiscale

Andiamo ad analizzare la cosiddetta pressione fiscale cercando di semplificarne il più possibile la definizione e renderla così facilmente comprensibile anche per coloro che hanno poca dimestichezza con termini e meccanismi inerenti al mondo dell’economia. Innanzitutto cominciamo col dire che con il termine “pressione fiscale”, anche nota come “leva fiscale”, si indica tutta quella quota dei redditi che viene prelevata dallo Stato e dagli enti locali territoriali allo scopo di finanziare la spesa pubblica.

In altre parole lo Stato, dovendo garantire l'erogazione di servizi di prima necessità (pensioni, assistenza sanitaria, sussidi ai meno abbienti, ecc) ha necessità di soldi, e questi vengono ottenuti per l’appunto con la "leva fiscale" che va a prelevare dai redditi dei cittadini e ridistribuisce quei redditi!
In pratica, all'aumentare di questa pressione aumentano di pari passo le entrate tributarie delle Stato/Ente pubblico, e in linea teorica, dovrebbero aumentare allo stesso tempo i servizi pubblici ed il loro livello qualitativo. Il termine "pressione fiscale" pur non nascendo con un’accezione negativa , in genere si usa per lamentare una certa oppressione fiscale: sarebbe a dire che il livello di pressione fiscale viene giudicato da molti troppo alto (specialmente quello sul lavoro). L’Italia in particolare è uno degli Stati primi in Europa come livello di tassazione generale.



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Sempre rimanendo concentrati sull’Italia, che costituisce a livello economico la realtà da noi direttamente vissuta e quindi maggiormente comprensibile, il livello di pressione fiscale che oggi grava sulle tasche degli italiani è diventato per la maggior parte di noi cittadini un peso insostenibile. Senza contare l’aggravante della crisi economica che, dal 2009 ad oggi, ha spinto gli ultimi Governi a rivalersi ancora una volta sui contribuenti per tentare di risanare i conti pubblici: nella ricerca affannosa di risorse infatti, le manovre finanziarie che si sono succedute, hanno scelto prevalentemente la strada dell’aumento delle imposte invece che quella più virtuosa della riduzione della spesa pubblica.

Nel 2012, secondo gli ultimi dati consolidati della Banca d’Italia pubblicati nel dicembre 2013, la pressione fiscale risultava essere al 44%, in salita rispetto al 42,5% del 2011. Nel 2013 siamo arrivati al 44,3%, mentre nel 2014 ci attesteremo sul 44,2%. Visto sotto un aspetto più pratico: sostanzialmente quasi la metà del reddito prodotto da ciascuno di noi viene prelevato dallo Stato e dagli enti locali per finanziare le proprie attività.

Un problema tutt’altro che trascurabile è quello legato alla pressione fiscale “reale”, in altre parole quella pressione fiscale effettiva che deriva dall’economia “in nero”. Se consideriamo il grandissimo numero di evasori fiscali che gravano sulle tasche dello Stato ci rendiamo subito conto che il livello di pressione fiscale effettivo e percepibile da chi paga le tasse è molto più alto rispetto a quello relativo ai dati precedentemente elencati. La pressione fiscale reale, secondo Confindustria, raggiunge il 53,3% quest’anno; per Confcommercio addirittura il 54%. Detto in altri termini: il fatto che già di base la pressione fiscale sia alta e allo stesso tempo ci sia molta evasione, indica che la pressione fiscale su chi paga è ancora più alta della media apparente. In sostanza oltre a pagare già tanto, paghiamo ancora di più, e questo perché in qualche modo si deve sopperire alle numerose mancanze di quegli evasori fiscali che vivono alle spalle dello Stato italiano.


La necessità di alleviare la pressione fiscale nel nostro Paese è una prerogativa assoluta se si vuole sperare in una vera e propria ripresa economica. Ormai è un fatto confermato e più volte ribadito da tutti i confronti internazionali che, in Italia, chi si muove con l’obiettivo di produrre ricchezza viene sempre e sistematicamente tassato oltremisura. Secondo la Banca Mondiale la pressione fiscale e contributiva sui produttori italiani è quella più pesante di tutto il continente europeo. Un’impresa media italiana deve allo Stato il 65,8% dei suoi utili ogni anno.

