martedì 29 novembre 2011

Egitto Docet

Era il febbraio del 2011 quando milioni di cittadini egiziani esultarono per l’annuncio di dimissioni del presidente Mubarak. Celebri a riguardo furono le testimonianze di alcuni abitanti locali che davanti alle tv di mezzo mondo e presi da un’euforia fuori dal comune, ringraziarono apertamente gli Stati Uniti e l’ONU per aver condotto il proprio popolo verso la pace e la democrazia. C’era addirittura chi, senza tanti giri di parole, reclamava più diritti che pane quotidiano.

Tutto faceva pensare all’inizio di una nuova era. Un'era di benessere e libertà.

Ma quando, dietro a questa sensazione di indipendenza, vi è la mano a stelle e strisce, c’è poco da gioire.

A riguardo, i nostri lettori più attenti, noteranno che nel numero de “Il Maestrale” di Marzo ed Aprile 2011 uscì un articolo estremamente profetico. Intitolato “no fly-zone, no party” , riportava brevemente la cronaca delle missioni delle Nazioni Unite in Nord Africa, con relativo commento e considerazioni sul futuro di quest’ultime. Precisamente per l’Egitto si cercava di placare questa ingiustificata euforia sottolineando come il nuovo governo, retto dalla casta militare del paese indipendente a livello economico dalla finanza dallo stato, fosse solo una brutta copia della dittatura di Mubarak in quanto sarebbe andata a proteggere solo i privilegi di quelle poche migliaia di “intoccabili” a discapito di numerosi sacrifici socio economici dei ceti medio - bassi. Il popolo egiziano ben presto per noi sarebbe tornato in piazza.

Così, quando a metà Novembre, i nostri quotidiani sono stati invasi dalle drammatiche notizie di protesta dei cittadini egiziani contro la giunta militare, noi non siamo di certo rimasti sorpresi.

Per chiarire meglio la situazione (stavolta ai meno attenti), attualmente in Egitto (a Il Cairo, Alessandria e Suez principalmente) il popolo locale insorge contro il potere assoluto esercitato fino ad oggi (dalle dimissioni del presidente Mubarak, ovviamente) da un governo fantoccio guidato in realtà dalla casta dei militari (circa duemila in tutto). Governo instaurato, neanche a farlo apposta, dalle Nazioni Unite per garantire la “giusta stabilità alla democrazia egiziana”.Casualmente e a titolo di cronaca, però, questa casta”guerriera”è finanziata ormai da decenni proprio dagli Stati Uniti d’America.

Dopo giorni di guerriglia urbana, dopo 50 morti e 1500 feriti all’incirca , dopo l’arresto di noti personaggi pubblici (come per esempio la giornalista liberale Bothaina kamel ) il governo dei militari sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) essere arrivato davvero al capolinea. Tantawi il maresciallo settantaseienne (in un paese in cui i 2/3 della popolazione è under 30) ha infatti dichiarato che le elezioni nazionali saranno anticipate a Giugno 2012 e che il governo attuale a breve darà le dimissioni. Secondo alcune indiscrezioni, il compito di traghettatore del paese in questi mesi con molta probabilità spetterà a ELBaradei Mohammed(in passato nobel per la pace).

Dunque a pochi mesi dalla “liberazione” ecco una nuova rivolta del popolo egiziano contro la tirannia, stavolta rappresentata dal canone “democratico” statunitense. Sanguinosa e drammatica allo stesso tempo, ma che potrebbe però non essere ancora l’ultima: i”Fratelli Musulmani” (gruppo leader di opposizione al regime militare), infatti, si son ritirati clamorosamente dalla protesta dopo le ultime remissive dichiarazioni del governo, alimentando quindi le voci di un possibile “tradimento”, cioè un accordo tra essi e la casta militare per la spartizione del potere.

L’Egitto è nuovamente avvisato: la democrazia è ancora troppo lontana.

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