Secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat, la
disoccupazione in Italia si attesterebbe al 11,6%, mentre quella giovanile
supera addirittura il 30%. Le delocalizzazioni delle nostre industrie
all’estero hanno, inoltre, provocato la perdita di 35000 posti di lavoro in
soli due anni. Secondo la
Confcommercio , invece, sono ben quattro milioni i poveri in
Italia. Quattro milioni di cittadini italiani che non riescono più a
sopravvivere dopo l’inasprimento del carico fiscale e la continua crescita
della precarietà. Sempre secondo la Confcommercio una famiglia italiana su due non
arriva alla metà del mese. Soltanto l’1% è invulnerabile alla crisi. Per l’Inps
gli esodati sono molti di più di quelli calcolati dal ministro Fornero e il
fondo di solidarietà non basta a coprire le loro pensioni. Per la CGIL sono quasi cinque
milioni i lavoratori precari in Italia. Le famiglie hanno perso il loro valore
d’acquisto in quanto hanno detto addio ai propri risparmi. Infine, le bollette
della luce e del gas non sono mai state cosi salate nella storia d’Italia.
In questo scenario apocalittico, non può essere poi
di certo dimenticata la politica italiana. Con i suoi 630 deputati e 315
senatori, con i suoi milionari rimborsi elettorali ai partiti e con le sue
infinite spese di mantenimento (auto blu, pensioni d’oro, ecc. ecc.) il quadro
diviene sempre più deprimente. La spesa pubblica italiana è ipersatura. È un
chiaro insulto alla situazione drammatica delle famiglie italiane.
Eppure, come da solito e decennale copione, ogni buon
politico, quindi democratico, moderato e liberale con la giacca, la cravatta e
il capello pettinato, e di conseguenza avverso agli “estremismi” e al
“populismo” in jeans e
felpa, si ritiene contrario a questa situazione.
Ogni buon uomo di partito, solo due mesi fa, infatti, in vista delle elezioni,
si era detto assolutamente favorevole all’immediato taglio dei costi della
politica (partendo innanzitutto dal proprio salario, passando per il taglio al
rimborso elettorale per i partiti e arrivando fino all’abbattimento delle
pensioni d’oro e delle auto blu). Passati due mesi, e soprattutto passate le
elezioni, tutto ciò stranamente non si è ancora avverato. Ma poche e isolate
restano le voci che ricordano a questi intoccabili individui quanto promesso in
precedenza.
D’altronde
quanto sopra citato non sembra oggi essere una battaglia da portare in
parlamento e sulla prima pagina dei quotidiani. Prima della povertà delle
famiglie, del sovraccarico fiscale, della disoccupazione e precarietà
giovanile, va formato un nuovo governo di responsabilità nazionale anche a
costo di scendere a compromessi con l’acerrimo avversario del PD o del PDL. Le
elezioni vanno scongiurate, rischierebbero infatti di fargli perdere il posto
come alcuni dei loro colleghi in precedenza. Rischierebbero di non trarne
vantaggio da questo circo che è la politica italiana. Ma prima ancora di
accordarsi su come mantenere i propri privilegi va nominato il Presidente della
Repubblica. Questa più che onorevole carica democratica che costa ai cittadini
più di 250 mila euro anno, è simbolo di Pace, Libertà e Democrazia. Una carica
che firma patti di stabilità con l’Europa costandoci oltre cento miliardi di
euro in poco meno di venti anni, che si aumenta lo stipendio in un periodo di
collasso economico e finanziario, una carica che permette ad un
paese come l’India di arrestare due nostri soldati
rei di aver ucciso due pescatori in acque sottoposte al diritto internazionale
senza alzare mai la voce. Insomma va nominata una carica fantoccio. Un pupazzo
democratico da esibire in giro per il mondo come simbolo di anti sovranità
dell’Italia. Un anziano borghese che il 25 Aprile pronuncerà il solito discorso
di vittoria e liberazione contro il potere totalitario nazi fascista in Italia
augurandosi che questa pace, questa libertà e questa democrazia restino intatte
fino alla fine dei tempi. Augurandosi che il populismo sia sconfitto in quanto
figlio della demagogia. Augurandosi che la politica italiana trovi una
soluzione di unità e compattezza per risolvere i problemi del paese e per
spegnere definitivamente questi
sentimenti di rivoluzione.
In definiva quindi passano gli anni, i lustri, i
decenni; passano le parole, i programmi e le promesse elettorali ma ciò che
rimane sono sempre loro: i politici italiani in giacca e cravatta. Simboli
mafiosi, corrotti e succubi di un paese in ginocchio.
Il 25 Aprile pensa a chi ha vinto la guerra prima di festeggiare.
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