Nel Paese delle controversie e dei controsensi il più grosso paradigma rimane quindi proprio quello della ripresa economica. Una ripresa economica tanto sofferta ma allo stesso tempo tanto auspicata in un’Italia che, all’insegna della contraddizione che sempre la contraddistingue, decide “ovviamente”di penalizzare chi produce e chi s’impegna di più.

mercoledì 26 agosto 2015

Esempi di Microcredito nel mondo

Il microcredito viene definito come un piccolo credito per attività economiche vulnerabili dal punto di vista monetario , per far fronte a spese inarrivabili.  Il microcredito quindi abbatte l’impossibilità delle piccole imprese ad accedere ad un prestito bancario, consentendo così il loro sviluppo.

Il tentativo di microcredito è quello di creare una completa autonomia per le piccole imprese in modo da evitare interventi monetari esterni. La storia del microcredito ha inizio in Bangladesh nel 1976 nella Bank, una banca creata con lo scopo di concedere prestiti ai più bisognosi, da Muhammed Yunus. Dopo la Grameen Bank,sono state molte le organizzazioni internazionali che hanno adottato programmi di microcredito al fine di sostenere l’economia dei paesi in via di sviluppo. Come ad esempio: CARE Internacional, FINCA Internacional, ACCION Internacional e ACODEP ( Asociacion de Consultores para el Desarrollo de la Pequena y Microempresa).

 Successivamente anche in America Latina, Africa e Asia sono sorte istituzioni per la gestione di microcrediti come : Vita Microbank in Benin, Fundasol in Uruguay, Financiera Calpia in El Salvador ecc. A livello europeo è nata invece una piattaforma sulla micro finanza che unisce numerosi attivisti europei, impegnati in progetti di microcredito verso i paesi del Sud del mondo. Lo scopo principale di questa piattaforma è quello di scambiare informazioni utili per la cooperazione tra tutti i partecipanti. Anche se con modalità e caratteristiche diverse, anche in Italia ci sono differenti esperienze di microcredito come ad esempio le MAG. 


Tra i principali network c’è Microventures con ben 12,5 milioni di euro di capitale. La condizione principale tra queste grandi piattaforme di micro finanza è l’equilibrio tra investitori e microproduttori. L’aspetto fondamentale che viene percepito nel microcredito va oltre l’aspetto monetario . Quella che viene riconosciuta è la fiducia al microimprenditore e il suo progetto. Il microcredito ha sicuramente cambiato il modo di pensare dell’economia ed è riconosciuto come uno strumento che stimola e amplifica l’attività produttiva . Inoltre si è convalidata, grazie agli esempi di attività di microcredito elencate precedentemente, una valida alternativa di finanziamento per le piccole imprese .

lunedì 24 agosto 2015

Intervista sul microcredito al professor Mario La Torre

Qualche settimana fa abbiamo contattato il professor Mario La Torre, docente di "Economia degli intermediari finanziari" nell’ateneo romano de "La Sapienza" per farci rilasciare un'intervista su una tematica ancora non approfondita in Italia, che può diventare in futuro un’ottima proposta politica se affrontata con attenzione e professionalità: il microcredito. L’intervista, come tutte le precedenti, servirà a spiegare al lettore, attraverso la voce autorevole del professore, grande conoscitore in merito all'argomento, vantaggi e le conseguenze di una politica pubblica tesa a favorire e finanziare il microcredito. Lo Ringraziamo, a nome di tutta la redazione, per la disponibilità e l'esaustitvità delle risposte che senza dubbio hanno arricchito le nostre conoscenze in merito.

Dunque professore...

- Che cos'è il microcredito?

Tecnicamente è un prestito di piccolo importo erogato, senza garanzie tradizionali, a soggetti svantaggiati; in un’ottica strategica è un prestito inclusivo, ovvero concepito in modo da facilitare l’accesso al finanziamento a persone capaci e volenterose, dotate di un progetto di lavoro autonomo ma non in condizioni di essere assistite dall’intermediario finanziario tradizionale.

- Nei vari paesi del mondo che ne hanno fatto uso, hanno avuto effetti positivi?

