È il 25 Novembre del 1970 quando Yukio Mishima , il più grande scrittore della storia della letteratura giapponese, pronuncia queste celebri parole. Parole d’amore verso la sua Patria, ideale supremo, accompagnate dal gesto estremo del suicidio (tramite “Seppuku”) come dimostrazione della sua immensa fedeltà ai propri principi vitali.
Parole e gesta, che però, per quasi quaranta anni sono state emarginate e mistificate dalla politica giapponese, ormai definitivamente succube dell’invasore a stelle e strisce. Una politica talmente asservita al mondialismo che sta distruggendo completamente l’identità e la tradizione giapponese. Eppure, proprio il Giappone del secondo dopoguerra, quello dei postumi di Hiroshima e Nagasaki, quello dell’esercito di sola e scrupolosa autodifesa, è il Giappone che sta dando i suoi frutti politici migliori.
L’attuale primo ministro giapponese, infatti, Abe Shinzo, nacque proprio nel 1954 a guerra già definitivamente terminata. È divenuto il premier giapponese più giovane del dopoguerra e già dal primo giorno di carica istituzionale (nel 2006 vinse le prime elezioni della sua carriera politica) non ha mai smesso di far parlare di sé.
Da subito si batte per la revisione più conservatrice e anti liberale dei testi scolastici giapponesi. Per lui il Giappone ha così tanto chinato il capo agli Stati Uniti che gli ha anche permesso di farsi scrivere la propria storia. Inoltre, non ha rispettato l’usanza ormai decennale che prevede come primo viaggio all’estero da ministro la tappa negli Stati Uniti ma ha preferito far visita a Vietnam, Indonesia e Thailandia (alleati strategici per far fronte allo strapotere economico e militare di Cina e Nord Corea in Asia).
Successivamente, si schiera a favore della promozione di un vero e proprio esercito giapponese in grado di proteggere l’identità e la sovranità nazionale del più importante arcipelago asiatico tramite azioni antiterroristiche internazionali per punire in primis i fondamentalisti islamici responsabili dell’attentato avvenuti pochi mesi al campo petrolifero algerino di “In Amenas” che ha ucciso più di dieci operai giapponesi. Una vera e propria battaglia contro l’art. 9 Della Costituzione, insomma, che non permette al Giappone di mantenere truppe di Terra e Mare se non un piccolo esercito con funzioni di autodifesa, poiché il nuovo Giappone ripudia la guerra. Una battaglia, ovviamente, denunciata dall’Occidente che però non ha mai intimorito il coraggioso primo ministro Abe.
Insomma, una
vera e propria dimostrazione di orgoglio mostrata dal premier Abe ai paesi
avversi al suo Giappone in un momento in cui clima geopolitico nell’area
ultimamente non è dei migliori. Infatti, è ancora in atto un vero e proprio
braccio di ferro tra Cina e Giappone per la legittimazione delle isole Senkaku
(attualmente attribuite al Giappone ma rivendicate da Pechino).
A pochi
giorni, dunque, dalla morte dell’eterno combattente Hiro Onoda, a poche ore
dalla notizia che i nostri Marò, detenuti ingiustamente in India, rischiano
seriamente la pena di morte con l’accusa di terrorismo internazionale, e con
tre innocenti tifosi della Lazio ancora in carcere in Polonia dopo più di un
mese di condanna, il tema della sovranità politica e nazionale ritorna sempre
più d’attualità. Che Abe possa risvegliare l’antico spirito giapponese dei suo
dormienti connazionali è ancora presto da dire, ma per ora ha certamente
dimostrato ai paesi succubi del Nuovo Ordine Mondiale che un inversione di
tendenza verso un ideale nazionale è possibile. Ricordare i caduti fedeli alla
Patria e condannare il terrorismo internazionale, oggi in Giappone, non è più
reato. Yukio Mishima ne sarebbe stato fiero.
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