"Il
Faro di Mussolini" (l'opera coloniale più controversa e il sogno
dell'Impero nella Somalia Italiana) è l'ultima ricerca
storica,presentata anche presso lo Spazio Libero Tenaglia, di Alberto
Alpozzi, fotoreporter piemontese che ha lavorato per "La Stampa", "Il
sole 24 Ore", "Il Giornale" e "Famiglia Cristiana" documentando le
guerre in Afghanistan, Libano, Kosovo e la missione antipirateria in Somalia.
Si tratta di un'accurata analisi storico-politica sul più grande faro
con la forma di un fascio littorio al mondo, ancora oggi alto più di
venti metri, dedicato a Francesco Crispi e finito di realizzare nel 1924
dopo decenni di progetti e discussioni sui costi, situato a capo
Guardafui ("guarda e fuggi" dal portoghese, per la poca cordialità degli
autoctoni), nel Corno d'africa, la punta più ad est del continente
africano.
Una dettagliata analisi che racconta, oltre alle
principali informazioni sull'opera (tempi del progetto, costi della
realizzazione, discussioni politiche) addirittura la fase preparatoria
della costruzione, i primi viaggi dei turisti italiani in Somalia, le
celebrità che lo inaugurarono e visitarono, il destino del monumento
durante la Seconda Guerra Mondiale.
Alpozzi descrive in
maniera estremamente minuziosa la storia di questo importante monumento
non solo per la Somalia ma per tutte le nazioni del mondo, visto
l'enorme quantitativo di navi che attraversavano in quegli anni (e
ancora oggi) il Corno d'Africa (afflusso inferiore solo al Canale di
Suez). Una storia che svela una serie di retroscena politici non
indifferenti: in primis la meschina politica inglese in Somalia che più
volte sottolineò, anche sotto il suo protettorato, la necessità di
costruire un faro in quel promontorio nel quale centinaia di navi, in
pochi decenni, erano finite nelle trappole dei pirati somali (con i
marinai che più volte subirono casi di razzia e di cannibalismo) ma che
non si volle mai far carico delle spese della costruzione e del
mantenimento. In secondo luogo, la politica coloniale italiana in
Somalia mai aggressiva (la Migiurtina, la regione più a nord della
Somalia, divenne protettorato del Regno d'Italia ma non fu mai
conquistata militarmente ma solo concessa dagli inglesi in virtù di
accordi politici) ma anzi sempre propensa a cercare via conciliative con
i sultani locali (nonostante più volte tradirono gli accordi presi) e
addirittura più volte lodata da giornali e ufficiali inglesi
(testimonianze presenti nel libro), che seppur in origine restii a
complimentarsi col nostro paese, alla fine non poterono far altro che
ammettere la differenza sostanziale tra i due colonialismi: il loro
governo depredava, l'Italia costruiva.
Il Faro fu comunque
costruito dal regime fascista nonostante gli enormi costi di costruzione
e di mantenimento dell'opera (provviste, militari a difesa, tecnici
specializzati) e soprattuto senza l'aiuto economico di nessun altro
paese al mondo che ne beneficerà direttamente con il passaggio sicuro
delle proprie navi (a Suez per esempio fu imposta una tassa durante il
passaggio delle navi per le spese di mantenimento del canale).
"Così l'italia irradiò ormai con una triplice luce di grande portata una
delle vie più importanti della navigazione mondiale, via di
comunicazione tra mari asiatici e africani con il Mar Rosso e il
Mediterraneo, ponendo fine a suggello all'ecatombe di navi e di uomini
du quella costa infausta e desolata dell'Africa Orientale" (Cesare
Cesari, 1935, scrittore, "Somalia Italiana")
Nessun commento:
Posta un commento