Il microcredito ha dimostrato di essere un potente strumento di inclusione finanziaria ma anche una via per valorizzare attitudini ed energie di soggetti che non hanno disponibilità finanziarie o garanzie reali per dialogare con il sistema finanziario. I dati ci raccontano di un basso tasso di default e di una forte capacità di penetrazione tra soggetti quali donne e giovani, generalmente meno serviti da banche e finanziarie.

-In Italia è mai stato utilizzato?
L’Italia è uno dei Paesi più avanzati in tema di microcredito; il mercato è ancora emergente (si veda per dettagli il Rapporto dell’Ente Nazionale Per il Microcredito) ma il legislatore italiano ha definito un quadro legislativo e regolamentare ad hoc introducendo il microcredito nel Testo Unico Banche e prevedendo specifici intermediari abilitati alla erogazione microcreditizia. Inoltre, l’Italia è tra i pochissimi Paesi ad avere dato continuità all’invito delle Nazioni Unite del 2005 – Anno Internazionale del Microcredito – trasformando il Comitato del Microcredito del 2005 in un Ente pubblico non economico con scopo di promozione del mercato microcreditizio e diffusione della cultura della inclusione finanziaria. Anche grazie all’Ente Nazionale per il Microcredito la riforma legislativa ha potuto venire incontro alle diverse esigenze degli operatori, non ultima l’estensione del Fondo Centrale di garanzia per le pmi alle operazioni di microcredito.

- Qualcuno in Italia (partiti, associazioni, sindacati) l'ha mai proposto seriamente?

Il Microcredito è ormai da tempo nelle politiche comunitarie per l’inclusione sociale e la job creation; l’UE ha messo a disposizione fondi dedicati attraverso specifici programmi – gestiti tramite il FEI – come pure tramite i più classici fondi strutturali. La programmazione 2014-2020 ha riorganizzato la struttura delle misure dedicate al microcredito potenziandone la funzionalità. Inoltre, lo stesso piano Junker, nell’asse riferito alle pmi, prevede come specifica attività finanziabile quella del microcredito.

-Nel passato bimestre il nostro giornale ha affrontato il tema delle monete alternatiche che in questi giorni è tornato in voga nei quotidiani di tutta Europa per via delle ipotesi che balenavano nella testa di Varoufakis, ci chiedevamo se, secondo lei, sarebbe produttivo concedere il microcredito con moneta alternativa stampata da una banca pubblica?

In Italia il microcredito è una forma di credito regolamentata dal TUB, dunque è una attività interna al perimetro della vigilanza e, in quanto tale, è difficile immaginare un microcredito con moneta alternativa. Anche prescindendo da questo aspetto, mi sembra poco interessante l’idea di confinare il microcredito in una dimensione isolata rispetto al sistema finanziario tradizionale. Il microcredito è una soluzione efficacissima per la lotta all’esclusione finanziaria ma, in quanto tale, deve essere considerata come soluzione ponte, volta, cioè, a traghettare nel medio periodo i beneficiari da una situazione di esclusione finanziaria ad una dimensione di bancabilità. In questa prospettiva è bene che il microcredito cresca e si sviluppi con le proprie peculiarità ma dentro i confini – anche monetari - del sistema finanziario tradizionale.

Perfetto professore. Grazie ancora per il tempo che ci ha dedicato. Se ci saranno aggiornamenti in futuro, non esiteremo a contattarla per commentarli insieme.

sabato 22 agosto 2015

Sintesi del quinto appuntamento con Gymnasium

Quinto e penultimo incontro a cura del Centro Studi Gymnasium, in attesa del conclusivo appuntamento in programma per Martedì 8 Settembre. Nel corso della lezione il Professor Mancini ha affrontato tematiche di fondamentale importanza, esortando i giovani presenti a far tesoro delle massime lette e commentate durante il pomeriggio.

Discutendo attivamente, il Professore ha raccontato episodi di particolare rilevanza, inerenti la vita del giovane Mussolini, funzionali per comprenderne la formazione. Tra i diversi aneddoti, è senza alcun dubbio obbligatorio citare la permanenza di Benito Mussolini in Svizzera, a ridosso dei primi anni del ‘900. E’ proprio durante questo periodo che egli riuscirà a forgiare il proprio animo: tra il 1902 ed il 1904 conoscerà leader e personalità di straordinaria importanza inerenti al socialismo massimalista, tra i quali Angelica Balabanoff, attivista russa, tra le prime a percepire la diversità in ambito politico del giovane, sottolineandone le capacità di credere fermamente nel concetto di volontarismo, di possedere una visione del mondo completamente nuova e soprattutto di aver fede in una determinata tipologia di sindacalismo rivoluzionario.
Durante la lezione, il Professore ha successivamente illustrato le figure di Badoglio e Pavolini, personalità sicuramente agli antipodi per etica e spirito.

