sabato 13 febbraio 2016

I numeri allarmanti del sistema penitenziario italiano

La popolazione detenuta in Italia inizia infatti ad aumentare in maniera incontrollata a partire dai primi anni '90 del secolo scorso quando, a seguito dalla riforma costituzionale del 1992, di fatto è divenuto pressoché eccezionale l'utilizzo del principale strumento attraverso il quale, sino ad allora, era stato amministrato il sovraffollamento carcerario: i provvedimenti di amnistia e indulto. A partire dal 1991 la popolazione detenuta in Italia aumenta a ritmi sempre più incalzanti, con l'unica drastica eccezione del 2006, anno di approvazione dell'ultimo provvedimento di indulto. Durante questa corsa al rialzo, la cifra record di presenze nelle carceri verrà raggiunta nel novembre del 2010, quando il totale dei detenuti presenti sfiorerà le 70.000 unità.

Contemporaneamente, in questi anni si amplia l'ambito di applicazione della cosiddetta “area penale esterna”, che comprende il totale dei soggetti sottoposti a quelle forme di esecuzione della pena alternative al carcere previste dall'ordinamento. Tale progressivo ampliamento dell'ambito di applicazione del carcere, e di quello delle misure alternative, mostra la dimensione del processo di espansione dell'area del controllo penale che raggiunge i suoi massimi livelli proprio negli anni 2000.
Come noto, tale processo di espansione non si giustifica con un parallelo incremento degli indici di delittuosità. Gli omicidi, in particolare, nel nostro paese sono in costante diminuzione da più di 20 anni, mentre reati quali rapine e furti hanno avuto nei medesimi anni un andamento piuttosto altalenante, senza che tuttavia via sia stato un incremento del fenomeno se paragonato ai primi anni '90. Piuttosto, le cause dell'aumento del numero di detenuti vanno individuate in precise, e note, scelte di politica criminale.

Se, infatti, tutti gli anni '90 e i primi anni 2000 ci avevano abituati ad una coniugazione del termine emergenza con l'allarme criminalità, oggi, ed in particolare nell'ultimo anno e mezzo, l'emergenza è divenuta il sovraffollamento delle carceri

Come noto, il primo tentativo recente di porre un limite all'incremento della popolazione detenuta si deve alla L. 199/2010, nota come “Legge Alfano” che, di fronte ad una popolazione detenuta che si avvicinava alla soglia delle 70.000 presenze, tentò di utilizzare lo strumento della detenzione domiciliare come via di uscita anticipata dal carcere per i condannati ad una pena, anche residua, entro i 12 mesi. La popolazione detenuta, seppur lievemente, iniziò a scendere. Oggi, infatti, i beneficiari della norma – con un limite di pena, anche residua, nel frattempo elevato a 18 mesi - scarcerati sono oltre 13.000, con un chiaro effetto “tampone”, deflattivo sui livelli generali di carcerazione.


Altro aspetto è quello della custodia cautelare in carcere. I dati raccolti dal Consiglio d'Europa da diversi anni mostrano come l'Italia sia maglia nera relativamente all'eccessivo utilizzo di tale strumento. In questi ultimi anni la percentuale di detenuti non condannati a titolo definitivo è tuttavia costantemente diminuita.

Con una sentenza del 2013 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha condannato l'Italia per trattamenti inumani e degradanti dei detenuti nelle carceri del nostro territorio. Non a caso, infatti, sono numeri e dati da incubo quelli che affligono il nostro sistema penitenziario. Numeri e dati però ai quali in pochi sono attenti e che a quanto pare non sono oggetto nè di tentativi di riforma radicale, nè di interesse mediatico.

Nel 2010 il record di presenze nelle carceri italiane: ben 70000 con un tasso di sovraffollamento più alto del 150% (quindi 150 detenuti nello spazio che sarebbe destinato a 100). Poi leggeri ma costanti cali: nel 2012 ci sono state 66000 presenze (sovraffollamento al 140,42%), nel 2013 non oltre le 62500 presenze (sovraffollamento al 131,08%), nel 2014 si è giunti a 60200 presenze (sovraffollamento al 124,61%)e nel 2015 "solo" 53000 presenze (ben 2.489 in più rispetto alla capienza regolamentare di circa 9 metri quadrati a persona). Nell'anno appena passato su 53000 presenze, 2.122 sono donne e 17.035 stranieri.


