sabato 17 settembre 2016

Aspettando Godot (Samuel Beckett)


Aspettando Godot è la più celebre opera teatrale di Samuel Beckett, nonché uno dei testi più noti del teatro del Novecento. Racconta di due uomini vestiti come vagabondi, Estragone e Vladimiro, che si trovano sotto un albero in una strada di campagna non specificata. Sono lì perché un certo Godot ha dato loro appuntamento. Il luogo e l’orario dell’appuntamento sono vaghi. I due non sanno neanche esattamente chi sia questo Godot, ma credono che quando arriverà li porterà a casa sua, gli darà qualcosa di caldo da mangiare e li farà dormire all’asciutto. Mentre attendono passa sulla stessa strada una strana coppia di personaggi: Pozzo, un proprietario terriero, e il suo servitore, Lucky, tenuto al guinzaglio dal primo. Pozzo si ferma a parlare con Vladimiro ed Estragone. I due sono ora incuriositi ma anche spaventati dalla miseria della condizione del servo. Intanto cala la sera e Godot non si è fatto vivo. Arriva però un ragazzo, un giovane messaggero di Godot, il quale dice a Vladimiro e a Estragone che il signor Godot si scusa, ma che questa sera non può proprio venire. Arriverà però sicuramente domani. I due prendono in considerazione l’idea di suicidarsi, ma rinunciano. Poi pensano di andarsene, ma restano. Il giorno dopo accadono esattamente le stesse cose. Vladimiro ed Estragone attendono sotto l’albero l’arrivo di Godot. Di nuovo vedono passare Pozzo e Lucky (Pozzo nel frattempo è diventato cieco, sull’albero sono spuntate due o tre foglie). Di nuovo si intrattengono con il padrone e il servo. Di nuovo Pozzo e Lucky se ne vanno. Di nuovo arriva il messaggero a dire che Godot stasera non può venire ma verrà sicuramente domani. Di nuovo prendono in considerazione l’idea di mollare tutto. Di nuovo rinunciano.

Aspettando Godot costituisce una pietra miliare della cultura del Novecento poiché ha riassunto, polverizzato e ricreato il teatro. La prima trovata scandalosa del capolavoro beckettiano è questa: il protagonista è assente. Aspettando Godot è una commedia in cui non accade nulla, per due volte. In Aspettando Godot è tutto terribilmente reale e al tempo stesso meta-reale in qaunto il Godot di Beckett mette nel mirino l’Uomo al di là di qualunque connotazione politica, sociale, geografica e storica.

Aspettando Godot è una tragicommedia costruita intorno alla condizione dell’attesa. Quasi nessun critico si è però voluto accontentare di questa semplice ma universale chiave di lettura. In Godot si è cercato di vedere un simbolo: Dio, il destino, la morte, la fortuna. Anche Pozzo e Lucky sono stati oggetto di tentativi di decifrazione (il capitalista e l’intellettuale è stata l’interpretazione più spesso adottata). La grandiosità di Godot sta proprio nella sua astrattezza, o meglio nella sua totale apertura: il che non significa che chiunque è libero di vedere in Godot quello che meglio crede, ma che l’attesa di Vladimiro ed Estragone è l’Attesa con la A maiuscola, la sintesi di tutte le attese possibili.

Beckett si è sempre rifiutato di fornire spiegazioni. La sua frase più nota, in questo senso, è “se avessi saputo chi è Godot l’avrei scritto nel copione“. Anche sul nome Godot, oltre che sulla sua identità, circolano un gran numero di aneddoti . E molti sembrano avvalorare l’equazione Godot = Dio. “Godo“, infatti, è irlandese che sta per “God”.

lunedì 29 agosto 2016

"Il gabbiano Jonathan Livingston" (Richard Bach)

Il gabbiano Jonathan Livingston è un romanzo breve scritto da Richard Bach, scrittore statunitense nonché aviatore dell'aeronautica militare. L'autore dedica inizialmente il romanzo "al vero gabbiano Jonathan che vive nel profondo di tutti noi".

Racconta la storia del giovane gabbiano Jonathan Livingston che fin da piccolo nutrì una grande passione per il volo e le sue tecniche e per questo poco fedele alla tipica vita della maggior parte dei gabbiani, dediti solo a procurarsi avanzi di cibo quotidianamente sulle coste per poi tornare a riposarsi volando a bassa quota

La passione di Jonathan non fu condivisa è supportata né dalla sua famiglia né tanto meno dalla sua comunità di gabbiani che stufa dei suoi esperimenti in volo, che potevano mettere a repentaglio la vita di qualche gabbiano, decise di condannarlo all'esilio a vita giudicandolo come un reietto.

Jonathan, seppur contestando la scelta e non capendo il perché la maggior parte dei gabbiani dedichi la propria vita soltanto a procurarsi cibo, accettò la decisione e continuò ad allenarsi da solo raggiungendo velocità inimmaginabili. Finché un giorno non vennero a fargli visita due suoi splendenti simili  che lo convinsero raggiungere il Paradiso dei gabbiani" un posto fantastico dove poté perfezionare sempre più la sua tecnica di volo insieme ad altri reietti come lui. Jonathan superò ogni limite corporale e materiale fino a raggiungere la perfezione della tecnica. Divenne anche maestro di volo ed ebbe diversi giovani allievi alle sue dipendenze. Non contento di ciò decise però di tornare nel suo stormo per insegnare ai più giovani un nuovo stile di vita.

Convinse cosi tantissimi allievi a seguirlo e a loro insegnò tutto quello che sapeva finché un giorno se ne andò in un'altra dimensione per lasciare il posto di maestro al gabbiano Fletcher Lind, suo primo allievo.

Il romanzo, estremamente corto, di facile comprensione e allegorico, ci insegna l'importanza di seguire le nostre passioni seppur non comprese dai nostri cari, ci insegna che ogni nostro limite è superabile sia con il corpo che con il pensiero. Sottolinea l'importanza della crescita individuale, libera ma al tempo stesso messa a disposizione di un qualcosa di più grande, di un gruppo di una comunità con gli stessi intenti per raggiungere mete altrimenti impensabili. Ci insegna inoltre che bisogna parlare, comprendere e spiegare la nostra natura a chi non ha fatto la stessa scelta di vita, per convincerlo un giorno ad elevarsi da una vita rude, bassa e fine a se stessa. Il romanzo infine assume anche un significato spirituale: consiglia il distacco da ciò che è materiale, dal corpo e dalle cose terrene per una ricerca intellettiva continua e libera di sé, della propria identità e di valori cui obbedire con sacrifici e sofferenza

mercoledì 10 agosto 2016

Italiani Popolo di Indebitati

Secondo i dati Eurostat, l’Italia si situa tra i Paesi più cari dell’Ue per la bolletta energetica a carico delle famiglie e delle aziende. Il costo del gas in Italia è il quarto più alto nell’Ue in termini assoluti. Ben sopra la media Ue anche l’impatto fiscale sulle bollette. Questo è pressappoco il panorama che si sono trovati ad affrontare gli italiani durante questi ultimi mesi, cercando di racimolare tra i propri risparmi per non farsi trovare impreparati al consueto appuntamento con le bollette.

Questo panorama poco confortante emerge in seguito all'analisi trimestrale del sistema energetico italiano realizzata da Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). La principale criticità del sistema italiano riscontrata dal report è legata come abbiamo detto al costo dell’energia, che incide sulla competitività del sistema produttivo.

I prezzi medi dell’energia elettrica pagati dall’industria italiana, al netto di IVA e altre imposte detraibili, risultano tendenzialmente superiori a quelli sostenuti da imprese appartenenti alle altre principali economie europee. Più nello specifico, il prezzo pagato dall’industria italiana, sia nella fascia più bassa che in quella intermedia, risulta essere di circa 4 centesimi più alto rispetto alla media dei 28 Paesi dell’Ue. Anche nel caso dei prodotti petroliferi, pur registrando un forte calo, i prezzi restano superiori alla media Ue. Per quanto riguarda il prezzo al consumo del gasolio per trasporti, si evidenzia un andamento decrescente negli ultimi anni nei diversi Paesi europei, chiaramente conseguente al crollo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali, e sempre per lo stesso motivo rimane tuttavia elevata l’incidenza di tasse e imposte sul prezzo finale. Nel caso del Gas i prezzi italiani sul mercato sono sì allineati a quelli europei, ma restano differenze legate alla fiscalità, che creano uno squilibrio fra grandi imprese e PMI (piccole e medie imprese). Le differenze tra i prezzi del gas pagati dai consumatori industriali italiani e i quelli pagati dai consumatori degli altri Paesi europei sono dunque sostanzialmente legate alla diversa incidenza della componente fiscale. L’Italia si caratterizza per un sistema d’imposte che penalizza sopratutto i consumatori industriali che utilizzano meno energia. Nel caso delle PMI l’aggravio di costo è inoltre accresciuto dal fatto che la maggior parte di queste sono allacciate alla rete di distribuzione, ulteriore componente di costo che grava sul prezzo finale e che invece non tocca i clienti industriali di grandi dimensioni, allacciati alla rete di trasporto nazionale.