Pietro Badoglio non può che essere considerato, nella migliore delle ipotesi, un soldato piuttosto incapace, un uomo talmente mediocre da esser ritenuto un personaggio dei nostri giorni. Il traditore dell’Italia, colui che assecondando i voleri del vincitore, verrà sempre e comunque ripudiato anche da quest’ultimo, poiché chi tradisce una volta, tradisce per sempre. La figura di Badoglio incarna non solo la sconfitta militare, ma anche ed in particolar modo la disfatta delle parole: nei giorni che precedettero l’8 Settembre, la morte della Patria e del senso identitario non vennero considerate degne di memoria e rispetto, come se la difesa dell’onore per l’onore fosse stata del tutto vana.

Completamente differente, per forza e temperamento, Alessandro Pavolini, giornalista, poeta e scrittore, capo delle Brigate Nere, uomo fedele, disposto a sacrificarsi in nome dei suoi ideali. Egli è colui che non tradirà; colui che è in grado di vivere la storia fino all’oggi, compiendo così il proprio destino; egli è il Pensiero e l’Azione. Il sangue di Pavolini rappresenta dunque, nel suo idealismo romantico, la compensazione della logica del tradimento: egli, a confronto, è capace di riscattare il senso dell’onore perduto.

Infine è stato ricordato Giuseppe Solaro, giovane federale del Partito Fascista Repubblicano di Torino, che il 12 ottobre del 1944 scrisse “I veri ribelli siamo noi”, un breve saggio contro quel mondo vecchio ed insulso dominato da capitalisti ed oppressori, contro le superate ideologie, contro tutti gli uomini falsi e bugiardi. “I veri ribelli siamo noi” rappresenta probabilmente l’ultimo fascismo, funge da monito in quanto ci ricorda che fortunatamente non siamo stati tutti Badoglio. I veri ribelli sono ribelli in nome di una santa causa, di una società giusta e ordinata nel rispetto del lavoro, della dignità nazionale e dell’amore per la Patria: “I vigliacchi vorrebbero negare il nostro valore, ed è a questo che noi ci ribelliamo.”

Solaro è dunque un uomo che non ha mai avuto paura di esprimere il proprio pensiero, anche se solo contro tutti. Considerando quindi emblematiche le sue parole, altro non si può aggiungere se non ribadire di credere fermamente in ciò che si è, di avere la forza di replicare dialetticamente in qualsiasi circostanza, di studiare e confrontarsi di continuo con chi ha strumentalizzato la storia, stravolgendo tutto e tutti, in difesa del nostro senso dell’orgoglio, del nostro senso identitario.

giovedì 13 agosto 2015

Il Microcredito, Natura e prospettive

Come abbiamo potuto constatare nell' articolo precedente il microcredito si risolve sostanzialmente in uno strumento abbastanza efficace per la lotta alla povertà e all’esclusione finanziaria. Sempre in precedenza abbiamo visto che il microcredito è a tutti gli effetti un finanziamento che si basa solo ed esclusivamente su un rapporto di fiducia tra beneficiario ed erogatore, le uniche garanzie di restituzione del prestito sono quindi la sostenibilità e le potenzialità del progetto stesso che si sta andando a finanziare.

Favorire l’accesso al credito alle piccole imprese, che costituiscono la parte prevalente del tessuto economico, rappresenta un importante obiettivo per sostenere lo sviluppo della nostra economia, creare nuove opportunità di lavoro e contrastare l’esclusione finanziaria e sociale che interessa circa il 30% delle nostre imprese. La recente attivazione del microcredito operata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con il Decreto n.176/2014 rappresenta quindi per le microimprese un’importante opportunità. Con l’attivazione disposta dal M.E.F. il microcredito si trasforma in uno strumento ordinariamente offerto dagli Istituti bancari e inquadrato come strumento di sviluppo economico-sociale piuttosto che come solo strumento di “emergenza”.