Ma c'è di più: il 25% della popolazione detenuta sconta una condanna inferiore ai tre anni di detenzione (37% per gli stranieri), il 5% inferiore all'anno di condanna (8% per gli stranieri) e sono ben 8.301, ovvero il 16% del totale della popolazione carceraria, il numero di reclusi ancora in attesa di primo giudizio.

Ad un mese dalla fine dell’anno (quindi fine Novembre 2015) si sono contati 93 decessi in carcere, di cui 50 per suicidio, uno per sciopero della fame, uno per overdose , uno per omicidio, 31 per cause ancora da accertare e 9 per malattia. A questi numeri si devono poi aggiungere altri quattro decessi, di cui 3 per suicidio, avvenuti nelle camere di sicurezza: si tratta di tre uomini e una donna stranieri di età variabile tra i 26 e 31 anni.

 L’età media dei detenuti deceduti è di poco inferiore ai 40 anni, così come quella dei soli suicidi. Il più giovane a morire, fino ad ora, aveva 19 anni, il più anziano che si è suicidato aveva 71 anni ed era recluso a Rebibbia. Inoltre solo nel 2012 si sono tolti la vita 8 appartenenti al corpo della Polizia penitenziaria, lo stesso numero nell’anno precedente, 5 nel 2010, 6 nel 2009 e 7 nel 2008 e 2007.
Tra i reati maggiormente colpiti ci sono: i reati contro il patrimonio (30.042), seguito da quelli contro la persona (21.562), per droga (18.312), per armi (10.088), associazione di stampo mafioso-416bis (7.023), reati contro la pubblica amministrazione (6.872).

Pochissime sono ancora le misure alternative adottate dall'Italia: In totale al 31 luglio 2015 sono 33.309 (nel 2014 erano 32.206), di cui 12.793 in affidamento in prova al servizio sociale, 723 in semilibertà, 9.936 ai domiciliari, 5.990 ai lavori di pubblica utilità, 3.673 in libertà vigilata, 189 in libertà controllata e 5 in semidetenzione.


Dall'ultima condanna del Consiglio d'Europa, datata aprile 2014, l'Italia qualche timido passo in avanti lo ha dunque fatto ma i numeri, però, restano ancora pericolosamente alti e  Strasburgo è sempre in agguato. Considerate che nel 2012 peggio del nostro Paese aveva fatto solo la Serbia.
Come non citare poi, i numerosi casi di truffa che ogni giorno devono subire i carcerati, ai quali, quotidianamente appunto, viene applicato un prezzo esagerato per alcuni prodotti della loro spesa giornaliera privata (aggiuntiva al carrello base statale con un valore di circa € 3,00 al giorno). Tutto in uno strano e dannoso silenzio. Tanto le cooperative che hanno vinto l'appalto non hanno concorrenza e i carcerati non hanno alternative.  Tanto chi si lamenta in cella, non può essere ascoltato. Solo per citare qualche esempio: caffè Lavazza (qualità rossa) a 3.39 euro, 250 grammi di burro a 2,55 euro, una confezione monodose (50 grammi) di marmellata a 70 centesimi, olio di oliva (non extravergine) a 5,50 euro, un chilo di biscotti a 4,15 euro, scatola di tonno Rio mare da 80 grammi a 1,05 euro, Scottex (4 rotoli) a 2,39 euro.

Ecco, dunque, che per presentare il tema che affronteremo in questo bimestre, cioè il sistema penitenziario italiano e le misure alternative alla detenzione, vi abbiamo voluto dare qualche dato chiarificatore per presentarvi la drammaticità del tema. Leggete attentamente e con la relativa calma questi numeri e da soli arriverete alla conclusione che urge una riforma statale sistemica e normativa. Chissà se qualche partito politico vorrà un giorno "sporcarsi l'immagine" e parlare di questa tematica. Chissà se lo Stato un giorno riuscirà a capire che la funzione della detenzione è si punitiva ma anche rieducativa e che magari integrando di nuovo il detenuto nella società attraverso il lavoro e l'impegno civile sarebbe proprio la collettività a trarne il vantaggio principale. Intanto, ne parliamo noi...

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