Come se non bastasse, accanto alle sofferenze legate alle tasse, ben 2 italiani su 3 risultano essere debitori di qualcosa. Se analizziamo i dati al dettaglio, fortunatamente ci accorgiamo che la maggior parte di questi debiti si aggirano su cifre abbastanza ragionevoli: si tratta infatti di 1.547 euro, frutto di una media di 2.312 euro per i debiti con banche e finanziarie e invece di 551 euro di debiti con società di gas, luce e telefoni. Quello che preoccupa tuttavia è comunque l’elevato numero di persone che accumulano debiti annualmente, numero in forte crescita soprattutto negli ultimi anni. Sembrerebbe strano che una famiglia non ce la faccia a saldare 1.500 euro e cessare di essere un “cattivo pagatore”. Ma il punto purtroppo è che proprio le famiglie più povere accumulano prima di tutto un debito con il fornitore di luce o gas, quindi non pagano più il cellulare, poi si ritrovano a non pagare l’affitto, a non restituire i soldi alla banca, a non rimborsare le rate per l’auto. Insomma, si innesca quello che viene definito il “circolo diabolico” del sovra-indebitamento dal quale uscirne è sempre più difficile.

Bisogna comunque osservare che sempre il cittadino italiano dal canto suo non rinuncia in ogni caso alle spese di piacere. Nell’ultimo anno è addirittura accresciuto il numero di italiani che hanno trascorso, o stanno ancora trascorrendo, le proprie vacanze all’estero o in qualche rinomata località turistica anche italiana. Lo stesso discorso può essere fatto poi per le spese prettamente consumistiche, come per esempio quelle legate ai cellulari di ultima generazione, ai televisori ultramoderni e a tutti quei prodotti eapparecchi di tendenza che permettono di “rimanere al passo coi tempi” e di poter far sfoggio del meglio in ambito di tecnologia e strumenti all’avanguardia.



Questa crescente tendenza a non voler rinunciare a nulla, anche a discapito della propria stabilità (se così la si può chiamare) economica, è una tendenza che sta prendendo sempre più piede ogni giorno e che fa sorgere molti interrogativi sulle possibili conseguenze che potrebbero esserci sul già disastrato panorama economico nazionale. Le uniche armi che possiamo utilizzare per scagionare qualsiasi ulteriore complicazione per il nostro quieto vivere sono semplicemente una maggiore accortezza, responsabilità e soprattutto un maggiore spirito di sacrificio. Meglio qualche piccola fatica oggi che un grande problema da affrontare domani.

domenica 7 agosto 2016

Attenti al Canone

Tutti coloro che sono in procinto di leggere questo articolo ricorderanno senza alcun dubbio la logorante pubblicità, andata in onda qualche mese fa, in cui Mamma Rai prometteva che il pagamento del canone sarebbe stato semplice “come accendere la luce”. Ora, ognuno di noi sa che il canone di abbonamento alla televisione è dovuto da chiunque possegga un apparecchio televisivo; sa che esso viene pagato una sola volta l’anno, dunque una sola volta a famiglia (a condizione che i familiari siano residenti nella stessa abitazione); sa inoltre che il suo importo è stato ridotto a 100€ per il 2016; ma soprattutto ognuno di noi non può non essere a conoscenza del fatto che il pagamento del suddetto è previsto, mediante addebito nella fattura dell’utenza di energia elettrica, per i titolari di tale utenza ad uso domestico residenziale.

In men che non si dica, di conseguenza, milioni di italiani si sono ritrovati nell’ultima fattura, oltre al normale consumo, anche l’addebito di 70€, corrispondente alle prime sette rate dell’abbonamento TV. Fin qui nulla da controbattere, se non fosse che per molte famiglie dietro questa cifra si nascondono in realtà caos e pasticci burocratici. Tra attribuzioni errate, segnalazioni arrabbiate ed importi sbagliati, la riuscita di questa nuova operazione sembra essere già compromessa. Intoppi legati specialmente al doppio addebito se il contribuente è intestatario di più di una bolletta elettrica; inoltre chi non doveva pagare il canone, avendo presentato prontamente la dichiarazione sostitutiva, ora se l’è ritrovato in bolletta, mentre chi ancora non ha ricevuto la famosa fattura è giustamente preoccupato di incorrere in qualche sanzione.


In questo intricato puzzle non sono mancate minacce e parole grosse da parte del Codacons, che in vista della decisione del Tar sul futuro del canone in bolletta, ne ha urgentemente richiesto la sospensione, poiché se il canone Rai viene definito dalla Corte Costituzionale come un'imposta non legata ad alcuna fornitura ma al semplice possesso di un apparecchio televisivo, la bolletta elettrica è a tutti gli effetti il corrispettivo per un servizio, pertanto: “Appare illegittimo pretendere il pagamento del canone attraverso una bolletta destinata a coprire il costo di un servizio divisibile!”.

Due giorni fa, il Tar si è riunito ed ha decretato il pagamento del canone in bolletta, annullando le speranze e respingendo il ricorso presentato da Altroconsumo e Codacons. Partita chiusa sì, ma non per tutti: al vorticoso caos scatenatosi negli ultimi giorni si aggiunge anche l’Agenzia delle Entrate che, giusto per rendere il tutto ancor più interessante, ha pubblicato recentemente un provvedimento capace di definire le modalità di presentazione dell’istanza di rimborso del canone per uso privato. Attenzione però, poiché questo è un metodo percorribile solo da coloro che hanno già erroneamente pagato il canone, essendo trattenuto in bolletta dal fornitore di energia elettrica.

Giunti a questo punto è doveroso far chiarezza per semplificare la questione agli utenti: tutte le “vittime” del caso, del caos e degli eclatanti errori burocratici possono richiedere il rimborso per un addebito improprio del canone Rai; come specificato precedentemente, l’Agenzia delle Entrate ha difatti predisposto un modulo di rimborso per il canone tv, pagato mediante addebito sulle fatture elettriche, ma non dovuto. (E’ necessario collegarsi al sito dell’Agenzia delle Entrate per scaricare il modulo ad hoc).

Tale modulo può essere inviato immediatamente, insieme ad una copia di un documento di riconoscimento e tramite raccomandata, al seguente indirizzo: Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale 1 di Torino, Ufficio di Torino 1, S.A.T. – Sportello abbonamenti TV – Casella Postale 22 – 10121 Torino.
In modalità telematica la procedura sarà attivata a partire dal 15 Settembre 2016.

Possono richiedere il rimborso tutti coloro che si sono ritrovati nella bolletta di luglio l’addebito dei famosi 70€, nonostante la presentazione della legittima dichiarazione di non possesso del televisore. Il rimborso è previsto sia nel caso in cui il contribuente o un familiare abbiano già pagato il canone se addebitato in automatico sul conto corrente, sia nel caso di doppio canone, ovvero di addebito su due utenze della stessa famiglia anagrafica, anche se intestate a familiari diversi. Diritto al rimborso anche per i contribuenti over 75 con reddito complessivo familiare non superiore a 6.713,98€, e per coloro che hanno inviato le istanze, contenenti i dati necessari, prima della pubblicazione del provvedimento.


Il rimborso, effettuato dalle imprese elettriche, avviene mediante l’accredito sulla prima fattura utile, o tramite altre modalità, come l’invio di appositi assegni. Nel caso in cui il rimborso non vada a buon fine, esso sarà pagato direttamente dalle Entrate.

Noi non possiamo che augurare ai tanti italiani di risolvere al più presto questa situazione, sperando che questi chiari di luna non generino ulteriore confusione.

mercoledì 3 agosto 2016

Approfondimento Finale sulla proposta di emissione e diffusione di Moneta Alternativa a Livello Municipale

In questi ultimi mesi abbiamo avuto l'occasione di intervistare diversi docenti universitari in merito alle tematiche che di volta in volta sceglievamo di approfondire. Tra questi, sicuramente molto disponibili ed esaustivi sono stati il professore Massimo Giannini (professore di Economia Politica presso l' ateneo romano di "Tor Vergata") e il professore Carmelo Pierpaolo Parello (professore di Economia Politica presso l’ateneo romano de "La Sapienza"). Entrambi, nello specifico ci hanno aiutato a capire meglio la natura e le dinamiche riguardo l'ipotetica emissione e diffusione di moneta alternativa nel circuito economico a livello municipale. Da queste interviste abbiamo tratto, oltre che importanti insegnamenti, anche spunti riflessivi e politici non secondari.

