domenica 20 maggio 2012

Brindisi, Strategia della Finzione

Sabato19 Maggio 2012. Brindisi. Istituto Morvillo Falcone. Ore 7.50: gli studenti si apprestano ad entrare a scuola. Esplodono tre bombole a gas collegate da un timer. Muore una ragazza. Melissa, 16 anni. Nell’esplosione ha perso un arto e ha il corpo bruciato per il 90% totale della sua superficie. Ci sono altri sei feriti, quasi tutti gravi. Alcuni subiscono immediate operazioni chirurgiche.

È l’ennesima strage. L’ennesimo attacco fisico e psicologico. Fisico, per i dati pocanzi forniti. Psicologico per la manipolazione delle menti effettuata subito dopo l’attentato. Infatti, non ancora certi di che cosa avesse fatto esplodere i tre ordigni a gas (se un telecomando o un timer), non ancora certi del numero di vittime totali, già la stampa nazionale e parte della politica italiana (come il sindaco stesso di Brindisi, Cosimo Consales) ,sicuri di sé, addossavano responsabilità alla criminalità organizzata. Già c’erano degli imputati. Già c’era un colpevole. L’opinione pubblica aveva già un cattivo da condannare.

Non importa se col passare delle ore, le indagini effettuate dalle forze dell’ordine hanno escluso svariate volte questa pista criminale. Non importa se la criminalità organizzata nella sua storia mai ha avuto come bersaglio giovani ragazze innocenti. Non importa se un passo falso come questo gli avrebbe messo non solo la città ma anche la regione contro. L’importante era fornire anche le cause (fittizie) dell’attentato: il nome della scuola (omaggio alla moglie del magistrato) rievocava la memoria di Giovanni Falcone (di cui quest’anno ricorre il ventennale della morte); la scuola aveva vinto un premio per un percorso sulla legalità; ieri proprio era attesa la carovana di manifestanti anti mafia giunta da Roma. Tutte cause che ovviamente giustificherebbero un attacco ad una scuola di minorenni da parte di alti esponenti della Sacra Corona Unita, ormai intenzionata più che mai ad intimidire le Istituzioni. Insomma, della serie: beato chi ci crede.

Ma soprattutto l’ennesima strategia della tensione. Anzi della finzione. Sempre la stessa vecchia storia: come agli inizi del 1990, lo Stato è in difficoltà: c’è corruzione parlamentare, perdita di fiducia del popolo nelle Istituzioni, crisi economica aberrante, crisi sociale altissima: le classi popolari sempre più divise. C’è bisogno di un collante, di un nemico comune, di un cattivo da condannare. Ieri era il terrorismo politico. Oggi è la mafia. Ma lo Stato vincerà. Con ogni mezzo (segreto,meschino, crudele che sia) attuerà il suo fine. Per il bene della democrazia e della libertà.

E così, nemmeno a farlo apposta, in questo quadro storico trasandato, ci tornano in mente due veri eroi nazionali: uno Giovanni Falcone,di cui tanto si parla in questi giorni, l’altro Paolo Borsellino, ucciso, dagli uomini di Riina, per dare una scossa decisiva alla trattative (guarda un po) tra stato e mafia secondo la logica e la politica giolittiana. Due veri eroi perché per una causa di legalità hanno donato la vita. Perché non con le parole ma colsacrifico hanno vinto il male. Perché non per denaro ma per amor di patria hanno dato l’esempio.

Che lo sappiamo i corrotti e controllati mass media. Che lo imparino i nostri benpensanti e ben pagati parlamentari: questo sistema è giunto al capolinea …

