giovedì 19 gennaio 2012

Sicilia Magistra Italiae

C’è chi parla della nave “Concordia” affondata nel largo dell’Isola del Giglio, c’è chi parla del caso Cosentino e dei suoi rapporti presunti con la camorra, c’è chi parla in modo vago e con reticenza (come al solito, verrebbe da pensare) del summit europeo di Monti , c’è chi parla del suicidio (anomalo) di uno dei due assassini tunisini coinvolti qualche giorno fa nell’omicidio di due giovani cittadini cinesi (uno di loro era una bambina)  a Tor Pignattara a Roma, c’è chi denuncia le bombe lanciate contro le sedi di Equitalia.  

Non c’è chi parla, però, della situazione difficile che sta attraversando la Romania e delle manifestazioni popolari contro le manovre finanziarie definite di austerità dal governo locale, non c’è chi fa un quadro della situazione ungherese e della sua battaglia sociale contro le banche ancora oggi in atto, non c’è chi parla delle costanti minacce belliche israeliane allo stato iraniano, non c’è chi parla ovviamente dell’Islanda e dell’Ecuador. Ma non c’è nemmeno chi parla di che cosa stia succedendo in Sicilia in questi giorni.
Roba da matti, verrebbe da pensare.

Per chi non lo sapesse (molti, moltissimi) in Sicilia in questi giorni si respira un’aria di rivolta. Un vento popolare, di lotta sana. Agricoltori, allevatori, autotrasportatori, artigiani uniti sotto il nome di “movimento dei forconi”e impegnati in una lotta proletaria senza colore politico contro l’attuale sistema partitico. Bloccano pacificamente la circolazione, i caselli e i porti di tutta la Regione. Hanno coinvolto anche altri gruppi in altre parti d’Italia (in Calabria, per esempio). Chiedono per cinque giorni le dimissioni dell’intera classe politica giudicata nepotista e corrotta. Chiedono lavoro e rispetto. Odiano la mafia e vorrebbero essere protetti da uno Stato efficiente. Vorrebbero la defiscalizzazione dl carburante e dell’energia elettrica (ormai le uniche due fonti di guadagno per i lavoratori siculi). Vorrebbero una parte di fondi europei per la loro crescita.
Ma soprattutto vorrebbero in primis essere ascoltati.
Eppure nonostante tutto ciò, non abbiamo ancora visto nei nostri quotidiani o nei telegiornali nazionali (solo in quello regionale siciliano) alcun riferimento, da tre giorni, a questa protesta, conosciuta solo grazie ai social network.
Il perché è facile da immaginare.
Dunque, quasi inevitabilmente, ci tornano in mente gli anni tra il 1891 e il 1893 quando un gruppo di agricoltori e artigiani (chiamati “fasci siciliani”) decise di montare la protesta agraria contro i governi pseudo democratici, rei di difendere solamente i proprietari fondiari. Una protesta sana anche quella, non violenta ma che costò ugualmente decine di vittime. Causa la linea dura attuata contro e proprio per loro dal governo Crispi.
Con l’augurio che questa rivolta sociale non costi altre vite umane, ma che goda di più notorietà e rispetto, bisogna semplicemente applaudire e sostenere (almeno ideologicamente)ancora una volta il popolo siculo, simbolo ormai di avanguardia sociale e politica. Sottolineando il suo ruolo, praticamente storico, di precursore di grandi rivoluzioni nazionali, non ci resta che affermare: ”Sicilia, Magistra Italiae”.

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