Attualmente a livello europeo, così come a livello internazionale, non esiste una disciplina normativa specifica dedicata al microcredito. Il microcredito è stato solo oggetto di atti prodotti dalla Commissione e dal Consiglio europeo. Risulta tuttavia chiaro come nell’attuale contesto europeo sia senza dubbio fondamentale coltivare questa realtà costituita dai microfinanziamenti, strumenti assolutamente funzionali alla lotta alla povertà e con un ruolo importante per la nostra politica di sviluppo. Va ricordato che in Europa il settore del microcredito è ancora molto giovane ed è caratterizzato da una grande varietà di prodotti finanziari e non. Anche i tassi d’interesse praticati in ambito europeo sono molto diversi a seconda del Paese preso in esame. Il contesto normativo ed in particolare l’esistenza di leggi contro l’usura costituiscono le principali cause che giustificano l’applicazione di tassi d’interesse differenti.

Il contesto istituzionale attuale negli Stati membri non sempre permette al microcredito di svilupparsi in maniera favorevole. Nella realtà, spesso il microcredito non viene neppure preso in considerazione dalla normativa nazionale o comunitaria. La Commissione incoraggia quindi gli Stati membri ad adottare i provvedimenti necessari per creare un contesto giuridico, istituzionale e commerciale più favorevole allo sviluppo del microcredito. In tal senso viene perseguito l’obiettivo di creare un contesto che consenta lo sviluppo di organismi di microfinanza per tutte le tipologie di clientela. Nei paesi industrializzati, trattandosi di realtà più progredite, il microcredito, più che svolgere un ruolo di promozione dello sviluppo e della produzione, costituisce un elemento volto a ridurre l’esclusione finanziaria e le ineguaglianze sociali causate dagli squilibri del sistema economico e da politiche sociali non sempre ottimali. Il microcredito nel corso degli anni ha dimostrato di essere uno strumento dalle molteplici e differenti caratteristiche che ha fatto delle sue peculiarità la chiave per adattarsi in modo efficace ai diversi contesti sociali ed economici dei paesi di applicazione. Alcuni studiosi ritengono inoltre che tra microcredito sociale e microcredito per l’impresa esista una relazione di interdipendenza e di complementarità tale che si rende necessaria una trattazione unitaria delle due forme di credito, e che quindi per ottenere il massimo del risultato queste due forme di finanziamento vadano applicate insieme, senza che vengano scisse.

Alla luce di queste semplici constatazioni, che non presentiamo tanto come descrizione approfondita e dettagliata della questione ma piuttosto come analisi basilare dell’argomento, la considerazione finale che possiamo avanzare è in linea con il pensiero di molti esperti economisti che si sono schierati a favore di questa misura anticrisi del microfinanziamento. La microeconomia potrebbe essere una delle principali
ancore di salvezza per quest’Europa soffocata dalla disoccupazione, dalla crisi economica e dalle molteplici difficoltà organizzative che non creano altro che nuove lacune da colmare.

lunedì 10 agosto 2015

Breve storia del Microcredito

Iniziamo subito con una domanda banale. Perché una persona povera non può accedere a dei servizi finanziari? La risposta, in linea teorica, è una sola: mancanza di liquidità. Semplice. Una persona ricca invece può usufruire di qualsiasi strumento legato al circuito economico. Così facendo,il povero rimane povero e il ricco rimane ricco.  Così ogni Stato “vive” in pace, in equilibrio . Tutto funziona per il sistema.  Ma chi sono gli artefici di questo disastro? In primis le banche private che ti prestano i soldi e li rivogliono con una percentuale di interessi elevata, e poi quei centri di concentramento economico che hanno estinto la forza della tua moneta nazionale? Ebbene si,loro sono i mostri che ci hanno portato in situazioni di emergenza. Loro,affiancati da governi non legittimi e non eletti dal popolo o addirittura incapaci di governare.

