martedì 15 aprile 2014

Uscire dall'Euro: Vantaggi principali


Con le prossime elezioni Europee si riaffaccia un problema a lungo discusso negli ultimi anni, quello della moneta unica e del panorama che si andrebbe a definire a fronte di un’ipotetica uscita dall’Euro da parte dell’Italia. Riguardo questo dibattito sono stati compiuti moltissimi studi e ognuno ha messo in risalto aspetti diversi della questione. Su una cosa possiamo senza dubbio concordare: la maggior parte di queste analisi (effettuate da economisti, esperti del settore e perfino premi Nobel) vede il recesso dall’eurozona come la scelta ottimale per l’Italia.        

I vantaggi derivanti dall’uscita dal’euro sono svariati, noi ci limiteremo per ora ad esporre i due più interessanti:

1.      In primis c’è da considerare la riconquista della sovranità monetaria da parte dello Stato italiano, cosa che gli consentirebbe nuovamente la possibilità di spendere a deficit, eliminando l’ostacolo costituito dalla necessità di approvvigionarsi del denaro mediante l’imposizione di tasse o la vendita di titoli di Stato sui mercati.
Oggi infatti, essendo utilizzatori di valuta ma non potendola emettere, per ogni centesimo che spendiamo dobbiamo necessariamente contrarre prestiti e i tassi d’interesse sono ovviamente sempre a nostro svantaggio.                                                          

 A questo punto è utile chiarire cosa sia la spesa a deficit: fare un deficit significa spendere più di quanto si incassa, teniamo presente poi che ad ogni deficit corrisponde sempre un surplus; vale a dire che se ad un conto corrente vengono sottratti dei soldi ad un altro conto corrente la stessa quantità di soldi viene invece accreditata. In altre parole possiamo dire che con questo processo è stato generato del lavoro; i soldi infatti vengono utilizzati per scambiare beni e servizi tra le persone, quindi un certo movimento di soldi corrisponde ad una certa quantità di lavoro.

Tutto questo per dire che la spesa a deficit non deve essere vista come un fattore negativo se lo relazioniamo ad uno Stato;  lo Stato di per sé infatti ha, teoricamente, un potere di spesa illimitato. Di fatto però l’Italia dell’euro non ha potere di spesa illimitato, noi non possiamo emettere moneta appartenendo all’eurozona ma possiamo solo farcela prestare andando ad accrescere i nostri già gravosi debiti.  Quindi per far fronte a questa situazione tanto drammatica quanto paradossale, non c’è altro modo che riottenere il controllo dell’emissione della valuta e quindi della possibilità di spendere a deficit ed eliminare buona parte della disoccupazione.

 

2.      In secondo luogo va considerata una probabile quanto realistica ripresa della produzione industriale per il nostro paese.  Secondo analisi approfondite è apparso chiaro come negli ultimi 20 anni l’Euro ha causato un trasferimento massiccio di produzione industriale da tutti i paesi periferici verso la Germania. Rimanere nel sistema dell’eurozona significherebbe continuare su questa scia, ed osservare impotenti la crescita della Germania a nostro discapito. Sciogliersi dal sistema dell’euro vorrebbe dire in parole povere subire molto meno l’influenza del gigante tedesco e potersi concentrare su una vera e non fittizia ripresa delle nostre industrie.

 

Ci siamo limitati ad illustrare quelli che sarebbero i vantaggi principali per non cadere in una noiosa arringa di un’ipotetica uscita dall’euro. Già questi da soli, infatti, a nostro parere, basterebbero a giustificare l’abbandono della moneta unica in nome di una ripresa (industriale e occupazionale) assolutamente necessaria per un Italia da troppo tempo sfruttata e lasciata ai margini della crescita europea e mondiale.

Essere contro l’Euro e contro i suoi istituti di credito privati non significa essere antieuropeisti. La nostra visione dell’Europa ci impone di difendere la sovranità politica ed economica delle nazioni per una cooperazione tra paesi più forte e più libera dagli interessi delle lobby private e internazionali.