In questo articolo riassumeremo quanto detto nei nostri precedenti articoli in merito alla moneta alternativa, definendo nel modo più semplice possibile il concetto di moneta alternativa, analizzando i suoi sviluppi storici e i principali casi in Italia e nel mondo, elencando possibili vantaggi e svantaggi per il circuito economico globale e per l'economia reale e, infine, presentando una vera e propria proposta politica per emettere e diffondere moneta alternativa nel municipio, aiutando gli strati più bisognosi della popolazione (non trascureremo di spiegare ogni fase del proecesso: come emetterla, chi e quando dovrà farlo, con quali quantità e soprattutto chi ne beneficerà)

Definizione del concetto di Moneta: Se ci rifacciamo al pensiero economico teorico la moneta, di qualunque natura essa sia, non ha nessun ruolo fondamentale. Infatti per secoli le economia primordiali hanno sempre usato il baratto come mezzo di scambio. Nel pensiero economico dominante, quello che grossolanamente possiamo identificare come “liberismo economico”, il valore delle merci è dato solo dal suo rapporto di sostituzione con le altre merci. Lo scambio è il momento centrale di una economia di mercato: due individui si incontrano e offrono all’altro una merce domandandone in cambio un’altra. Lo scambio non implica la moneta. Tuttavia non vi è dubbio che appare complesso gestire gli scambi solo attraverso il baratto; Tutto diventa più semplice se introduciamo una “merce” fittizia che può essere convertita in qualunque merce reale.

Non vi è dubbio che in questo modo gli scambi diventano notevolmente più semplici. L’unica cosa che chiediamo a questa merce fittizia è che sia accettata da tutti come intermediario di scambio. Quindi teoricamente possiamo usare qualunque cosa sia accettata dalla collettività per assolvere alla funzione di intermediario di scambio. Se denominiamo questa merce fittizia con il termine di moneta, ne risulta che qualunque cosa può essere moneta, basta che sia accettata da tutti come tale. Per questo l’economia classica non attribuisce alla moneta alcun ruolo speciale; essa è solo un mezzo per accelerare e favorire gli scambi nel tempo e nello spazio ma non determina il “valore” di una merce. In altri termini per stabilire una circolazione monetaria occorre un accordo implicito tra i cittadini che ne sanciscono la “legalità” come mezzo di pagamento. Nelle economie moderne tuttavia questo rapporto fiduciario viene sancito e delegato ad una autorità superiore, la “banca centrale” che vigila sulla corretta circolazione monetaria, prevenendone frodi e abusi. Ma questo rapporto fiduciario è comunque tacito e non coercitivo. Quando si incrina il rapporto fiduciario la moneta cessa di essere utilizzata come mezzo di pagamento, perché non più accettata negli scambi, e si può tornare a forme di baratto o vengono introdotti nuovi mezzi di pagamento non necessariamente gestiti da una autorità centrale. 


Definizione del concetto di Moneta Alternativa: Le monete alternative (o monete parallele) sono mezzi di pagamento non ufficiali utilizzati all’interno di reti di produzione e scambio. Questi mezzi di pagamento sono in genere emessi da chi crea ed organizza le reti di scambio e, salvo casi particolari, non sono riconosciuti al di fuori della cerchia di persone che partecipano ed animano queste reti. Quando parliamo di moneta alternativa ci si riferisce a qualunque mezzo di pagamento che non sia quello "legalmente" riconosciuto dall’autorità centrale. La domanda di moneta alternativa è tanto più alta quanto debole è il rapporto di fiducia verso la moneta legale. Nei momenti di alta inflazione, come nelle economie di guerra per esempio, la moneta legale entra in crisi e i cittadini spontaneamente mettono in piedi dei sistemi alternativi di pagamento. Oppure nascono “monete” alternative che sopperiscono ad esigenze dei cittadini non soddisfatte dalla moneta legale. Tuttavia la moneta genera molti effetti indesiderati quando non gestita da una Autorità superiore, come ad esempio l’inflazione o la speculazione o peggio ancora la frode. Il rischio della moneta alternativa è quindi quello di generare dei circuiti monetari veri e propri fuori dal controllo della Banca Centrale a cui spetta il compito di vigilare e gestire la massa monetaria di una economia.

Legalità della Moneta Alternativa: Non vi sono restrizioni legali; alla base della circolazione alternativa vi è sempre l’accordo tra individui di accettarne la circolazione. Ma come detto la circolazione monetaria in una economia moderna è questione molto delicata e non può essere delegata alla spontaneità. Al di là del controllo dell’inflazione, sempre in agguato quando si “molla” il controllo della banca centrale, vi sono vere e proprie operazioni di speculazione su larga scala. In altri termini può avvenire una speculazione valutaria “casalinga” che replica in piccolo ciò che succede sui mercati internazionali. E’ bene quindi che queste monete alternative siano confinate a settori dell’economia non sensibili o a fini sociali ben identificati per i quali possono essere utili. Se la moneta accettata come pagamento delle tasse è quella ufficiale, nulla vieta la diffusione di strumenti di pagamento alternativi che consentano di saldare conti e servizi.


Esempi Storici di uso di Moneta Alternativa: Nel mondo sono oltre 5.000 gli esperimenti di moneta locale, ma è sopratutto nell’Europa della crisi monetaria che questo fenomeno sta diventando virale. In un periodo in cui il sistema del debito sta portando al collasso molte economie dell’Eurozona e dove l’unica soluzione sembra essere l’illimitato aumento della pressione fiscale, le nuove monete vogliono infondere nuova linfa nelle economie locali strangolate da crisi e tasse a non finire. Prima di procedere oltre è fondamentale ricordare alcuni punti chiave: in primis questi nuovi circuiti monetari non generano interessi e servono solo a rimettere in moto gli scambi, anche perché, il più delle volte, si accompagnano all’euro, senza sostituirlo. La moneta locale non crea debito, dal momento che è divisa in parti uguali fra i membri della comunità che la utilizza. L’obiettivo delle monete locali non è quindi abbattere il sistema dell’euro, ma riequilibrarlo in favore dell’economia reale, arginando la speculazione finanziaria a cui sempre più spesso è soggetta la moneta unica, e rilanciare le economie locali.

Il Giappone è uno dei paesi che vanta in assoluto una ricchissima esperienza in materia di monete complementari, create sia per iniziativa statale che popolare. Nel primo gruppo rientrano i "Foreai Kippu", letteralmente biglietti di assistenza sanitaria, introdotti per affrontare i problemi derivanti dal sempre maggior numero di anziani che necessitano di assistenza domiciliare. Secondo questo sistema l'anziano "affitta" un assistente che lo aiuta nelle faccende quotidiane. L'assitente viene retribuito con un credito Fureai Kippu, che può mettere in un conto di risparmio dal quale può attingere all'occorrenza, oppure che può cedere a terzi anche in altre parti del paese come forma di pagamento.

Anche New York, capitale della finanza mondiale, ha un sistema complementare al dollaro. Gli Hours of lthaca vengono impiegati per pagare il lavoro prestato reciprocamente a livello locale, all'insegna dell'attenzione per l'ecologia e la giustizia sociale. I cittadini con questa valuta possono pagare l'affitto, i migliori ristoranti in città li accettano, così come i cinema, i bowling e i negozi.

Il Wir, ampiamente diffuso in Svizzera e Germania, è organizzato in forma di cooperativa. Per rimediare all'insufficiente disponibilità di denaro questo sistema abolì gli interessi. Così il credito Wir, senza interessi, aumentò il potere d'acquisto e contribuì alla circolazione di beni. Il Wir crebbe a un tasso impressionante, in 10 anni il giro d'affari passò da 250 milioni a oltre 2 miliardi di franchi.


In l’Italia,  nel 2009 viene creata in Sardegna il Sardex, moneta virtuale utilizzata per comprare beni e servizi. Nel circuito ogni unità di conto vale 1 euro, ma a differenza della moneta corrente è immune dagli interessi. Quando un’azienda entra nel sistema le viene assegnato un ammontare di Sardex pari all’importo di beni e di servizi che questa è disposta a vendere e a comprare nel network. Il circuito in parole povere prevede che le imprese aderenti si scambino tra loro beni e servizi senza ricorrere all’euro ma fatturando regolarmente e, ovviamente, pagando regolarmente le tasse. Il Sardex è una delle monete alternative che hanno riscontrato maggiore credito in Italia aiutando a resistere alla crisi migliaia di imprese piccole e medie, sane ma in difficoltà.

