domenica 28 febbraio 2016

Il sistema penitenziario nel ventennio fascista

Le misure carcerarie del ventennio furono principalmente legate alle riforme introdotte da Arturo Rocco, ministro della giustizia dal 1925 al 1932 e autore di quello che passò alla storia come "Codice Rocco", corpo di norme in tema di diritto penale. L'idea di fondo del nuovo codice consisteva da un lato, in una maggiore severità contro la delinquenza in nome della difesa dello Stato e degli interessi individuali e collettivi ritenuti da questo meritevoli di tutela, e dall'altro, nell'introduzione di nuovi istituti considerati più moderni e adeguati alla prevenzione del delitto, come le misure di sicurezza.

Il testo definitivo, accompagnato dalla relazione al re, venne pubblicato il 19 ottobre 1930 ed entrò in vigore il I luglio 1931. Il codice fu poi modificato dopo la caduta del fascismo nel 1955.

In Italia la pena di morte fu reintrodotta da Benito Mussolini ed operava principalmente per punire coloro che avessero attentato alla vita o alla libertà della famiglia reale o del capo del govero e per vari reati contro lo stato. C'è da dire comunque che negli anni trenta quasi tutti gli Statoi del mondo adoperavano la pena di morte come pena massima.



Ma Oltre alla pena di morte, durante l'epoca fascista, era in funzione anche il "confino", o meglio noto come "domicilio coatto". Esso era sinonimo di messa al bando dalla società civile e di reclusione di fatto in remote località della nazione, dove vi erano poche vie di comunicazione. Al confino finirono sia antifascisti che fascisti dissidenti, forzatamente isolati su minuscole porzioni di terra in mezzo al mare o in paesi del Sud Italia, così da separarli fisicamente, moralmente e socialmente da qualsiasi contatto con il resto del Paese. Il confino aveva una durata massima di 5 anni, che tuttavia potevano essere rinnovabili. Questo era formato da due tipologie: confino politico e confino comune.

L'uomo che commetteva il reato aveva comunque una leggera libertà personale. Le carceri, ebbero un radicale cambiamento. Quella che era la direzione generale delle carceri e dei riformatori assunse la nuova denominazione di direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena. venne approvato da Rocco il nuovo “Regolamento per gli Istituti di prevenzione e di pena”, fedele traduzione dell’ideologia fascista nel settore penitenziario. Rimasero le tre leggi fondamentali della vita carceraria, ovvero: lavoro, istruzione civile e pratiche religiose che divennero in seguito tassative. I detenuti non avevano collegamenti con il mondo esterno.





Il Regolamento carcerario del 1931 suddivideva le carceri in tre gruppi: carceri di custodia preventiva, carceri per l’esecuzione di pena ordinaria e carceri per l’esecuzione di pena speciale. Il carcere giudiziario, pooi, era una "permanenza" per le persone arrestate, ma ancora non ritenute colpevoli. I detenuti dovevano indossare apposite divise, farsi trovare vicino alla branda ben ordinate tutte le volte che le guardie entravano in cella. Era consentito scrivere due lettere in una settimana, ma non con lo stesso mittente. Tuttavia, non era permesso possedere o leggere giornali, cantare o avere carte da gioco. Durante i colloqui con i parenti, che avvenivano tra reti metalliche distanziate, era previsto l'ascolto da parte delle guardie. Le punizioni andavano dalla semplice ammonizione del direttore alla cella d'isolamento, ed erano previste sanzioni come il divieto di fumare, di scrivere, di lavarsi, di radersi per alcuni giorni, l'interruzione dei colloqui, la sottrazione del pagliericcio, fino al letto di contenzione (non solo nei manicomi), la camicia di forza e la cella "imbottita". Molte infrazioni avevano risvolti "penali" ossia facevano scattare denunce e condanne che allungavano la pena.


Ma il beneficio principale in un sistema penitenziairio così aspro, stava nella possibilità di accedere al lavoro in carcere, oppure, nell'asseganzione a un carcere aperto. Il detenuto nella sua permanenza in carcere, possedeva una "cartella biografica" nella quale si annotava il comportamento all'interno del carcere, ma anche i reati commessi dai suoi familiari e sopratutto le idee politiche di ogni membro della famiglia. Nel 1939 fu approvato il Tribunale Dei Minori e le case di rieducazione per i minorenni, ancora oggi in funzione. Nel secondo dopoguerra, le carceri rimasero invariate e solo intorno al 1960 ci furono dei cambiamenti all'interno delle ultime.

Nessun commento:

Posta un commento