Ci possono anche essere svantaggi per un’ipotetica uscita dall’Euro, come per esempio l’isolamento politico e magari energetico a cui possiamo andare incontro, ma questo è il prezzo che dovremo pagare per ridare lavoro e speranze ai giovani italiani. Con due mila miliardi di debito pubblico e con il Fiscal Compact sulle spalle, provano a gettarci fumo negli occhi promettendoci ottanta euro in più a fine mese. Non cascateci italiani,  il sistema sta per implodere. 



mercoledì 2 aprile 2014

Marine Le Pen: Regina d’Europa


Già nel nostro articolo di Aprile 2012 evidenziammo i grandi risultati elettorali del Front National alle elezioni nazionali (che proclamarono presidente della Repubblica francese il “socialista” Hollande) poiché raggiunse il massimo storico del 17,8%. Sottolineammo anche come nonostante il pessimo sistema elettorale francese, con un ballottaggio al secondo turno messo a punto per punire i partiti non conformi al liberismo, i suo voti crescevano di tornata elettorale in tornata elettorale. Già nel 2002, il Front National fu sconfitto solo de Chirac in quanto i partiti di dentro destra e centro sinistra, nella fase finale del ballottaggio, fecero confluire i loro voti sul presidente uscente per non far eleggere il nazionalista Jean Marie Pen (padre della odierna leader del “Front National”, Marine Le Pen).

Dunque non si siamo rimasti certo stupiti quando pochi giorni fa il Front National di Marine le Pen ha conquistato ben tredici comuni stracciando il vecchio record di quattro comuni conquistati nel 1995 e nel 1997, nonostante il partito nazionalista francese fosse candidato in soli 600 comuni su oltre 3.600 totali.

Punti cardine del programma di Le Pen sono l’uscita dall’Euro e dall’Unione Europea tramite referendum nazionali consultivi e abrogativi e ritorno alla sovranità monetaria, politica interna di protezionismo del’industria pubblica francese che negli ultimi decenni ha subito un processo graduale di smantellamento, cancellazione degli accordi di Schengen per diminuire l’aberrante flusso immigratorio che sta contaminando la Francia, la priorità e la superiorità delle norme interne su quelle internazionali, freno totale ai piani di privatizzazioni delle aziende francesi.
Grazie a questi punti programmatici radicali il Front National si colloca nelle proiezioni elettorali come il primo partito nazionale sfiorando di poco il 20%. Ben più indietro si collocano “UMP” ( il centro Destra) al 17%   e “PS” (il centro sinistra) al 15%. Senza considerare il fatto che tra i giovani dai 18 ai 25 anni, Le Pen è il leader politico più apprezzato e votato.

In questo scenario di assoluto ottimismo, con previsioni solari per noi contrari a questa Unione Europea comandata da lobby finanziarie e banche spietate,  l’unica nota negativa, paradossalmente viene sempre e comunque dai media e dalla politica italiana, perché come al solito, non hanno perso l’occasione per accendere il cervello e chiudere la bocca. I primi, sempre pronti a etichettare i movimenti antiliberali come razzisti, xenofobi, omofobi e chi più ne ha più ne metta per servire il padrone che li paga. I secondi sempre pronti a strumentalizzare le vittorie altrui per gettarsi sul carro dei vincitori. Addirittura partiti che propugnano la frantumazione dell’unità statale hanno provato a chiedere strane alleanze in chiave antieuropea ai nazionalisti francesi. Oppure partiti che fino a ieri sedevano al tavolo delle grandi coalizioni liberal-democratiche italiane, complici di governi illegittimi e filo europeisti, oggi improvvisamente, a due mesi dalle elezioni per il Parlamento Europeo, hanno trovato nella battaglia contro l’euro un valido motivo per racimolare qualche voto in più e per chiedere anomale alleanze con i patrioti transalpini.

Insomma, mentre Marine Le Pen sta per essere incoronata regina d’Europa, loro non perdono occasione di dimostrarsi degli umili servitori.

Ad Maiora Marine!