giovedì 17 maggio 2012

Tor Vergata Esempio Politico

Alle elezioni 2012 dell’ateneo di Tor Vergata vince il “The Camp”, la nuova sigla studentesca, prettamente universitaria e completamente apartitica, nata dall’idea dei ragazzi di CasaPound e Sempre Domani. Entrano un senatore Accademico, Patrizio Gabrielli, con la bellezza di 1107 voti (il primo tra gli eletti) e diversi consiglieri degli studenti, tra cui il nostro Carlo Pezzolesi (ormai alla seconda nomina dopo quella di consigliere di facoltà nelle scorse elezioni). Al Nucleo di Valutazione e al Consiglio d’Amministrazione vengono eletti rispettivamente Gabriele Ghio e Filomena Russo, i quali avevano concorso insieme al “The Camp”.
Una vittoria costruita grazie ad un programma innovativo e dinamico che prevede come punto principale quello della lotta alla robotizzazione dello studente modello, quasi paragonato ad un dipendente statale che timbra in modo alienante quotidianamente il cartellino e che quando finisce il suo compito se ne torna a casa. L’organizzazione di brunch nelle facoltà, eventi culturali diurni e notturni, creazione di gruppi facebook per la guida alle matricole sono state le prime iniziative per cercare di creare un gruppo organico di studenti che sappia guardare all’università, sia come fonte di sapere e trampolino culturale nonché professionale, ma soprattutto come luogo di confronto e crescita.
Una vittoria costruita grazie anche agli altri punti del programma: favoreggiamento dell’università pubblica e della chiarezza del bilancio, promozione di un tutoraggio migliore per le matricole, spinta verso un maggiore controllo per l’erogazione di borse di studio e alloggi universitari.
Infatti già da tempo "The Camp"(anche se in maniera non ufficiale) si era battuto contro l'aumento dei prezzi del bar (settembre 2010), l'aumento delle tasse previsto per quest'anno accademico ma soprattutto per il rinvio degli appelli d'esame durante l'emergenza neve.
Una vittoria, però, costruita principalmente con il sudore e il sacrificio. Il sudore e il sacrificio dei militanti che per mesi hanno lavorato a queste votazioni: hanno conosciuto e aiutato le matricole ad inserirsi nel contesto universitario, hanno fatto tarda notte per concludere gli eventi culturali e sociali da loro organizzati, si son svegliati all’alba per i raduni pre-elezioni. Il sudore e il sacrifico di chi abituato a navigare disprezza la logica di chi si è lasciato cadere in mare.
Agli avversari, invece, rimane poco e niente. Solo parole, moralismi e tanta invidia. Come risulta dai loro vari comunicati e articoli in cui sottolineano soltanto le vicinanze all’ideologia neofascista del ”The Camp” senza soffermarsi sulle cause della loro (ennesima) sconfitta.
Se l’Europa vede crescere con ammirazione una gioventù audace e laboriosa sia in Francia che in Grecia, l’Italia può gioire guardando questi suoi nuovi figli. Che sia l’alba di una nuova era per il vecchio continente è presto per dirlo, certo i presupposti e le volontà ci sono tutte ..

mercoledì 2 maggio 2012

Il Caso Marò e la sovranità Politica


Politica interna,politica estera Il cuore pulsante di una nazione. Tutto quello che avviene entro i confini di uno Stato rimbalza all’esterno e tutto quello che si fa al di fuori ritorna al mittente,una sorta di specchio che riflette in entrambe le direzioni il comportamento di una nazione,il famoso principio di azione-reazione molto caro ai fisici ma che trova applicazione in tutti i campi. Una nazione forte comanda sul proprio territorio e si fa valere anche fuori le proprie mura guadagnando il rispetto delle altre nazioni. Quando valgono entrambe le condizioni possiamo dire che si è raggiunti uno status di stato sovrano. Ma non sempre però è facile guadagnarsi questo appellativo e il più delle volte le parole surclassano i fatti quando invece dovrebbe essere il contrario.

