“Voi siete l’espressione
del volere sovrumano,un impeto senza peso,un’offerta senza misura,un pugno
d’incenso sulla brace,l’aroma di una vita pura”
Così parlava Gabriele D’annunzio di Ettore Muti,uomo d’altri tempi
dotato di un’audacia straordinaria,osannato da chi gli stava intorno e temuto
dai sui nemici.
Ettore
Muti ha rappresentato probabilmente la forma più pura di un eroismo andato perduto
nel tempo… schiavo del proprio ego e sicuro dei propri mezzi scelse di vivere
sempre la vita in prima persona anteponendo il suo istinto e la sua ambizione
alla tentazione di condurre un’esistenza comoda,dietro una scrivania e con alle
spalle una parete colma di medaglie e riconoscimenti.
Che fosse una “voce fuori
dal coro” lo si capì molto preso: a tredici anni fu espulso da tutte le scuole
del regno per aver preso a pugni un professore,ma orgoglioso com’era non si
perse d’animo e scelse,appena un anno dopo,di fuggire di casa per arruolarsi
come volontario nella I Guerra Mondiale dove ,respinto per l’età,non si arrese,
riuscendo ad entrare l’anno seguente negli arditi. Proposto per la Medaglia
d’Oro al Valor Militare,è costretto a rifiutare poichè sotto falso nome in
quanto minorenne…ma se la prima medaglia fu solamente sfiorata,da questo
momento in poi inizia,per Ettore Muti,una carriera militare superlativa,pari a
quella di pochi altri nella storia dell’ Italia unita. Partecipa all’impresa di
Fiume distinguendosi per le numerose imprese spericolate,dove oltre a conoscere
Benito Mussolini,riceve da D’annunzio l’appellativo di “Gim dagli occhi verdi”.Tornato
in Patria entra nei fasci di combattimento. La forte personalità e la voglia di
primeggiare si manifestano come una linea direttrice di tutta la sua
vita. Muti,del resto,non è un uomo disposto a confondersi nella massa ma,
piuttosto, come gli antichi condottieri facevano con i loro popoli, combatte e
guida i “suoi”mettendosi sempre in prima linea ed infatti il 29 Ottobre 1922,nelle
operazioni svoltesi sul territorio nazionale contemporaneamente alla Marcia su
Roma, è alla testa dei fascisti che occupano la prefettura di Ravenna.
Raggiunge il grado di colonnello,si sposa,ha una figlia,subisce un attentato e
viene trasferito a Trieste, ma non è felice e decide di mettersi alla ricerca di
una nuova sfida. Si appassiona del volo e pur di entrare in Aeronautica accetta
il declassamento al grado di tenente. Nella guerra d’Etiopia inizierà una vera
e propria collezione di medaglie che nel 1939 saranno così tante da farlo
definire “il più bel petto d’Italia”e
consentendogli di mantenere tutt’oggi il primato italiano per le medaglie ricevute
in azioni di guerra. Mai domo ed appagato,quando acclamato come un eroe rientra
in Italia nel ’36, è solamente di passaggio perché invece di godersi il
meritato riposo,parte nuovamente,alla volta della Spagna,per guidare la sua
squadriglia nei bombardamenti ai porti delle città controllate dai
repubblicani,in
una guerra che fece tutta,dal principio alla fine,dove totalizzò qualcosa come
quattrocento azioni di combattimento,con episodi di valore incredibile. Tornerà
decorato con varie medaglie d’argento ed una medaglia d’oro nella cui
motivazione vengono declamate centosettanta azioni di bombardamento e tredici
vittoriosi duelli aerei in un anno. Ttornerà per modo di dire, però,visto che nel
1939 partecipa all’invasione dell’Albania,questa volta guidando le truppe
motorizzate di terra. La scaltrezza,l’intraprendenza e l’eroismo dimostrati in
ogni occasione presentatagli davanti spingeranno Mussolini,su proposta di
Galeazzo Ciano, a nominarlo Segretario nazionale del Partito Fascista ad
ottobre del ’39, ruolo di grande prestigio che gli conferì grandi poteri e gli
permise di frequentare alti gerarchi. Ma non era un posto per lui: il Partito
Fascista,infatti,cloroformizzato da una troppo lunga consuetudine di potere,si
era “seduto” nella burocrazia,nella retorica e nel conformismo mentre Muti non
era un uomo da scrivania ma uomo d’azione,spavaldo e spericolato oltre che
sempre alla ricerca di nuove sfide da affrontare e vincere,tanto che decide di
lasciare volontariamente l’incarico,appena un anno dopo,facendosi mandare,per usare
una sua celebre frase, “là,dove c’è bisogno !”…ossia al fronte dove combattè
prima in Francia e poi nei cieli dell’Inghilterra dimostrando sempre grande
coraggio e stabilendo il record mondiale,tutt’ora imbattuto, di ore di volo in
guerra.
Dopo la caduta di Mussolini,Badoglio provò ad affidargli il comando di
una divisione corazzata di camicie nere che non aveva alcuna intenzione di
passare agli ordini del nuovo governo incontrando il rifiuto,scontato,di Muti. Coinvolto
in un mai dimostrato progetto d’insurrezione per restituire a Mussolini la
guida della Nazione,il 24 agosto ’43 lo stesso Badoglio diede l’ordine di
esecuzione facendolo prelevare,in piena notte,presso la sua villetta di Fregene
con un ordine di arresto fittizio che invece era in tutto e per tutto un
omicidio studiato a tavolino,perché ,Muti,per Badoglio “rappresentava sempre
una minaccia “ ! Scortato inspiegabilmente in una pineta dagli stessi
carabinieri che invece erano andati ad “arrestarlo” con un autovettura ed un
autocarro,nella notte fonda si sentì quello che probabilmente doveva essere un
ordine,un fischio,poi un altro. Il cosiddetto “ricevuto!” Successivamente
scoppi di bombe a mano e raffiche di mitra. Il tutto per due,tre minuti al
termine dei quali Muti giaceva a terra privo di vita. Sebbene la vicenda non fu
mai chiarita,la spiegazione ufficiale fornita,ovvero quella dove Muti avrebbe
tentato la fuga grazie all’aiuto di “qualcuno” che sparò alla scorta,appare
grossolana almeno per due ragioni:la prima risiede nel fatto che,alla fine di
quella bolgia infernale,l’unico colpito fu lui. Le seconda consiste nel fatto
che la famiglia riuscì a recuperare il suo berretto,dove erano presenti due
fori di proiettile sparati a distanza ravvicinata. L’omicidio premeditato,con
gli spari mascherati dal fracasso delle bombe,rimane l’ipotesi più accreditata,visti
anche il prestigio e la scomodità di Muti, un fascista diventato eroe in due
Nazioni diverse,dopo un lungo percorso cercato,voluto,essenzialmente ovvio per
uno come lui che è sembrato,nell’arte del fare la guerra,quasi un
predestinato capace di unire alla destrezza bellica ed al dono
dell’imprevedibilità i valori del coraggio e della generosità,forgiando il
tutto su una spavalderia che gli ha fatto da corazza sin dagli anni
dell’adolescenza.
Il risultato è stato spaventosamente straordinario
,consegnandoci uno dei migliori della nostra
storia. Un personaggio audace,ma governato dalla coerenza delle proprie scelte,sempre spinte dall’ambizione. O forse,più semplicemente,un italiano fiero e spavaldo che in un periodo come quello dove ha vissuto,gremito di traditori,non ripudiò mai la sua idea e scelse di prendere la propria vita di petto. Sempre. Fino alla fine !
EIA EIA GIM
!
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