martedì 26 febbraio 2013

"D'ora in poi può accadere di Tutto"

"D'ora in poi può accadere di tutto", disse Giovanni Falcone davanti al cadavere di Salvo Lima.
E di tutto in effetti accadde.
Tutto ebbe inizio con l'omicidio del 12 marzo 1992 del Magistrato Salvo Lima; ucciso perché tutti i mafiosi vennero condannati all'ergastolo e Cosa Nostra si trovò per la prima volta "tradita" senza più coperture politiche.
Quell'omicidio segnò la fine del rapporto Mafia - Politica. Questi eventi trasformarono un affare di Mafia in un affare di Stato, dove i protagonisti diventarono i vari Ministri in carica in quel periodo come Vizzini (Ministro delle Poste), Mannino (Ministro per gli Interventi Straordinari per il Mezzogiorno), Martelli (Ministro della Giustizia), Andò (Ministro della Difesa) e Giulio Andreotti, cariche Istituzionali che furono vittime di continui ricatti.

Proprio uno dei candidati della "Lista Nera", Mannino, incontrò il Capo dei Reparti Speciali dei Carabinieri e il Capo della Polizia per arrivare ad un patto; ma la Mafia operò diversamente e il 23 maggio 1992 decise di far saltare in aria Giovanni Falcone.
Si aprì cosi la prima trattativa Stato - Mafia per cercare di arrivare alla cattura di Totò Riina fermando le stragi delle quali era il mandante. Il 19 luglio 1992 dopo l’eccidio di Capaci, venne fatto saltare in aria anche il giudice Paolo Borsellino, nell'ennesimo attentato di Cosa Nostra che ribadiva di non sottostare ad alcun patto. Per il paese e per il governo il momento,in quel preciso frangente, era di assoluta delicatezza.
Quest'ultimo, trovandosi in difficoltà di fronte a questi fenomeni , per arginare queste stragi diede il via libera alle richieste di Totò Riina come i benefici di legge, nuove norme sul pentitismo e la revisione del "Maxi Processo".
A questo punto il Ministro degli Interni Scotti venne improvvisamente sostituito da Nicola Mancino nel governo del Premier Giuliano Amato.
Il 15 gennaio del 1993 venne messa in atto la strana cattura del "Capo dei Capi" annunciata
pochi giorni prima dal Ministro Mancino.
 
Da questi episodi ebbe inizio la seconda trattativa nella quale le richieste diventarono sempre più incombenti: anche il Ministro della Giustizia saltò e Conso prese il posto di Martelli. Dopo una nuova lunga serie di attentati la Mafia diventò ufficialmente terrorismo aprendo così le vie ad una probabile terza trattativa: tutti i vertici dell'amministrazione giudiziaria vennero improvvisamente sostituiti sotto il comando di Scalfaro dopo che quest'ultimo ricevette una lettera di minaccia dai familiari dei boss in carcere.

Lo Stato, di fronte ai continui attentati terroristici, nonostante la sua formale resistenza, abbassò la testa alle precedenti richieste avanzategli, trasferendo così i 441 mafiosi al 41 Bis in regime di "normalità carceraria".

Con il governo Berlusconi si ha in effetti un incremento di lotta alla mafia; mafia che però cambia strategia e smette di sparare. Ma continua ad esserci e muoversi in modo più discreto. Sembra stranamente essere stata raggiunta tra Stato e Mafia una calma apparente, una apparenza che per vent'anni non ha fatto sparare più un colpo. Molto si è parlato sulla connivenza possibile tra mafiosi e governo berlusconiano, rimanendo ,è pur vero, sempre senza certezze inconfutabili in merito. Certo è che sullo stesso delicato tema i giudici quando si è trattato di intercettare e di divulgare tutto ciò che riguardasse Berlusconi non hanno come sempre esitato, mentre quando è toccato ad altri è intervenuta di gran carriera la Corte Costituzionale. E’ il caso delle intercettazione Napolitano – Mancino dove quest’ultima ha decretato che il contenuto delle telefonate del Capo dello Stato non potessero essere  divulgate ma anzi prontamente distrutte. I giudici sostengono infatti che l’eventuale diffusione delle telefonate avrebbe creato danni non solo alla figura e alle funzioni del capo dello Stato ma anche al sistema costituzionale complessivo. “Il presidente della Repubblica -questo dicono i giudici con l’ermellino- deve poter contare sulla riservatezza assoluta delle proprie comunicazioni, non in rapporto ad una specifica funzione, ma per l’efficace esercizio di tutte”.

I cittadini hanno diritto di sapere cosa sia avvenuto in quegli anni di stragi tra le massime istituzioni e le cosche. Sarebbe bene conoscere ciò  che si dissero Napolitano e Mancino ma purtroppo la legge non sembra essere uguale per tutti.
 
Resta il fatto che Falcone e Borsellino furono uccisi dalla mafia dopo essere stati sconfitti  prima dalla stessa magistratura e dalla politica.
Sono stati due dei più grandi magistrati della storia italiana, intelligenti, modernissimi, ricchi di etica e di valori. Sono stati gli unici, probabilmente, che hanno messo davvero in difficoltà la mafia e sono andati vicino a disarticolarla nel momento della massima espansione di potere delle cosche. Falcone e Borsellino concepivano la lotta alla mafia come lotta alla mafia e non come strumento di rafforzamento del ruolo e del potere della magistratura. Esempio per chi del proprio ruolo ne fa un vessillo da politicante.

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