Analizzando il nostro Paese ci si accorge che ci sono problemi soprattutto in politica estera. È di questo periodo la notizia della cattura da parte di autorità indiane di due Marò italiani accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala,stato meridionale dell’India. In quella zona sono frequenti gli attacchi di pirati verso navi che transitano in quelle acque e niente esclude che i nostri militari abbiano sparato al peschereccio su cui si trovavano i due pescatori,proprio come rivelano fonti indiane. Però,l’ulteriore presenza di una nave greca che ha anche diffuso la notizia di un tentativo di abbordaggio da parte di pirati,sta a sottolineare che la ricostruzione dell’incidente non è cosi banale come sembra e che quindi,secondo la tesi italiana,i colpi esplosi possono essere partiti da qualche altra nave presente sul posto. L’Italia ha chiesto che venga fatta l’autopsia sul corpo dei pescatori per capire il calibro usato nell’uccisione ma l’India ha respinto la richiesta. Ora tralasciando inizialmente il fatto se i due militari abbiano sbagliato oppure no resta il fatto che l’episodio è avvenuto in acque internazionali e quindi la giurisdizione del caso dovrebbe essere affidata al nostro Paese ma ad oggi i due Marò sono ancora in territorio indiano e i tempi per cercare di rimpatriarli si allungano,condizionati anche dal fatto che in quel periodo ci sono state le elezioni politiche amministrative nel Kerala e che ciò abbia contribuito ulteriormente ad allungare i tempi. Ma come è possibile che non si riesca a portarli e giudicarli nel nostro Stato? A parti inverse sicuramente i fatti sarebbero andati diversamente visto che la giurisdizione indiana è molto più rigida e severa. Ma chi salvaguarda i diritti dei nostri Marò? La risposta sicuramente sta in un’altra domanda: e se invece i due catturati fossero stati ricchi,disonesti e famosi? A voi la risposta,con un piccolo aiuto,in India avviene che anche i diritti di alcuni poveri pescatori sono difesi dalle istituzioni mentre le nostre forze di stato maggiore della difesa non riescono a difendere i diritti di due militari con passaporto diplomatico.

Vi ricordate il fatto successo nel Cermis? In quel caso un aereo militare statunitense decollato dalla base aerea di Aviano per un volo di addestramento tranciò i cavi della funivia facendo cadere la cabina con a bordo venti persone provocandone la morte. L’Italia richiese di processare i quattro marines responsabili in Italia, ma alla fine la giurisdizione sul caso spettò agli Stati Uniti. A conclusione di ciò soltanto due dei quattro marines vennero processati e per di più vennero anche prosciolti dall’accusa di omicidio colposo. Come si dice: dopo il danno anche la beffa!

Gli esempi sono quelli che colpiscono di più,e allora spostiamoci in Africa,precisamente in Nigeria. Un nostro connazionale e un cittadino inglese vengono rapiti da un gruppo estremista islamico. Gli stati coinvolti sono ovviamente l’Italia e l’Inghilterra ma succede che sia quest’ultima ad organizzare il blitz per tentare di liberarli e che purtroppo finisce in tragedia con l’uccisione dei due uomini. Più che blitz si può proprio parlare di una vera e propria operazione militare in pieno giorno che ha visto la partecipazione di decine di uomini. Nessun avvertimento al nostro Paese,nessun preavviso ma solamente una libera iniziativa inglese senza sentire cosa ne pensasse l’Italia. Bella politica estera,si nota benissimo che l’Italia ha un peso importante fuori dai propri confini!!

Ma forse questa non politica estera è figlia dei nostri giorni? Direi proprio di no,perché la nota vicenda Cesare Battisti non è proprio attuale ma a renderla “omologata” alla condotta in politica estera da parte dell’Italia ci vuole ben poco. L’ex leader dei proletari armati del comunismo,condannato dall’Italia per quattro ergastoli,evaso dal carcere,scappato in Francia,Messico e poi in Brasile,non ha mai più messo piede in Italia per essere processato. È sempre stata negata l’estradizione in Italia e gli è stato “consegnato” lo status di rifugiato politico sostenendo che in Italia sarebbe stato oggetto di persecuzione.

Come si può notare dagli esempi citati sopra,non sembra che l’Italia abbia un peso significante in politica estera. Aggiungiamoci poi che l’Italia ha sul suo territorio basi militari in cui lavora gente di nazionalità estera e molte cose che succedono in queste basi sono sconosciute anche alle nostre autorità. Sappiamo che uno stato per essere sovrano deve essere in grado di avere capacità di giurisdizione all’interno dei propri confini. Ma allora possiamo considerare il nostro Paese tale? Si può considerare sovrano un Paese in cui chi governa non è stato eletto dal popolo? E si può considerare sovrano un Paese governato dalle banche in cui la banca centrale europea ha il potere di gestire l’economia di intere nazioni? Le risposte le lasciamo a voi,a rigor di logica siamo ancora in grado di esprimere una nostra opinione,ancora non siamo arrivati a manipolare le menti umane.