Proposte Accademiche di Moneta Alternativa: Esistono alcune proposte, ma quelle più interessanti non sono di provenienza politica o sindacale, ma accademica. Mi riferisco ad una proposta in particolare recentemente avanzate in maniera indipendente da un pool di cinque economisti– proposta nota come il Manifesto “Per una moneta gratuita”. Proposta interessante che  converge sulla creazione di un nuovo titolo di stato: i Certificati di credito fiscale (CCF). I titoli dovrebbero essere dotati di un grado di liquidità tale da poter essere usati come mezzo di pagamento complementari (se non addirittura alternativi) all’euro e, se necessario, richiedere il coinvolgimento delle autorità monetarie ufficiali, vale a dire la BCE, per eventuali operazioni di copertura o sterilizzazione della base monetaria. Insomma: delle quasi-monete statali di emissione governativa. In particolare, i CCF dovrebbero servire a regolare qualsiasi transazione passiva a favore della pubblica amministrazione – ad es. pagamenti di tasse, contributi, multe, e così via -, ma solo a partire da due anni dall’emissione. A garanzia del valore frontale dei CCT ci sarebbe poi la possibilità di poterli immediatamente (quindi prima di due anni) convertire in euro attraverso il sistema bancario, garantendo così ai loro possessori la disponibilità di un certo potere d’acquisto aggiuntivo. Secondo gli ideatori del Manifesto, il fatto che la pubblica amministrazione accetti a vista i CCF farebbe di questi titoli delle quasi-monete addirittura capaci di movimentare la domanda nazionale

Vantaggi Dell'uso di Moneta Alternativa: Sicuramente l’efficacia con cui le monete parallele possono essere in grado di fornire un’alternativa più economica alle normali reti di distribuzioni e scambio di beni e servizi.
Inoltre se l’intenzione è quella di uscire (prima o poi) dall’euro, allora la creazione di una moneta di transizione è un qualcosa di auspicabile, oltre che necessaria. E questo per tanti motivi: 1) perché aiuterebbe a gestire la fase del passaggio da una unità di conto ad un’altra in maniera non traumatica 2) perché aiuterebbe a smussare gli impatti sui valori nominali di prezzi, tassi d’interesse e tassi di cambio; 3) perché avrebbe ricadute psicologiche sulla popolazione più gestibili rispetto ad repentina sostituzione dell’euro con una nuova versione della vecchia moneta nazionale. Ma se un Paese sente di dover uscire dall’euro sarebbe auspicabile che lo facesse in maniera concertata e non unilaterale; col “bel tempo” (vale a dire fuori da una crisi o recessione) e non nel bel mezzo di una bufera economica; in maniera ragionata e non d’impulso semplicemente perché alla fine ci si è accorti che questa Europa non è proprio quello che ci si aspettava o il paese leader ci sta antipatico. L’introduzione di una moneta complementare, capace di affiancarsi a quella tradizionale, potrebbe rappresentare una nuova opportunità per il mercato e per l’intero territorio, in quanto espediente fondato sul rilancio trasparente dell’economia reale. L’introduzione effettiva di una moneta complementare potrebbe convalidarsi come un forte strumento per risollevare le economie in difficoltà, definendo così un sistema contraddistinto da una maggiore stabilità, da una più equa prosperità e soprattutto da un orientamento più a lungo termine rispetto a quello odierno. Infine la moneta complementare non comporterebbe il disfacimento dell’attuale sistema, ma sarebbe applicabile da subito. Questa innovazione consentirebbe un recupero, perlomeno parziale, della sovranità monetaria, essendo in grado di rinnovare il senso di comunità, di favorire l’inclusione sociale, di promuovere iniziative volte al recupero della resilienza socio-culturale ed economica, di consentire un aumento del potere d’acquisto ed una maggiore semplicità e rapidità degli scambi e della distribuzione di beni, servizi e lavoro.


Proposta Politica per l'emissione e la diffusione di Moneta Alternativa a livello Municipale: in primis va sostenuto che è importante non convertire moneta alternativa in euro, per evitare squilibri e truffe. Per quanto riguarda invece le Singole Fasi da svolgere, ne abbiamo individuate cinque principali:

1) Iscrizione cittadini al circutio: Il municipio eroga 100 monete alternative ad ogni cittadino e al municipio spetta un totale di monete alternative equivalente della somma di quanto ricevuto dai cittadini iscritti (es. quindici soci, millecinquecento monete alternative al comune)

2) Le monete alternative vengono immesse nel circuito: Il municipio da contributi  alle famiglie problematiche e paga i propri dipendenti in parte con  monete alternative

3) Le monete alternative cominciano a girare: le famiglie spendono monete alternative in negozi di generi di
 Prima necessità (panettieri, alimentari, agricoltori, artigiani, erboristerie, ecc.) e Le associazioni spendono ed incassano monete alternative

4) Le monete alternative incassate vengono spese sempre più: questo aumenta il potere d’acquisto delle famiglie e la ricchezza del territorio: I negozianti pagano alcuni servizi ed imposte al Municipio in monete alternative, I negozianti e le imprese pagano alcuni fornitori in monete alternative, Il Municipio paga alcuni fornitori in monete alternative

5) Il sistema è ora regime, il cerchio si chiude e si sviluppa la virtuosità del circuito: Il Municipio incassa monete alternative dai cittadini e dai commercianti, Il Municipio eroga contributi parzialmente in monete alternative, i cittadini spendono monete alternative nei negozi di generi di prima necessità, sia il Municipio che i negozianti pagano i loro rispettivi fornitori in monete alternative

Ci sono poi quattro fasi riguardanti il Percorso di implementazione del circuito:

1) Presentare lo schema al municipio (Presidente, assessori, segretaria comunale, consiglieri)

2) Presentare il circuito alle realtà interessate e ai cittadini facendone capire il valore aggiunto

3) Costituire un punto d’erogazione di monete alternative direttamente in municipio

4) Cominciare ad usare monete alternative dandosi obiettivi ambiziosi ma raggiungibili

E infine le tre fasi finali di consolidamento del circuito:

1) Fare analisi del PIL del territorio

2) Individuare i settori prevalenti (agricoltura, artigianato, beni e servizi, commercio, manifattura, turismo, altre aziende e settori)

3) Sostenere le vocazioni territoriali

Eccola, dunque, la nostra porposta politica. Concreta, Realizzabile, Sostenibile. Monete Alternative non per sostituire (almeno per ora) ma per rafforzare la monete ufficiale. Per andare incontro alle fasce più in difficoltà della popolazione. Per far ricrescere e sviluppare di nuovo il territorio. Veniteci a dire, ora, che non è possibile farlo...

martedì 2 agosto 2016

DIEURO FRONT INGLESE

23 giugno 2016. Una data storica. Il referendum sulla Brexit (uscita o permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea) ci regala un risultato clamoroso per molti, ma non per noi. Con il 51,9% gli elettori hanno decretato la vittoria a favore di chi vuole lasciare la comunità europea cercando di ridare maggiore sovranità al proprio stato. Circa un milione di voti in più rispetto a coloro che volevano rimanere in Europa. 16,8 milioni di voti contro 15,7.

Diciamo che la Gran Bretagna completa la sua metamorfosi dopo non aver accettato mai la moneta unica europea. Dice così addio a quel meccanismo che tarpa le ali a molti ma che nessuno ha il coraggio di dire. Gli elettori inglesi delle campagne e dei piccoli centri sono stati i promotori della vittoria. Gli under 40 hanno votato per restare,gli anziani per uscire.  In Scozia e Irlanda Del Nord invece ha prevalso il voto al “remain”. La Scozia addirittura sta pensando già ad un nuovo referendum sulla propria volontà di non voler uscire dall’Ue.

Insomma,possiamo dire che è stato un referendum che ha "spaccato£ l’Europa. Perfino lo Stato Islamico è entrato nel merito annunciando tramite un comunicato che seguirà una grave crisi economica e che per questo continuerà a colpire. Purtroppo è di qualche giorno fa la notizia del massacro di Nizza.


 Assistiamo al classico bombardamento mediatico sulla questione del giorno. Ma Unione europea oggi significa solo difesa di interessi delle caste bancarie. E gli inglesi lo hanno capito.  Non tutti sanno che Londra,pur avendo una propria economia e una propria moneta ha sempre guadagnato dalla circolazione della moneta europea,così come la Germania della Merkel. Quindi sarebbe lecito domandarsi come mai gli inglesi hanno deciso di uscire da quell’Europa che loro stessi sfruttavano e da cui guadagnavano?

Molte cose sono strane,addirittura notiamo che una parte delle potenze europee ha rafforzato l’economia inglese acquistando titoli di stato inglese e prevedendo la svalutazione della sterlina. Il giorno dopo il referendum,chi ha sofferto di più sono state le banche italiane che però il giorno prima hanno comprato in maniere pesante. Londra sembra aver preso una posizione attendista. Nell’immediato registriamo solo le dimissioni di Cameron ricordando che lui stesso ha voluto questo referendum e l’ha sottoposto al popolo. Troppo poco per una scelta così epocale.

I vari governi europei hanno scritto nel trattato di Lisbona che si può uscire dall’Unione europea,art.50,ma non hanno scritto come e quindi ci saranno sicuramente anni di negoziati. La Gran Bretagna dovrà rinegoziare tutti i trattati con l’Europa,compresi gli accordi di libero scambio. Sarà una burocrazia lenta perché così come ci vuole tanto tempo per entrare,ce ne vuole altrettanto per uscire. Potrà però essere indipendente,almeno in parte,e potrà dimostrare che da soli,con una buona politica,si può stare meglio perché si è padroni a casa propria. Nasce quindi l’idea che volendo si può andare via.


Il nostro paese ha un debito grandissimo, eppure continua a farsi prestare i soldi dalla Banca Centrale Europea  e a restituirli (in parte) ad un tasso di interesse alto. Ecco perché noi non ci rappresentiamo con questo concetto di Europa. E perché non fare anche da noi un referendum? Semplice,qui in Italia,secondo le leggi,non è possibile! I trattati internazionali non sono sottoposti a referendum popolare. Un altro esempio di popolo non sovrano!! E Renzi continua a dire che l’Europa è la nostra casa ma che va ristrutturata. Un’Europa che rappresenta un governo economico retto principalmente dall’economia tedesca;potremmo fare l’equazione marco-euro e Bce-Deutsche Bank.

