sabato 10 ottobre 2015

Come uscimmo dalla morsa della (re)pressione fiscale



Spesso tanti di noi pensano che la ricchezza equivalga automaticamente alla felicità. E spesso la  ricchezza oscura aspetti più importanti della nostra vita . E quando il materialismo supera lo spirito possiamo affermare che stiamo andando verso una strada sbagliata. Il nostro compito è quello di dare importanza al denaro, senza trascurare quei valori con cui siamo cresciuti. Ecco quindi l’importanza del lavoro e del guadagno. Con il lavoro poi, paghiamo le tasse per avere dei servizi pubblici erogati dalle istituzioni. Ma funziona così facilmente? No. Almeno per quanto riguarda l'Italia. Lo Stato italiano, che va a prelevare quasi la metà del reddito prodotto da ciascuno di noi, utilizza fondi pubblici per finanziare le proprie attività che non sempre vanno a favore dei citttadini. Questa è ad oggi la situazione del nostro Paese. E più si va avanti con gli anni, più la pressione fiscale aumenta.

Il rapporto tra imposte sommate ai contributi sociali e il Pil,appunto la pressione fiscale, è un indice di quanto lo Stato “chiede” ai cittadini. Ovviamente l’Italia mantiene i primi posti riguardo ai dati sulla pressione fiscale,infatti risulta uno dei Paesi con la percentuale più alta. Purtroppo è il podio sbagliato su cui sederci,ma d'altronde non è facile far capire a chi ci governa che qualcosa non va. Pensate che a turno ogni partito,durante le campagne elettorali,fa della pressione fiscale uno dei cavalli di battaglia per battere l’avversario. A mostrare che la pressione fiscale nel nostro Paese è elevata ci viene in aiuto l’Istat. Si calcola che nel 2008 la pressione fiscale è stata pari al 42,9%,nel 2009 al 43,2%,nel 2011 al 42,5%(l’illusione di un piccolo ribasso),nel 2012 al 44%,nel 2013 al 44,3% e negli anni a seguire sempre in crescita ponendo l’Italia ai vertici europei.


Ma non sempre un elevato indice di pressione fiscale è un dato negativo. Se prendiamo ad esempio la Svezia e la Danimarca notiamo che storicamente hanno valori elevati di pressione fiscale durante ogni anno ma hanno un’ottima efficienza delle strutture sanitarie e delle politiche sociali. In casa nostra i vari governi pensano invece a tassare i contribuenti per cercare di sanare i conti pubblici. Ecco quindi che vengono colpiti un po’ tutti da questa ormai famosa crisi,dagli imprenditori fino ai lavoratori. Si calcola che un’impresa in Italia in media deve restituire il 65% degli utili sotto forma di tasse. Succede quindi che molte imprese chiudono sia per la crisi e sia perché lo Stato si prende tutto quello che si produce. Una forbice da cui è difficile liberarsi e da cui purtroppo tanti imprenditori ne sono usciti solo con l'estremo gesto finale del suicidio. Inoltre, per più di trent’anni la classe politica è riuscita a spaccare il nostro Paese in due,al sud grazie a trasferimenti e sussidi,al nord navigando negli interessi dei bot. Negli anni ottanta scoppia il boom del debito pubblico. Dal 1985 al 1993 la pressione fiscale passa dal 35% al 43% e il debito pubblico raggiunge il recordstorico,pari al 120% del pil.

Finora abbiamo parlato della pressione fiscale ideale,ma esiste,specie nel nostro Paese,la pressione fiscale reale. Abbiamo detto che la pressione fiscale è calcolata come il rapporto tra gettito globale incassato dallo Stato e Pil prodotto dal Paese. Dobbiamo però includere il “gettito zero” dichiarato dagli evasori che fa alzare ancora di più quel triste dato. Insomma: Il motto del nostro Stato dovrebbe essere “ Se qualcuno produce,tassalo”.

Ma come si può uscire dalla crisi? Come quando uscimmo da quella all’inizio del secolo scorso. Siamo nel periodo fascista. I dati ci dicono che si spendeva abbastanza per la difesa(32% del bilancio) e un po’ meno per le opere pubbliche. Dopo i primi anni del fascismo le percentuali si andarono a complementare. La pubblica istruzione non venne toccata,sintomo che si teneva molto all’aspetto culturale. Purtroppo il bilancio dello stato col passare degli anni oscillava tra valori bassi e Mussolini in cinque anni fu costretto a dimezzare le riserve d’oro della Banca d’Italia. Nel 1934 gli inasprimenti fiscali raggiunsero il picco andando a toccare le imposte sugli scambi e sulle successioni. Importante fu la presa di posizione di Mussolini che disse: << La pressione fiscale è giunta al suo limite estremo e bisogna lasciare per un po’ di tempo assolutamente tranquillo il contribuente italiano e, se sarà possibile, bisognerà alleggerirlo, perché non ce lo troviamo schiacciato e defunto sotto il pesante fardello >>. È proprio in questo momento storico importante che i sindacati fascisti riescono a imporre la riduzione delle ore di lavoro settimanali dell’operaio portandola a 40 ore ma con lo stesso salario. L’Italia fu la prima a fare questa trasformazione, ancora oggi in vigore. Ma c'è di più. Nel 1933 venne fondato l'INFPS,l'attuale inps,modificando il sistema assicurativo pubblico. Venne creata un'assicurazione contro la disoccupazione,vennero elargiti assegni familiari e integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario ridotto. I bambini che non potevano permettersi vacanze al mare poterono usufruire di colonie estive. Vennero incentivate le attività sportive,ricreative e culturali. Questa è stata la ricetta per uscire da quella grande crisi: investire nelle tutele sociali e bloccare l'aumento della pressione fiscale.


Oggi invece si fa tutto il contrario. Senza toccare temi dell'assistenza agli immigrati, dell'assegnazione delle case popopolari o della sovranità monetaria, abbiamo la percezione che è in atto una vera e propria repressione politica del diritto di essere italiani.

1 commento:

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