giovedì 23 giugno 2016

La triste situazione lavorativa in Italia

Quante volte abbiamo pubblicato articoli riguardanti il tema del lavoro con la speranza di poter invertire la rotta al prossimo approfondimento? Quante volte abbiamo analizzato queste problematiche, rilanciando a nostro modo risoluzioni concrete affinché risuonasse con sempre minor insistenza quella parola che dovrebbe far tremare anche i "potenti" comodamente seduti in poltrona? Purtroppo ciò che è stato continua ad imperversare tutt'ora: è ancora crisi lavoro.

Sì, ancora, perché nonostante una lenta ripresa del Mercato del Lavoro, continua a rimanere stabile il tasso di disoccupazione.


Se da un lato c'è chi esulta per l'abolizione dell'articolo 18, dalla parte opposta ci sono ancora centinaia di migliaia di persone in cerca di un impiego. Se a tutto ciò aggiungiamo anche le ormai consuete follie, partorite da vere menti criminali, circa l'obbligo morale di garantire un'occupazione stabile agli immigrati, non ci resta che assistere ad un vero e proprio capovolgimento della realtà. I numeri parlano chiaro: in Italia i cittadini "attivi economicamente" e con un lavoro sono nel 67% dei casi italiani, mentre nel 72% stranieri extraeuropei. Colpa di chi favorisce l'immigrazione incontrollata, di chi cerca manodopera a basso costo sfruttando i falsi profughi che occupano le nostre coste. L'Italia, in questo senso, è tra i paesi peggiori d'Europa.

Inoltre, dal mese scorso, il numero di ore di cassa integrazione è aumentato pericolosamente, così come le domande di disoccupazione.



La situazione sta precipitando; queste cifre da capogiro non sono semplici numeri scritti su carta; dietro tutto ciò ci sono migliaia di italiani che continuano, paradossalmente, ad ignorare non per colpa loro, l'espressione "arrivare a fine mese"; qui ci sono cittadini che stentano ad arrivare all'indomani. Poi ci si meraviglia se la percentuale dei cosiddetti "poveri" raggiunge picchi vertiginosi.
Ora più che mai è necessario favorire i nostri concittadini in difficoltà; basta parole al vento, pretendiamo fatti concreti!

martedì 14 giugno 2016

La crisi del welfare anche nei seggi elettorali




Proprio in questi giorni a Roma e in altri comuni sparsi in tutta Italia si stanno eleggendo i nuovi sindaci e i consiglieri comunali in carica. Le elezioni comunali, così come qualsiasi altro tipo di elezione volta a scegliere dei rappresentanti del popolo, dovrebbero avere come obiettivo quello di individuare le persone più competenti, più preparate, e quindi più idonee a svolgere il compito per cui verranno elette. La ricerca di un buon sindaco per una città si traduce anche in questo: individuare un uomo/donna abbastanza competente da poter migliorare, o addirittura garantire, il cosiddetto stato di Welfare.

"Il welfare state", o stato del benessere, o ancora stato sociale, può essere definito come uno stato che garantisce ad ogni suo cittadino, come diritto politico e non come carità, degli standard minimi di reddito, di alimentazione, di salute, di abitazione, di educazione. Pertanto è un’organizzazione istituzionale, politica ed economica che si pone come obiettivo la produzione di benessere e di sicurezza sociale attraverso la politica sociale. Il welfare state utilizza il proprio potere organizzativo per modificare il gioco delle forze di mercato in almeno tre direzioni: “garantendo agli individui ed alle famiglie un reddito minimo indipendentemente dal valore di mercato del loro lavoro e della loro proprietà; restringendo l’arco dell’insicurezza, mettendo individui e famiglie in condizione di far fronte a certe ‘contingenze sociali’ (malattia, vecchiaia, disoccupazione) assicurando che a tutti i cittadinivengano offerti gli standard più alti in relazione ad una gamma riconosciuta di servizi sociali.

Queste elezioni che dovrebbero in qualche modo rappresentare una nuova possibilità e una speranza di migliorare il nostro stato di benessere generale, partono invece in maniera scoraggiante e con i presupposti più sbagliati anche nelle piccole questione sociali.


In occasione di queste votazioni per eleggere il nuovo primo cittadino di Roma sono stati coinvolti per le operazioni di seggio moltissimi dipendenti Atac e Ama. Nello specifico sono stati circa ottocento i permessi retribuiti a dipendenti Atac, in gran parte come scrutatori. Più contenuti ma non meno rilevanti i numeri relativi all’Ama, che contava ben quattrocento spazzini di servizio nei seggi.

La corsa di tutti questi dipendenti delle due aziende capitoline a fare i rappresentanti di lista mostra chiaramente l’alto grado di politicizzazione e di sindacalizzazione del personale. Ovviamente l’assenza sui posti di lavoro di questi dipendenti che nella loro quotidianità ricoprono ruoli essenziali per il corretto funzionamento della città e per il quieto vivere dei cittadini ha creato notevoli disagi. Le due aziende Municipalizzate sono costantemente alle prese con ricorrenti disservizi, numerosi sono gli scioperi che si susseguono nella capitale e in continuazione gettano un’intera città nel blocco totale. Ovviamente alcuni di questi scioperi c’erano stati anche prima della fase preliminare di queste elezioni, e il susseguirsi di questo ulteriore disagio relativo all’assenza dei dipendenti Atac e Ama dai posti di lavoro ha definitivamente gettato ancora una volta la città nel caos. Ed ecco che lo Stato già viene meno a quello che è il 3° punto fondamentale per un corretto welfare state.