Perché alla fine ha vinto Brexit? L’Ue con le sue istituzioni è lontana dai bisogni dei cittadini. Queste istituzioni sono gestite dalle lobby e spengono ogni tentativo di sovranità dei popoli,annullano le identità e azzerano i diritti. Parliamo di istituzioni che nessuno elegge,in Europa comanda la Banca Centrale Europea,non eletta da nessuno,comanda la commissione europea,non eletta da nessuno. L’unico eletto è il parlamento europeo che ha funzioni limitate e secondarie. E a ciò si somma anche il problema dell’immigrazione, argomento complesso ma che l’Europa sta affrontando in maniera sbagliata. Si vuole arrivare alla cancellazione delle frontiere,a fare una Grande Sostituzione di popolo.


A certi organismi europei conviene portare in Europa queste ondate migratorie  perché ne ricavano manodopera a basso costo con conseguenza di revisione dei diritti dei lavoratori europei. Lo diciamo da sempre,lo ribadiamo ancora una volta.  La nostra Europa sarà quella in cui tutte le nazioni saranno sovrane,politicamente ed economicamente,sarà quando lavoreremo con paghe dignitose,sarà quando stamperemo la nostra moneta senza chiedere prestiti e quindi annullando gli interessi, sarà quando valorizzeremo la nostra industria e non la svenderemo, sarà quando i nostri figli avranno un futuro certo,sarà quando non saremo più schiavi ma liberi. Sarà…

martedì 19 luglio 2016

"Mai Avere Paura- Vita di un Legionario non Pentito" di Danilo Pagliaro


Da poco presentato sulla terrazza di Casapound a Roma, la fatica letteraria di Danilo Pagliaro ci offre un vissuto autentico e personale all'interno della Legione Straniera.

Corpo militare d'élite dell'esercito francese, fondato nel 1831 dal re Luigi Filippo di Francia ha avuto nel corso della sua vita una fama sempre crescente, in parte per l'alone di mistero e fascinazione che riguardava le storie dei suoi membri ma soprattutto per le sue imprese sul campo di battaglia, una fra tutte la battaglia di Camerone.

Danilo Pagliaro ci riporta all'interno della vita dei legionari senza risparmiare mezzi termini contro chi ne parla a vanvera e senza cognizione di causa e talora smontando alcuni luoghi comuni sovente attribuiti ai soldati dal kèpi blanc.

Dalla sua vita precedente all'arruolamento, all'annullamento della stessa dopo l'arruolamento e dopo alcuni eventi significativi per lui, dalle battaglie più dure combattute dalla Legione al futuro della stessa al netto di una crisi di valori che secondo l'autore oggi non risparmia neanche questo ambiente, il libro in maniera chiara rende onore alla virtù del "mai avere paura", che spiega l'autore non significa non averne bensì non arrendersi mai di fronte a qualsiasi sfida, sia essa grande o piccola, che la vita ed il destino ci pongono davanti.


Senza indulgiare sul contenuto del libro che sicuramente merita di essere comprato e letto tutto d'un fiato, alla vigilia di eventi tragici come quelli che accadono nel nostro paese ed in paesi europei limitrofi la riflessione che suscita il libro del legionario Pagliaro è proprio l'attualità del suo titolo: nostro compito è non aver paura, non arrendersi di fronte a tutto ciò e continuare a difendere quella nostra patria europea, oggi oltraggiata sì da attacchi terroristici e politiche scellerate ma soprattutto dai suoi figli che l'hanno dimenticata.

martedì 12 luglio 2016

La sudditanza come malanno dello spirito


Gli ultimi recenti casi di cronaca che hanno visto la morte di due persone, un americano ed un nigeriano, rispettivamente a Roma e Fermo hanno nuovamente dimostrato come uno dei sentimenti più presenti e vivi spiritualmente tra gran parte degli Italiani sia quello della sudditanza.

Il nostro paese conosce una situazione di mancanza di sovranità economica e politica da ben settant'anni ormai, e ciò sembra avere avuto una sua ripercussione negli atteggiamenti morali e comportamentali di molti nostri compatrioti. Infatti in entrambi i casi sopra citati la reazione istintiva percepita tra social network, giornali telegiornali etc. è stata quella di "dover chiedere scusa". Costernazione, vergogna e ricerca del perdono, hanno riempito l'opinione pubblica mediante ogni canale di comunicazione immaginabile ma anche, e questo forse è l'aspetto più grave, mediante le spontanee esternazioni di tanti concittadini. Sarebbe sbagliato imputare a quest'ultimi, o almeno a tutti, la volontarietà di tali atteggiamenti, questi derivano a nostro avviso dallo smarrimento del ruolo più sottile ed importante della politica, che invece di celebrare eroi(laddove vi siano), costruire su questi eroi nuovi miti o riscoprire i più antichi(vedi l'Iliade), ed educare il nostro popolo al coraggio al destino, ha voluto appiattirsi seguendo i dettami di quest'epoca degradata, appiattendo però così le esistenze non solo degli interpreti politici ma anche dei destinatari ideali dei loro comportamenti, ovvero i cittadini.


Ritornando ai casi specifici, premettendo che di fronte ad ogni morte il silenzio è la pratica più sincera e corretta, vi sono nella nostra storia eventi e morti che ancora attendono una verità, un giudizio si pensi alla strage del Cermis o a quella di Ustica, dove guarda caso protagonista in negativo sono sempre gli Stati Uniti, nazione di provenienza di quel ragazzo, che di certo non per questo meritava di morire ma allo stesso tempo non si necessita, soprattutto per la dinamica fortuita dei fatti, di ulteriori prosternazioni o scuse.

Per il secondo caso avvenuto a Fermo, non ci preme tanto sottolineare che lo stesso trattamento mediatico e politico non fu riservato ad un giovane italiano morto sgozzato pochi mesi prima a Terni, per dinamiche "simili", questo ennesimo sintomo di scollamento tra classe politica e popolo, ma tanto il fatto che questi stessi soggetti si siano subito dilungati in interviste, giudizi e dichiarazioni senza nemmeno aspettare le prime perizie che ad esempio ribaltano le iniziali versioni spiattellate qua e là, e senza tenere conto dell'esistenza di diversi testimoni le cui testimonianze discordano con la versione da Alfano Renzi e Boldrini sostenuta e divulgata.


Insomma comportamenti di getto quasi mossi da risentimento verso il loro stesso popolo, additato come razzista intollerante ma in realtà solo vittima di folli politiche immigrazioniste. 
Ebbene finché la politica non tornerà a ricoprire quel ruolo anzidetto, difficilmente molti cittadini potranno riscoprire un modus vivendi di coraggio verso ogni sfida posta dalla vita, ma continueranno a seguire la via delle scuse della costernazione, della sudditanza.

giovedì 23 giugno 2016

La triste situazione lavorativa in Italia

Quante volte abbiamo pubblicato articoli riguardanti il tema del lavoro con la speranza di poter invertire la rotta al prossimo approfondimento? Quante volte abbiamo analizzato queste problematiche, rilanciando a nostro modo risoluzioni concrete affinché risuonasse con sempre minor insistenza quella parola che dovrebbe far tremare anche i "potenti" comodamente seduti in poltrona? Purtroppo ciò che è stato continua ad imperversare tutt'ora: è ancora crisi lavoro.

Sì, ancora, perché nonostante una lenta ripresa del Mercato del Lavoro, continua a rimanere stabile il tasso di disoccupazione.


Se da un lato c'è chi esulta per l'abolizione dell'articolo 18, dalla parte opposta ci sono ancora centinaia di migliaia di persone in cerca di un impiego. Se a tutto ciò aggiungiamo anche le ormai consuete follie, partorite da vere menti criminali, circa l'obbligo morale di garantire un'occupazione stabile agli immigrati, non ci resta che assistere ad un vero e proprio capovolgimento della realtà. I numeri parlano chiaro: in Italia i cittadini "attivi economicamente" e con un lavoro sono nel 67% dei casi italiani, mentre nel 72% stranieri extraeuropei. Colpa di chi favorisce l'immigrazione incontrollata, di chi cerca manodopera a basso costo sfruttando i falsi profughi che occupano le nostre coste. L'Italia, in questo senso, è tra i paesi peggiori d'Europa.

Inoltre, dal mese scorso, il numero di ore di cassa integrazione è aumentato pericolosamente, così come le domande di disoccupazione.



La situazione sta precipitando; queste cifre da capogiro non sono semplici numeri scritti su carta; dietro tutto ciò ci sono migliaia di italiani che continuano, paradossalmente, ad ignorare non per colpa loro, l'espressione "arrivare a fine mese"; qui ci sono cittadini che stentano ad arrivare all'indomani. Poi ci si meraviglia se la percentuale dei cosiddetti "poveri" raggiunge picchi vertiginosi.
Ora più che mai è necessario favorire i nostri concittadini in difficoltà; basta parole al vento, pretendiamo fatti concreti!

martedì 14 giugno 2016

La crisi del welfare anche nei seggi elettorali




Proprio in questi giorni a Roma e in altri comuni sparsi in tutta Italia si stanno eleggendo i nuovi sindaci e i consiglieri comunali in carica. Le elezioni comunali, così come qualsiasi altro tipo di elezione volta a scegliere dei rappresentanti del popolo, dovrebbero avere come obiettivo quello di individuare le persone più competenti, più preparate, e quindi più idonee a svolgere il compito per cui verranno elette. La ricerca di un buon sindaco per una città si traduce anche in questo: individuare un uomo/donna abbastanza competente da poter migliorare, o addirittura garantire, il cosiddetto stato di Welfare.