Ma il caso vuole che proprio da un Paese povero venga un’idea che ha cambiato il modo di intendere l’economia. Siamo quindi in Bangladesh,anno 1976,quando Muhammad Yunus fonda la Grameen Bank,la banca villaggio. Una banca per i poveri. Una banca che poteva concedere prestiti ai poveri altrimenti esclusi dal grande giro dell’alta economia. Cosi facendo si andava ad aiutare quei Paesi che stavano in via di sviluppo,si andava rinforzando l’economia locale. In un articolo precedente vi abbiamo parlato anche delle monete locali/alternative che favorivano la ripresa dell’economia locale. Stiamo quindi ampliando il nostro discorso perché la teoria del microcredito ovviamente è successiva a quella del credito che ha origine in Babilonia intorno al 3400 a.C.



Se all’inizio il progetto della Grameen Bank poteva sembrare una perdita di tempo,oggi possiamo notare che questa banca conta più di 2,4 milioni di soci e beneficiari. La cosa interessante è che la percentuale di restituzione di un prestito è pressoché il 100%. E c’è di più. Con il denaro che ritornava da un prestito concesso,si andava a creare un’attività economica autonoma che andava a sostenere sia il beneficiario del prestito e sia la sua famiglia. Questa banca non è nata solo per favorire la ripresa economica delle persone meno abbienti ma anche per toccare argomenti importanti quali la salute,l’igiene,l’istruzione. Istruzione intesa anche come insegnamento al risparmio. Purtroppo se in origine questo progetto poteva sembrare valido,con il passare degli anni si sono interessati organi che oggi noi combattiamo e che per noi sono la causa principale della povertà. Ecco quindi che entrano in scena la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

Ma davvero questa teoria del microcredito o micro finanza se preferite nasce in Bangladesh oppure ha origini ancora più lontane? Se prendiamo come riferimento l’Europa abbiamo che le prime forme di credito a favore della bassa economia risalgono alla fine dell’800 dove Raffesein ha creato banche villaggio su responsabilità solidale. Nello stesso periodo sono nate cooperative di risparmio e di credito in ambiente urbano sviluppate da Schulze-Delitzsch. L’Italia seguiva lo schema di entrambi questi modelli e favorì lo sviluppo dell’economia agricola e artigiana. Sembra quindi che anche i poveri possano partecipare cosi alla vita economica di un Paese. Ma qui arriva un aspetto negativo. Questi strumenti di “bassa” economia con il passare del tempo vanno a confluire nell’economia classica e quindi,capite da soli,che si ritorna praticamente al punto di partenza ed ecco perché oggi l’Europa versa in condizioni economiche critiche. L’abbandono di un progetto iniziale valido porta con se tutte le conseguenze negative derivanti da un cambio di rotta forzato da poteri più forti. Dopo la prima e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale furono sviluppati sistemi di casse mutue rurali,che cercavano di sostituire alle garanzie reali(terra,costruzioni,bestiame)delle garanzie morali. Si andava a tastare la solidarietà dei debitori.


Oggi invece si vanno a tastare soltanto le tasche dei cittadini. Una piccola differenza c’era. Però a partire dagli anni 60 anche questi metodi fallirono a causa della decolonizzazione che fece fallire l’economia coloniale. Nei Paesi in via di sviluppo vennero create dai governi indipendenti delle banche di sviluppo, che però le rendevano simili alle banche private e quindi si distaccavano totalmente dal concetto di micro finanza. Arriviamo poi ai nostri giorni e la situazione,come sappiamo,è peggiorata notevolmente. La microfinanza attuale si concentra sempre su quelle persone più povere ma anche su quelle attività un po' informali che non sembrano dare un'affidabilità alle banche. L'accesso al credito dovrebbe essere accessibile a tutti. Si dovrebbe ripartire da questa affermazione. L’idea originale del microcredito è quella di individuare nuovi destinatari del fabbisogno finanziario e di estrapolarne il talento,il bisogno e la capacità di rimborso. Più che di finanza economica vera e propria possiamo parlare di finanza etica che esalta le pari dignità in ambito economico. Perchè poi andando ad analizzare i dati scopriamo che nell'ambito del microcredito si ha una percentuale di ritorno del prestito decisamente superiore rispetto alla finanza classica.


Noi che lottiamo per affermare la  giustizia sociale, la meritocrazia e il ritorno alla sovranità monetaria, non
possiamo che apprezzare il microcredito, quale progetto socio-politico volto a migliorare le condizioni economiche delle classi meno abbienti dimenticate e sfruttate dalle oligarchi finanziarie.