mercoledì 18 maggio 2016

"Il Faro di Mussolini" di Alberto Alpozzi

"Il Faro di Mussolini" (l'opera coloniale più controversa e il sogno dell'Impero nella Somalia Italiana) è l'ultima ricerca storica,presentata anche presso lo Spazio Libero Tenaglia, di Alberto Alpozzi, fotoreporter piemontese che ha lavorato per "La Stampa", "Il sole 24 Ore", "Il Giornale" e "Famiglia Cristiana" documentando le guerre in Afghanistan, Libano, Kosovo e la missione antipirateria in Somalia.

Si tratta di un'accurata analisi storico-politica sul più grande faro con la forma di un fascio littorio al mondo, ancora oggi alto più di venti metri, dedicato a Francesco Crispi e finito di realizzare nel 1924 dopo decenni di progetti e discussioni sui costi, situato a capo Guardafui ("guarda e fuggi" dal portoghese, per la poca cordialità degli autoctoni), nel Corno d'africa, la punta più ad est del continente africano.

Una dettagliata analisi che racconta, oltre alle principali informazioni sull'opera (tempi del progetto, costi della realizzazione, discussioni politiche) addirittura la fase preparatoria della costruzione, i primi viaggi dei turisti italiani in Somalia, le celebrità che lo inaugurarono e visitarono, il destino del monumento durante la Seconda Guerra Mondiale.

Alpozzi descrive in maniera estremamente minuziosa la storia di questo importante monumento non solo per la Somalia ma per tutte le nazioni del mondo, visto l'enorme quantitativo di navi che attraversavano in quegli anni (e ancora oggi) il Corno d'Africa (afflusso inferiore solo al Canale di Suez). Una storia che svela una serie di retroscena politici non indifferenti: in primis la meschina politica inglese in Somalia che più volte sottolineò, anche sotto il suo protettorato, la necessità di costruire un faro in quel promontorio nel quale centinaia di navi, in pochi decenni, erano finite nelle trappole dei pirati somali (con i marinai che più volte subirono casi di razzia e di cannibalismo) ma che non si volle mai far carico delle spese della costruzione e del mantenimento. In secondo luogo, la politica coloniale italiana in Somalia mai aggressiva (la Migiurtina, la regione più a nord della Somalia, divenne protettorato del Regno d'Italia ma non fu mai conquistata militarmente ma solo concessa dagli inglesi in virtù di accordi politici) ma anzi sempre propensa a cercare via conciliative con i sultani locali (nonostante più volte tradirono gli accordi presi) e addirittura più volte lodata da giornali e ufficiali inglesi (testimonianze presenti nel libro), che seppur in origine restii a complimentarsi col nostro paese, alla fine non poterono far altro che ammettere la differenza sostanziale tra i due colonialismi: il loro governo depredava, l'Italia costruiva.

Il Faro fu comunque costruito dal regime fascista nonostante gli enormi costi di costruzione e di mantenimento dell'opera (provviste, militari a difesa, tecnici specializzati) e soprattuto senza l'aiuto economico di nessun altro paese al mondo che ne beneficerà direttamente con il passaggio sicuro delle proprie navi (a Suez per esempio fu imposta una tassa durante il passaggio delle navi per le spese di mantenimento del canale).

"Così l'italia irradiò ormai con una triplice luce di grande portata una delle vie più importanti della navigazione mondiale, via di comunicazione tra mari asiatici e africani con il Mar Rosso e il Mediterraneo, ponendo fine a suggello all'ecatombe di navi e di uomini du quella costa infausta e desolata dell'Africa Orientale" (Cesare Cesari, 1935, scrittore, "Somalia Italiana")

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