"Il welfare state", o stato del benessere, o ancora stato sociale, può essere definito come uno stato che garantisce ad ogni suo cittadino, come diritto politico e non come carità, degli standard minimi di reddito, di alimentazione, di salute, di abitazione, di educazione. Pertanto è un’organizzazione istituzionale, politica ed economica che si pone come obiettivo la produzione di benessere e di sicurezza sociale attraverso la politica sociale. Il welfare state utilizza il proprio potere organizzativo per modificare il gioco delle forze di mercato in almeno tre direzioni: “garantendo agli individui ed alle famiglie un reddito minimo indipendentemente dal valore di mercato del loro lavoro e della loro proprietà; restringendo l’arco dell’insicurezza, mettendo individui e famiglie in condizione di far fronte a certe ‘contingenze sociali’ (malattia, vecchiaia, disoccupazione) assicurando che a tutti i cittadinivengano offerti gli standard più alti in relazione ad una gamma riconosciuta di servizi sociali.

Queste elezioni che dovrebbero in qualche modo rappresentare una nuova possibilità e una speranza di migliorare il nostro stato di benessere generale, partono invece in maniera scoraggiante e con i presupposti più sbagliati anche nelle piccole questione sociali.


In occasione di queste votazioni per eleggere il nuovo primo cittadino di Roma sono stati coinvolti per le operazioni di seggio moltissimi dipendenti Atac e Ama. Nello specifico sono stati circa ottocento i permessi retribuiti a dipendenti Atac, in gran parte come scrutatori. Più contenuti ma non meno rilevanti i numeri relativi all’Ama, che contava ben quattrocento spazzini di servizio nei seggi.

La corsa di tutti questi dipendenti delle due aziende capitoline a fare i rappresentanti di lista mostra chiaramente l’alto grado di politicizzazione e di sindacalizzazione del personale. Ovviamente l’assenza sui posti di lavoro di questi dipendenti che nella loro quotidianità ricoprono ruoli essenziali per il corretto funzionamento della città e per il quieto vivere dei cittadini ha creato notevoli disagi. Le due aziende Municipalizzate sono costantemente alle prese con ricorrenti disservizi, numerosi sono gli scioperi che si susseguono nella capitale e in continuazione gettano un’intera città nel blocco totale. Ovviamente alcuni di questi scioperi c’erano stati anche prima della fase preliminare di queste elezioni, e il susseguirsi di questo ulteriore disagio relativo all’assenza dei dipendenti Atac e Ama dai posti di lavoro ha definitivamente gettato ancora una volta la città nel caos. Ed ecco che lo Stato già viene meno a quello che è il 3° punto fondamentale per un corretto welfare state.





Il meccanismo di selezione dei lavoratori ai seggi è una delle tantissime procedure che andrebbero riviste e modificate. L’inefficienza della legge italiana si vede anche in queste piccole cose. E’ assurdo che a fare gli scrutatori vadano categorie di lavoratori legati a servizi essenziali per il cittadino e vengano invece esclusi disoccupati, cassintegrati o quantomeno studenti e liberi professionisti che in ogni caso avrebbero la possibilità di organizzare in modo funzionale i loro impegni e il loro lavoro. E se vogliamo qui viene anche meno quello che sarebbe il 1° punto dello welfare state, visto e considerato che lo Stato pur potendo mettere a disposizione posti di lavoro (seppur a prestazione occasionale) a chi di lavoro non ne ha, concede invece la precedenza a chi il lavoro per sua fortuna già lo possiede.

Queste sono solo alcune considerazioni che potrebbero essere ulteriormente approfondite portando ad esempio tante altre situazioni anomale e prive di logica che possiamo riscontrare anche personalmente
ogni giorno in prima persona. Noi come al solito siamo abituati a soffermarci in particolare sul panorama romano essendo quello che ci tocca più direttamente, ma ovviamente lo Stato è uno, e la situazione nel resto d’Italia non è tanto differente da città a città.



Come ben sappiamo il prossimo fine settimana ci sarà una nuova chiamata alle urne, bisognerà decretare il nuovo sindaco di Roma con la fase di ballottaggio. Viene spontaneo chiedersi: verranno presi in considerazione gli errori di organizzazione delle recenti votazioni? Dubitarne ormai è diventata cosa lecita per noi italiani. Ma siamo sicuri che nulla cambierà, nè riguardo gli scrutatori nè tantomeno riguardo il nuovo sindaco (che vinca uno o l'altro è indifferente) e le sue proposte di miglioramento dello stato sociale e dei servizi offerti ai romani. Per esempio, si aprirà l'era degli autobus colorati, non dell'efficenza dei trasporti. D'altronde è quello che vogliono i romani...

domenica 12 giugno 2016

Non si fermerà la marcia. Nel ricordo di Luigi Guardiera...

Chi ha mai sentito parlare di Luigi Guardiera? Pochi. E allora ve lo spieghiamo noi per ricordarlo con giustizia: Luigi era un giovane ventitreenne francese, militante del Front National ucciso la notte del primo Maggio 2016 con La sua unica colpa di appartenere al più grande partito della destra francese il "Front National" . Aggredito in un parcheggio di una discoteca a Tarbes. Era talmente innamorato della sua patria che aveva il desiderio di arruolarsi nell’esercito francese.

"Stranamente" in Italia sotto campagna elettorale nessuno ha avuto il coraggio di ricordare questo ragazzo innocente ucciso da vigliacchi servi del sistema. Ma d'altronde cosa aspettarci da chi ha taciuto riguardo gli assalti ai banchetti elettorali di Casapound che hanno portato al ferimento di un ragazzo disabile e di una donna? Per i ridicoli e corrotti media italiani è più importante parlare del "coraggio" di una donna nera che fa il pugno chiuso davanti un corteo di nazionalisti svedesi. Ma il povero Luigi era un patriota e forse questa qualità non è ben vista dalla stampa. E da una parte è anche motivo di fierezza. Va aggiunto, inoltre, in questo caso che anche l’Europa è complice Sempre pronta a sputare sentenze senza sapere cosa c’è dietro un movimento radicale. La stessa Merkel giura che ce la metterà tutta per fermare l’avanzata del Front National sulla scena politica francese.


Tre anni fa perse la vita un militante antifascista francese e tutta la stampa scrisse di tutto contro chi aveva provocato la morte. Addirittura tutta la classe politica si espresse su quella vicenda. I colpevoli erano appartenenti ad un movimento nazionalista. Secondo loro però! Perché poi si scoprì che il giovane ragazzo era morto per scontri causati dagli estremisti di sinistra. Il solito discorso dei due pesi e due misure. Troppe anche in Italia sono state le morti "coperte". Siamo abituati,non dovrebbe essere cosi. E durante questa campagna elettorale nel nostro Paese abbiamo sentito le migliori promesse,ma nessuna parola è stata spesa per ricordare una vittima innocente. Giustamente non avrebbe fatto guadagnare voti una presa di posizione forte in merito.






C’è chi invece chiude le proprie campagne elettorali in posti come Acca Larentia, luogo simbolo per tutti i camerati che vogliono ricordare non solo i tre ragazzi caduti quel maledetto 7 gennaio 1978, ma tutti quei martiri che hanno sacrificato la propria vita per un ideale. Noi come comunità militante ci sentiamo in dovere di ricordare Luigi perché rappresenta anche la nostra scelta. Una scelta scomoda per molti. Ci sentiamo tutti Luigi Guardiera. Anche noi vogliamo fare una promessa a questo punto, ma non una promessa elettorale bensì un giuramento di lotta: NON SI FERMERA’ LA MARCIA!

martedì 31 maggio 2016

Governo Pinocchio, l'economia italiana non riparte


"Più piccola è la mente più grande è la presunzione" è un famoso detto di Esopo, scrittore greco antico. Un aforisma che ci sembra più attuale che mai, soprattuto se applicato alla politica italiana attuale con un chiaro riferimento al governo guidato dal presidente Renzi. Un governo che sembra vedere solo quello che vuole, solo quello che conviene loro. A sentrli parlare, infatti, l'Italia è ripartita, la crescita è costante e l'Europa è soddisfatta.

Recenti dichiarazioni del ministro dell'economia Padoan raccontano di " una crescita che accelera in buona parte trainata dall'effetto delle misure del governo e si accompagna al miglioramento continuo delle finanze pubbliche sia in termini di deficit che di debito» durante la stesura del DEF,il Documento di economia e finanza, annunciando che il Pil 2016 crescerà dell'1,2, rispetto all’1,6% precedentemente previsto. L’aumento del Pil sarà dell'1,4% nel 2017 e dell'1,5% nel 2018. Quanto alle privatizzazioni «l'obiettivo fissato è dello 0,5% di Pil di introiti». «Stiamo esaminando varie opzioni che ci permetteranno di raggiungere quell'obiettivo» ha aggiunto Padoan.

