mercoledì 7 ottobre 2015

Che cos'è la pressione fiscale

Andiamo ad analizzare la cosiddetta pressione fiscale cercando di semplificarne il più possibile la definizione e renderla così facilmente comprensibile anche per coloro che hanno poca dimestichezza con termini e meccanismi inerenti al mondo dell’economia. Innanzitutto cominciamo col dire che con il termine “pressione fiscale”, anche nota come “leva fiscale”, si indica tutta quella quota dei redditi che viene prelevata dallo Stato e dagli enti locali territoriali allo scopo di finanziare la spesa pubblica.

In altre parole lo Stato, dovendo garantire l'erogazione di servizi di prima necessità (pensioni, assistenza sanitaria, sussidi ai meno abbienti, ecc) ha necessità di soldi, e questi vengono ottenuti per l’appunto con la "leva fiscale" che va a prelevare dai redditi dei cittadini e ridistribuisce quei redditi!
In pratica, all'aumentare di questa pressione aumentano di pari passo le entrate tributarie delle Stato/Ente pubblico, e in linea teorica, dovrebbero aumentare allo stesso tempo i servizi pubblici ed il loro livello qualitativo. Il termine "pressione fiscale" pur non nascendo con un’accezione negativa , in genere si usa per lamentare una certa oppressione fiscale: sarebbe a dire che il livello di pressione fiscale viene giudicato da molti troppo alto (specialmente quello sul lavoro). L’Italia in particolare è uno degli Stati primi in Europa come livello di tassazione generale.



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Sempre rimanendo concentrati sull’Italia, che costituisce a livello economico la realtà da noi direttamente vissuta e quindi maggiormente comprensibile, il livello di pressione fiscale che oggi grava sulle tasche degli italiani è diventato per la maggior parte di noi cittadini un peso insostenibile. Senza contare l’aggravante della crisi economica che, dal 2009 ad oggi, ha spinto gli ultimi Governi a rivalersi ancora una volta sui contribuenti per tentare di risanare i conti pubblici: nella ricerca affannosa di risorse infatti, le manovre finanziarie che si sono succedute, hanno scelto prevalentemente la strada dell’aumento delle imposte invece che quella più virtuosa della riduzione della spesa pubblica.

Nel 2012, secondo gli ultimi dati consolidati della Banca d’Italia pubblicati nel dicembre 2013, la pressione fiscale risultava essere al 44%, in salita rispetto al 42,5% del 2011. Nel 2013 siamo arrivati al 44,3%, mentre nel 2014 ci attesteremo sul 44,2%. Visto sotto un aspetto più pratico: sostanzialmente quasi la metà del reddito prodotto da ciascuno di noi viene prelevato dallo Stato e dagli enti locali per finanziare le proprie attività.

Un problema tutt’altro che trascurabile è quello legato alla pressione fiscale “reale”, in altre parole quella pressione fiscale effettiva che deriva dall’economia “in nero”. Se consideriamo il grandissimo numero di evasori fiscali che gravano sulle tasche dello Stato ci rendiamo subito conto che il livello di pressione fiscale effettivo e percepibile da chi paga le tasse è molto più alto rispetto a quello relativo ai dati precedentemente elencati. La pressione fiscale reale, secondo Confindustria, raggiunge il 53,3% quest’anno; per Confcommercio addirittura il 54%. Detto in altri termini: il fatto che già di base la pressione fiscale sia alta e allo stesso tempo ci sia molta evasione, indica che la pressione fiscale su chi paga è ancora più alta della media apparente. In sostanza oltre a pagare già tanto, paghiamo ancora di più, e questo perché in qualche modo si deve sopperire alle numerose mancanze di quegli evasori fiscali che vivono alle spalle dello Stato italiano.


La necessità di alleviare la pressione fiscale nel nostro Paese è una prerogativa assoluta se si vuole sperare in una vera e propria ripresa economica. Ormai è un fatto confermato e più volte ribadito da tutti i confronti internazionali che, in Italia, chi si muove con l’obiettivo di produrre ricchezza viene sempre e sistematicamente tassato oltremisura. Secondo la Banca Mondiale la pressione fiscale e contributiva sui produttori italiani è quella più pesante di tutto il continente europeo. Un’impresa media italiana deve allo Stato il 65,8% dei suoi utili ogni anno.

Nel Paese delle controversie e dei controsensi il più grosso paradigma rimane quindi proprio quello della ripresa economica. Una ripresa economica tanto sofferta ma allo stesso tempo tanto auspicata in un’Italia che, all’insegna della contraddizione che sempre la contraddistingue, decide “ovviamente”di penalizzare chi produce e chi s’impegna di più.

1 commento:

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