Il meccanismo di selezione dei lavoratori ai seggi è una delle tantissime procedure che andrebbero riviste e modificate. L’inefficienza della legge italiana si vede anche in queste piccole cose. E’ assurdo che a fare gli scrutatori vadano categorie di lavoratori legati a servizi essenziali per il cittadino e vengano invece esclusi disoccupati, cassintegrati o quantomeno studenti e liberi professionisti che in ogni caso avrebbero la possibilità di organizzare in modo funzionale i loro impegni e il loro lavoro. E se vogliamo qui viene anche meno quello che sarebbe il 1° punto dello welfare state, visto e considerato che lo Stato pur potendo mettere a disposizione posti di lavoro (seppur a prestazione occasionale) a chi di lavoro non ne ha, concede invece la precedenza a chi il lavoro per sua fortuna già lo possiede.

Queste sono solo alcune considerazioni che potrebbero essere ulteriormente approfondite portando ad esempio tante altre situazioni anomale e prive di logica che possiamo riscontrare anche personalmente
ogni giorno in prima persona. Noi come al solito siamo abituati a soffermarci in particolare sul panorama romano essendo quello che ci tocca più direttamente, ma ovviamente lo Stato è uno, e la situazione nel resto d’Italia non è tanto differente da città a città.



Come ben sappiamo il prossimo fine settimana ci sarà una nuova chiamata alle urne, bisognerà decretare il nuovo sindaco di Roma con la fase di ballottaggio. Viene spontaneo chiedersi: verranno presi in considerazione gli errori di organizzazione delle recenti votazioni? Dubitarne ormai è diventata cosa lecita per noi italiani. Ma siamo sicuri che nulla cambierà, nè riguardo gli scrutatori nè tantomeno riguardo il nuovo sindaco (che vinca uno o l'altro è indifferente) e le sue proposte di miglioramento dello stato sociale e dei servizi offerti ai romani. Per esempio, si aprirà l'era degli autobus colorati, non dell'efficenza dei trasporti. D'altronde è quello che vogliono i romani...

domenica 12 giugno 2016

Non si fermerà la marcia. Nel ricordo di Luigi Guardiera...

Chi ha mai sentito parlare di Luigi Guardiera? Pochi. E allora ve lo spieghiamo noi per ricordarlo con giustizia: Luigi era un giovane ventitreenne francese, militante del Front National ucciso la notte del primo Maggio 2016 con La sua unica colpa di appartenere al più grande partito della destra francese il "Front National" . Aggredito in un parcheggio di una discoteca a Tarbes. Era talmente innamorato della sua patria che aveva il desiderio di arruolarsi nell’esercito francese.

"Stranamente" in Italia sotto campagna elettorale nessuno ha avuto il coraggio di ricordare questo ragazzo innocente ucciso da vigliacchi servi del sistema. Ma d'altronde cosa aspettarci da chi ha taciuto riguardo gli assalti ai banchetti elettorali di Casapound che hanno portato al ferimento di un ragazzo disabile e di una donna? Per i ridicoli e corrotti media italiani è più importante parlare del "coraggio" di una donna nera che fa il pugno chiuso davanti un corteo di nazionalisti svedesi. Ma il povero Luigi era un patriota e forse questa qualità non è ben vista dalla stampa. E da una parte è anche motivo di fierezza. Va aggiunto, inoltre, in questo caso che anche l’Europa è complice Sempre pronta a sputare sentenze senza sapere cosa c’è dietro un movimento radicale. La stessa Merkel giura che ce la metterà tutta per fermare l’avanzata del Front National sulla scena politica francese.


Tre anni fa perse la vita un militante antifascista francese e tutta la stampa scrisse di tutto contro chi aveva provocato la morte. Addirittura tutta la classe politica si espresse su quella vicenda. I colpevoli erano appartenenti ad un movimento nazionalista. Secondo loro però! Perché poi si scoprì che il giovane ragazzo era morto per scontri causati dagli estremisti di sinistra. Il solito discorso dei due pesi e due misure. Troppe anche in Italia sono state le morti "coperte". Siamo abituati,non dovrebbe essere cosi. E durante questa campagna elettorale nel nostro Paese abbiamo sentito le migliori promesse,ma nessuna parola è stata spesa per ricordare una vittima innocente. Giustamente non avrebbe fatto guadagnare voti una presa di posizione forte in merito.






C’è chi invece chiude le proprie campagne elettorali in posti come Acca Larentia, luogo simbolo per tutti i camerati che vogliono ricordare non solo i tre ragazzi caduti quel maledetto 7 gennaio 1978, ma tutti quei martiri che hanno sacrificato la propria vita per un ideale. Noi come comunità militante ci sentiamo in dovere di ricordare Luigi perché rappresenta anche la nostra scelta. Una scelta scomoda per molti. Ci sentiamo tutti Luigi Guardiera. Anche noi vogliamo fare una promessa a questo punto, ma non una promessa elettorale bensì un giuramento di lotta: NON SI FERMERA’ LA MARCIA!