Dichiarazione accompagnate da quelle del primo ministro Matteo Renzi che afferma "Spero che nel prossimo anno possiamo tornare ai livelli di media europea. l'Italia ha avuto nel 2012 con il governo Monti una crescita negativa. Nel 2013 con il governo Letta ha avuto -1,9. Ora siamo a +0,8 "

Ma i numeri, forniti soprattuto dall'Istat, e i fatti, non concordano con queste ottimistiche visioni.

Negli ultimi dodici mesi hanno chiuso ogni giorno oltre 390 imprese ed è stato osservato che lo scorso anno si è consumata una vera e propria strage di piccole e medie imprese.I principali responsabili di questo disastro sono: lo stallo del mercato interno, l’aumento del prelievo fiscale, il crollo del credito e l’incremento del peso di adempimenti inutili e costosi.

Ma, la crisi non è uguale per tutti. Se, infatti, gli imprenditori italiani arrancano, l’esercito delle aziende condotte da immigrati continua a ingrossarsi: oggi sono oltre cinquecentocinquantamila, ovvero il 9,1% delle aziende totali. Di queste, la stragrande maggioranza (94,2%) è di esclusiva conduzione straniera.


Ma, il dato più importante è quello che riguarda soprattutto il saldo tra imprese nate e cessate nel 2015: quello degli stranieri è in attivo di 24.795 unità, al contrario, le imprese italiane mostrano un saldo negativo di circa diecimila unità. I dati testimoniano la crescente importanza dell’imprenditoria straniera: una realtà in crescita in tutte le regioni e in tutti i settori. Ciò dimostra che  solo con un sistematico sfruttamento della manodopera si può ridurre l’impatto delle tasse sui ricavi delle imprese. Il fisco per le aziende italiane è  un socio occulto che pur non condividendo il rischio d’impresa partecipa alla distribuzione degli utili.  Siamo il paese in Europa che subisce invadenza dello stato nelle attività economiche dei cittadini e delle imprese attraverso la leva del fisco. Il fisco italiano pesa sulle imprese con un tax rate del 64,8%. Inoltre, la burocrazia certo non incoraggia la voglia di investire. L’Italia, infatti, è ultima per costi degli adempimenti burocratici per pagare le tasse (7.559 euro) staccando pure la Germania (7mila euro circa) e il Belgio (6.295 euro). A questi costi si aggiunge la perdita di tempo (e di denaro) per pagare le tasse (269 ore annue): solo in Europa dell’Est le procedure sono più farraginose delle nostre.

Ma andiamo avanti: nel mese di gennaio 2016, la richiesta di elettricità in Italia ha fatto registrare una flessione dell’1,0% a parità di calendario rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Ovviamente possiamo ipotizzare che di anno in anno i comportamenti degli italiani diventino più “parsimoniosi”


Sale solo il consumo di petrolio a gennaio ma meno bene sono andati i prodotti di autotrazione, con la benzina che nel complesso ha mostrato un calo del 6,3% rispetto a gennaio 2015 (livello più basso da 10 anni).

A dicembre 2015 il fatturato dell’industria registra una diminuzione dell’1,6% rispetto a novembre (-1,7% sul mercato interno e -1,4% su quello estero). Negli ultimi tre mesi, l’indice complessivo registra una flessione dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti

A dicembre gli indici del fatturato segnano flessioni congiunturali per l’energia (-4,6%), per i beni strumentali (-2,2%), per i beni intermedi (-1,2%) e per i beni di consumo (-0,7%).

La spesa pubblica, elevatissima e causa di una pressione fiscale abnorme, non accenna a calare. Lo scorso anno essa è aumentata di 52 miliardi di euro e le tasse sono cresciute di quasi 26 miliardi. Rispetto al 2014, nel 2015 le uscite correnti del bilancio pubblico sono passate da 483,8 miliardi a 536,4 miliardi, mentre le entrate tributarie suono salite da 407,5 miliardi a 433,4 miliardi.


Nel nostro Paese il pil  è sceso di oltre 8 punti, i consumi delle famiglie di 6,5 punti e gli investimenti quasi 27,5 punti percentuali. La disoccupazione, invece, è pressoché raddoppiata.
Per recuperare il terreno perso ci vorrà molto tempo. Se nel prossimo futuro il pil crescesse di almeno 2 punti ogni anno, il nostro Paese  tornerebbe alla situazione pre-crisi solo nel 2020. E così non sarà; l’Ocse rivede al ribasso le sue stime per il Pil italiano per il 2016, prevedendo una crescita all’1%

Non riparte la produzione industriale, che dopo il dato di febbraio (-0.6%) fa segnare un’altra performance non esaltante. l’Istat nel suo bollettino di Maggio 2015, segna una variazione nulla rispetto a febbraio. Zero percento netto. La produzione industriale è un indice anticipatore della tendenza di medio periodo, che non sembra così capace di confermare le attese: non più tardi di inizio mese l’Ue ha già limato  di 0.3 punti, a +1.1% (per confronto: è un taglio di oltre il 20%) la crescita del Pil nel 2016.

A ottobre il tasso di disoccupazione in Italia si è attestato all’11,5 per cento, raggiungendo livelli minimi dal dicembre del 2012 quando era all’11,4 per cento. Lo ha riferito l’Istat. Bisogna considerare che il tasso di disoccupazione non tiene conto del numero di persone senza un lavoro che non stanno cercando un impiego, quelle che rientrano nella categoria statistica degli “inattivi”, che sono aumentati.

Tra l’ottobre del 2014 e l’ottobre 2015, il numero degli occupati è cresciuto dello 0,3 per cento, con 75mila occupati in più, ma il dato positivo non è strettamente legato alla creazione di nuovi posti di lavoro perché molto dipende anche dall’invecchiamento della popolazione. Infatti, il numero di occupati è aumentato soprattutto tra le persone con più di 50 anni, fascia di età che dall’inizio del 2013 è cresciuta del 4,7 per cento.

I lavoratori permanenti diminuiscono di 97mila unità. Dopo la forte crescita registrata a gennaio 2016 (+0,7%, pari a +98 mila), presumibilmente associata al meccanismo di incentivi introdotto dalla stabilità 2015 il calo dell’ultimo mese riporta i dipendenti permanenti ai livelli di dicembre 2015 A febbraio 2016 la disoccupazione torna a salire (+0,1%) e calano gli occupati (-97mila posti) a causa della riduzione dei lavoratori permanenti. A pesare è la fine dell’effetto degli sgravi fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato previsti dalla legge di stabilità del 2015.

Secondo i dati provvisori diffusi dall’Istat, il tasso di disoccupazione a febbraio 2016 è pari all’11,7 per cento, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a gennaio. L’istituto stima che i disoccupati siano aumentati di circa 7mila unità.

La disoccupazione giovanile a febbraio 2016 è stata pari al 39,1%, in calo di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente.



Emerge dunque un dato incontrovertibile: finiti gli incentivi fiscali alle aziende (che sono soldi dei cittadini, non di Renzi), la disoccupazione risale. La sensazione è che il Def 2016 sia costruito in funzione di continuare una politica di qualche aggiustamento di qualche decimale che, non determina le condizioni per quella crescita di cui il Paese ha bisogno. Per tornare a livelli pre-crisi, di questo passo, potremmo metterci più di venti anni. Complimenti vivissimi per il lavoro svolto, presidente Renzi ma soprattutto complimenti vivissimi per la presunzione quotidiana che ormai vi contraddistingue. Presuntuosi e Bugiardi!


mercoledì 18 maggio 2016

"Il Faro di Mussolini" di Alberto Alpozzi

"Il Faro di Mussolini" (l'opera coloniale più controversa e il sogno dell'Impero nella Somalia Italiana) è l'ultima ricerca storica,presentata anche presso lo Spazio Libero Tenaglia, di Alberto Alpozzi, fotoreporter piemontese che ha lavorato per "La Stampa", "Il sole 24 Ore", "Il Giornale" e "Famiglia Cristiana" documentando le guerre in Afghanistan, Libano, Kosovo e la missione antipirateria in Somalia.

Si tratta di un'accurata analisi storico-politica sul più grande faro con la forma di un fascio littorio al mondo, ancora oggi alto più di venti metri, dedicato a Francesco Crispi e finito di realizzare nel 1924 dopo decenni di progetti e discussioni sui costi, situato a capo Guardafui ("guarda e fuggi" dal portoghese, per la poca cordialità degli autoctoni), nel Corno d'africa, la punta più ad est del continente africano.

Una dettagliata analisi che racconta, oltre alle principali informazioni sull'opera (tempi del progetto, costi della realizzazione, discussioni politiche) addirittura la fase preparatoria della costruzione, i primi viaggi dei turisti italiani in Somalia, le celebrità che lo inaugurarono e visitarono, il destino del monumento durante la Seconda Guerra Mondiale.

