Il 2014 per l’Italia è stato senza dubbio l’anno degli scandali.
“Mose”, “Expo” e “Mafia Capitale” sono state le tre grandi macchie che
hanno contribuito ad arricchire il curriculum nero del nostro “Bel
Paese”. E noi italiani, che non ci facciamo mancare mai niente, abbiamo
ottenuto anche un altro primato in questo modo; l’Italia nel 2014
risulta infatti il Paese più corrotto di tutta l’Europa.
Negli ultimi mesi, però, si è parlato e sparlato solo del caso "Mafia
Capitale" che ha praticamente fatto dimenticare le altre due inchieste
della magistratura che vedono coinvolte tutte le forze politiche
moderate e liberali del nostro paese.
L’inchiesta
Veneziana del Mose è il classico esempio di bustarelle all’italiana. Il
Mose è un progetto di ingegneria civile e ambientale tuttora in fase di
realizzazione, finalizzato alla difesa di Venezia e della sua laguna
dalle acque alte, attraverso la costruzione di schiere di paratoie
mobili a scomparsa. Il Mose, insieme ad altri interventi come il
rinforzo dei litorali, il rialzo di rive e pavimentazioni, garantirà,
presumibilmente, la salvaguardia della città e di tutti i suoi beni
storici da qualsiasi evento legato alle maree e agli allagamenti. Il 4
giugno 2014, nell'ambito di un'inchiesta anticorruzione da parte della
magistratura italiana, sono scattati 35 arresti e più di 100 sono gli
indagati tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati
contestati quali creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni.
Un progetto come quello del Mose che dovrebbe rappresentare l’interesse
comune a salvaguardare le ricchezze del nostro Paese si trasforma in un
altro dei tanti esempi di strumentalizzazione dei progetti pubblici.
Qualsiasi opera pubblica diventa un pretesto per “quelli che stanno in
alto” per arricchirsi alle nostre spalle, ed inevitabilmente
compromettere la realizzazione dell’opera stessa.
L’inchiesta
sull’Expo di Milano offre invece un chiaro esempio di corruzione
nell’ambito degli appalti. E’ paradossale pensare che l’Expo, evento
importantissimo che nell’estate 2015 dovrebbe contribuire a rilanciare
l’immagine dell’Italia nel mondo, ha alle spalle una serie di eventi che
tutto rappresentano fuor che l’immagine di un Paese pulito e in linea
con le leggi vigenti. La cosa più sconcertante è pensare che la
Prefettura di Milano avrebbe potuto benissimo impedire l’ingresso negli
appalti Expo di società che sono senza alcun dubbio invischiate con la
criminalità organizzata, e tuttavia ha deciso di non farlo. E’ stato
dato il via libera alla criminalità e si è puntato piuttosto che alla
legalità, alla realizzazione dell’evento nei tempi prestabiliti. Oggi il
Prefetto di Milano si trova infatti a dover scegliere se difendere la
legalità con la conseguenza di rallentare i lavori e mettere a rischio
l’intera manifestazione, oppure chiudere un occhio alleggerendo le norme
antimafia e lasciando così il via libera a manovre del tutto illegali.
La più grande opera pubblica del momento, che conta al momento quasi tre
miliardi di spesa totale, diventa così la metafora di un Paese alla
deriva, un Paese che si regge su una falsa democrazia, un sistema
fantoccio dove tutti, ma in realtà nessuno, hanno le stesse possibilità,
gli stessi diritti e gli stessi obblighi sociali rispetto agli altri
cittadini e allo Stato.
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