Esempio di una nazione che non ha più il controllo
dei suoi cittadini,siano essi immigrati
legali o illegali che italiani,è l’episodio successo il mese scorso a Milano
quando un ghanese ha ucciso un uomo a
colpi di piccone e ,cosa più grave oltre l’episodio in se, è risultata essere
esplicata nelle varie dichiarazioni di politici e giornalisti che ancor prima
di qualsiasi perizia psichiatrica hanno definito l’assassino un povero folle
malato.Riguardo
la sua vita fino a prima dell’episodio non si sa nulla,un vero fantasma,l’unica
cosa certa è che avesse solo gravi precedenti e quello più grave ancora è che
il lassismo di magistrati incompetenti
intrecciati in una folle burocrazia abbia lasciato correre i suoi
precedenti e non abbia invece provveduto
alla sua immediata espulsione prima che si arrivasse al peggio.
Posto il fatto che la violenza di Kabobo,questo il
suo nome, non rappresenta l’intera comunità degli immigrati è pur vero, però
che l’immigrazione clandestina è per la maggior parte criminogena e il mistero
che circonda il soggiorno italiano di questo criminale ne è la testimonianza. Quello
che è successo a Milano da parte del ghanese può anche essere considerato frutto di un raptus
isolato, ma il contesto in cui tale tragedia si è consumata verte intorno a
quella concezione dell'immigrazione
sfruttata sottoforma di importazione di
forza lavoro senza diritti; il tutto mascherato da una finta accoglienza
caritatevole.
La cosa più
grave è la devastante deregulation per
cui sta irresponsabilmente spingendo il ministro Kyenge, che al di là della
retorica buonista porterebbe solo al far-west sociale e alla completa realizzazione dello sciagurato
modello multi razzista attraversoil quale la strategia globalizzativa annulla
il concetto di sovranità culturale e identitaria.
Da un
punto di vista etico e morale infatti la proposta del suddetto ministro di
cambiare le
leggi che regolano la concessione della cittadinanza
ai figli degli immigrati,ovvero da un originario principio di jus sanguinis
all’introduzione dello jus soli,sta a dimostrare per l’ennesima volta
l’affermare delle istanze cosmopolite di frange politiche progressiste
apparentemente perbeniste all’interno delle istituzioni che contano. Lo jus
soli rappresenterebbe quell’individualismo e quella disintegrazione
identitaria voluta e sostenuta che
ridurrebbe la nazionalità in una mera etichetta da attaccare e cambiare a
proprio piacimento.
In Europa,da secoli,esiste quel legame che ha tenuto
salde intere generazioni fondato sul principio di jus sanguinis che rischia
,dietro false concessioni umanitarie, di sfaldarsi e scadere in un incalzante
razzismo,come se la cittadinanza fosse un regalo da concedere a chi non è nato
italiano per potersi innalzare al nostro livello.
Le migrazioni sono protagoniste della nostra era. Immensi e fertili territori perdono demografia, mentre bande di violenti imperversano depredando chi rimane. Quale risorsa collettiva può nelle migrazioni? Quale per i singoli? Il "lavoro minorile" e i “bambini soldato” sono fenomeni indotti dall’abbandono territoriale degli adulti. Perché la filantropia occidentale tollera la fuga dalle responsabilità civili, quando avvengono tra i “poveri”? Perché "amare il nemico" si rivela il fallimento più eclatante del cristianesimo? I progetti economici possono riuscire dove le demografie sono costantemente instabili? Interrogativi che cercano risposte in un pianeta dove le negligenze umane guadagnano ineluttabilmente la punizione.
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