Alpozzi descrive in maniera estremamente minuziosa la storia di questo importante monumento non solo per la Somalia ma per tutte le nazioni del mondo, visto l'enorme quantitativo di navi che attraversavano in quegli anni (e ancora oggi) il Corno d'Africa (afflusso inferiore solo al Canale di Suez). Una storia che svela una serie di retroscena politici non indifferenti: in primis la meschina politica inglese in Somalia che più volte sottolineò, anche sotto il suo protettorato, la necessità di costruire un faro in quel promontorio nel quale centinaia di navi, in pochi decenni, erano finite nelle trappole dei pirati somali (con i marinai che più volte subirono casi di razzia e di cannibalismo) ma che non si volle mai far carico delle spese della costruzione e del mantenimento. In secondo luogo, la politica coloniale italiana in Somalia mai aggressiva (la Migiurtina, la regione più a nord della Somalia, divenne protettorato del Regno d'Italia ma non fu mai conquistata militarmente ma solo concessa dagli inglesi in virtù di accordi politici) ma anzi sempre propensa a cercare via conciliative con i sultani locali (nonostante più volte tradirono gli accordi presi) e addirittura più volte lodata da giornali e ufficiali inglesi (testimonianze presenti nel libro), che seppur in origine restii a complimentarsi col nostro paese, alla fine non poterono far altro che ammettere la differenza sostanziale tra i due colonialismi: il loro governo depredava, l'Italia costruiva.

Il Faro fu comunque costruito dal regime fascista nonostante gli enormi costi di costruzione e di mantenimento dell'opera (provviste, militari a difesa, tecnici specializzati) e soprattuto senza l'aiuto economico di nessun altro paese al mondo che ne beneficerà direttamente con il passaggio sicuro delle proprie navi (a Suez per esempio fu imposta una tassa durante il passaggio delle navi per le spese di mantenimento del canale).

"Così l'italia irradiò ormai con una triplice luce di grande portata una delle vie più importanti della navigazione mondiale, via di comunicazione tra mari asiatici e africani con il Mar Rosso e il Mediterraneo, ponendo fine a suggello all'ecatombe di navi e di uomini du quella costa infausta e desolata dell'Africa Orientale" (Cesare Cesari, 1935, scrittore, "Somalia Italiana")

martedì 26 aprile 2016

Analisi dei servizi sociali e culturali nel VII Municipio

Il VII Municipio di Roma, nato dall'accorpamento del vecchio IX e X dopo la  con delibera n.8 del 7 marzo 2013, è la circoscrizione più popolata dalla capitale, con i suoi trecentodiecimila abitanti circa. Essendo, dunque, uno dei municipi più importanti della città eterna, soprattuto in chiave di campagna elettorale, è giusto analizzarlo sotto vari punti di vista (servizi, amministrazione, produttività) in maniera quasi analitica per bene informare i cittadini su quelle che possono essere le sue potenzialità mai sfruttate dalla gestioni politiche precedenti. In questo articolo ci occuperemo del tema dei servizi sociali e culturali che mette a disposizione il nuovo municipio ai suoi residenti. Nello specifico parleremo di: biblioteche, teatri e cinema, centri anziani, ludoteche, asili nido e proporremo l'apertura di spazi dedicati a centri per disabili, centri per detenuti, centri per padri separati o ragazze madri, associazionismo di quartiere. 

Solo attraverso una prima e rapida consultazione del sito del comune di Roma (sotto la sezione dedicata al VII Municipio) ci possiamo rendere conto di quanto male siano distribuiti quei servizi sociali e culturali messi a disposizione della collettività. Approfondendo poi la ricerca, con reportage, articoli e dossier ci renderemo conto che la situazione non è affatto trascurabile.

Cominciando dall'analisi delle biblioteche pubbliche possiamo dedurne delle ovvie conclusioni: mentre nel vecchio X Municipio ci sono tre strutture adibite a biblioteche (Cinecittà Est, Anagnina, Viale dei romanisti), nel vecchio IX solo una (Via la Spezia) alle quali vanno aggiunte due piccolissime biblioteche adattate per necessità dentro istituti di scuole superiori (Russel ed Enzo Ferrari). Urge dunque aprire una struttura pubblica che possa garantire il servizio anche per tutta quella fascia di popolazione che vive tra le fermate della metropolitane di Colli Albani e di Re di Roma (passando quindi per Furio Camillo e Ponte Lungo)

Per quanto riguarda i cinema a e i teatri va aperto un nuovo capitolo. Qui non si tratta solo di proporre un'apertura, qui si tratta "solamente" di rimettere in piedi vecchie strutture che rischiano privatizzazioni immediate causa inefficenza della pubblica gestione. Ci sono quattro cinema chiusi che devono essere assolutamente riperti (almeno un paio, se tutti non sarà possbile), adibiti anche a teatri e dedicati per la maggior parte ad attività scolastiche degli alunni delle scuole elementari, medie e superiori del VII Municipio. Le strutture oggi chiuse sono: cinema "Arena Floro" (Tor Pignattara), "Cinestar" (Appia), "New York" (Via delle Cave) e "Paris" (via Magna Grecia).


Sul tema degli asili nido, va sottolineata soprattutto la situazione tragicomica di quello di Via di Val Cannuta (l'Aquilone), ennesima struttura chiusa per struttura fatiscente e pericolo sicurezza. Dal 15 febbraio 2016 cinquantacinque bambini e le loro rispettive educatrici sono stati ridistribuiti in altre scuole creando quindi non pochi disagi logistici alle famiglie.

E per quel che concerne i centri anziani si torna al solito problema della ineguale distribuzione delle strutture. Ben otto al vecchio X Municipio, solo cinque al vecchio IX Municipio. Preso atto che il vecchio X sia più popoloso e più esteso, ma la proporzione resta senza dubbio non equilibrata. Aprire un nuovo centro anziani nella zona tra Colli Albani e Arco di Travertino non sarebbe affatto male, inoltre non costerebbe praticamente nulla alla circoscrizione.

Infine capitolo ludoteche. Forse quello messo meno peggio in termini di quantità di servizi, ma tra i peggiori se si pensa che quasi tutte le strutture siano semi-privatizzate. Inoltre qui la distribuzione degli spazi è più preoccupante del solito: sette ludoteche al vecchio X Municipio, una sola (all'Alberone) al vecchio IX Municipio. Sul sito della circoscrizione è presente una guida per aprire una nuova ludoteca, ma non si fa riferimento al progetto di aprire nuove strutture ( pubbliche un paio almeno) atte a potenziare il servizio tra Colli Albani e Re Di Roma.

Quindi per i servizi sociali e culturali del VII Municipio c'è necesittà ed urgenza di portare avanti le seguenti battaglie:

-Apertura di una biblioteca comunale nel quadrante tra Colli Albani e Furio Camillo per ampliare il servizio gratuito e equilibrare il rapporto con le biblioteche del vecchio X Municipio

-Ristrutturazione di almeno due dei quattro cinema abbandonati nel vecchio IX Municipio, predisposti anche a teatri e dedicati principalmente alle attività scolastiche degli alunni delle scuole elementari, medie e superiori del VII Municipio

-Ristrutturazione e messa in sicurezza immediata dell'asilo nido di Via di Val Cannuta (l'Aquilone) e ricollocamente dei bambini in quella struttura


-Apertura di un centro anziani nel quadrante tra Arco di Travertino e Colli Albani, unica parte del municipio priva di questo servizio


-Concessione facilitata alle associazioni di quartiere (con bando pubblico e con concessione per tre anni) per l'apertura di due ludoteche nel vecchio IX Municipio per ampliare un servizio inefficente in zona(solo una ludoteca presente oggi in tutta la circoscrizione)

-Concessione in affitto a basso costo di locali sfitti e/o abbandonati di proprietà di enti pubblici alle associazioni di quartiere registrate e che ne facciano richiesta. Le quali offriranno servizi gratuiti di consulenza legale, fiscale e lavorativa con specialisti privati e comunali.

-Apertura di uno spazio dedicato all'inserimento degli ex detenuti e dei disabili nella società, attraverso un piano di lavori sociali utili alla collettività (pulizia aree verdi, pulizia delle strade e dei muri, vigilanza degli attraversamenti pedonali all'entrata delle scuole elementari)

-Apertura di una casa comunale dedicata a ragazze madri e padri separati in evidente e accertata difficoltà economica. Concessione loro di stanze per un massimo di un anno, in attesa di una migliore sistemazione nonché favoreggiamento (con punti bonus) nelle graduatorie delle liste di collocamento ai centri di collocamento


E che il municipio non dica che non ci sono strutture pubbliche sfitte e abbandonate da dedicare a questi servizi perchè porteremo loro un lungo elenco (che per ovvi motivi non diffondiamo). Strutture inoltre che con qualche migliaia di euro di ristrutturazione possono essere all'avanguardia e soprattutto gratuite per i cittadini e per la collettività. Basta la volontà e la fermezza di portare avanti i propri punti. Ma forse è proprio qui che chiediamo troppo.