martedì 21 aprile 2015

Breve storia delle delocalizzazioni

C'era una volta in cui ci si poteva sentire orgogliosi di essere Italiani. Un tempo in cui chi ci governava rendeva grande il nostro Paese attuando politiche popolari e nazionali. Un tempo in cui l’industria veniva tutelata e incoraggiata. Oggi, invece, è tutto cambiato. Molti  abbandonano la nave e se ne vanno dove il vento tira più forte. Del nostro Paese sta rimanendo solo il nome, la sostanza se ne va altrove. Il motore pulsante del nostro Paese,l'industria, migra verso mete più ambiziose, si sposta verso lidi migliori, in cui produrre risulta essere più vantaggioso. Stiamo perdendo i pezzi.

Ma quando ha inizio questa storia della delocalizzazione? Sicuramente non è un argomento recente ,seppure negli ultimi anni è incrementato. Circa un secolo fa avevamo già qualche teoria che riguardava questo possibile cambiamento in ambito produttivo. Due economisti svedesi idearono il teorema di Heckscher-Ohlin,che da loro prende il nome. Tale teorema afferma in sostanza che l'interscambio produttivo tra due paesi può avere enormi benefici. Non è esattamente il concetto vero e proprio di delocalizzazione ma sicuramente siamo alla base di quello che vediamo oggi. Ma i veri capostipiti della delocalizzazione furono gli Stati Uniti a partire dagli anni sessanta. L'Italia entra in scena negli anni ottanta quando le imprese italiane commerciavano con i paesi più ricchi con lo scopo di conquistare quote di mercato. L'entrata nella moneta unica ha fatto emergere la debolezza del cambio della nostra moneta. La sovranità monetaria favoriva notevolmente l'andamento dell'industria italiana ma ecco che l'Italia inizia a delocalizzare,e se all'inizio l'obiettivo era di tipo commerciale,ora interessa il processo produttivo vero e proprio.


Oggi grazie a questo processo assistiamo alla completa distruzione dell'industria nazionale,le nostre aziende stanno scomparendo fisicamente dal suolo italiano. Perchè avviene tutto questo? Perchè grandi e piccole aziende trasferiscono la loro produzione in altri paesi? Sicuramente uno dei motivi più importanti è che il costo del lavoro all'estero è più basso rispetto al nostro,si parla del 75% in meno. Ciò sta ad indicare che un lavoratore all'estero viene pagato meno per svolgere lo stesso lavoro rispetto ad un dipendente italiano (seppur con meno qualità).. Ecco come è aumentata la disoccupazione in Italia. Questo insieme comunque ad altre cause, come: l’eccessiva regolamentazione dei mercati, la pesante burocrazia, il fisco che soffia sempre sul collo degli imprenditori e la qualità non sempre buona delle istituzioni sono in apparenza le cause di uno spostamento produttivo all'estero. Spesso non si tiene in considerazione il fatto che i paesi che "accolgono" le nostre industrie offrono un'incentivazione pubblica maggiore alla nostra. Un esempio emblematico è stato la Serbia nel 2008 che con un decreto ha stanziato un fondo per l'erogazione di finanziamenti ad imprese che vogliono produrre sul suo territorio.

Ma cosa significa spostare la produzione all'estero? Diciamo che non tutto il ciclo produttivo viene trasferito. Nella maggior parte di casi si preferisce spostare solo le attività operative e si spinge per mantenere in casa nostra tutto ciò che riguarda il controllo del ciclo produttivo come la progettazione, la distribuzione e il marketing. Si vuole mantenere il cuore in terra nostrana e spostare solo il lavoro fisico perchè tanto questo tipo di lavoro lo possono fare tutti e in egual modo e ovviamente con un costo minore. L'operaio italiano è quindi merce.

Ma dove vanno a produrre quindi le nostre aziende? Est Europa,Cina e sud America rappresentano le soluzioni migliori, anche a causa dell’ assenza di regolamentazione sul mercato del lavoro. Infatti questi paesi destinatari in molti casi hanno infrastrutture di base non ancora bene sviluppate e hanno molto meno peso fiscale. Questo favorisce la concorrenza di questi paesi che si propongono come nuovi poli di attrattiva industriale.
Sebbene la storia della delocalizzazione è iniziata,come abbiamo scritto,circa un secolo fa è negli anni ottanta e novanta che inizia davvero a prendere piede e in Italia esplode definitivamente all'inizio di questo secolo,dove l'istat calcola che circa il 10% delle industrie italiane con almeno cinquanta dipendenti ha trasferito all'estero parte della produzione nostrana. Assistiamo oggigiorno alla perdita di migliaia di lavoratori che operano nei call center nel settore delle telecomunicazioni. Se prima era un lavoro facile da trovare,oggi ci troviamo davanti ad una difficoltà enorme nel provare ad inserirsi in queste aziende. Ma le società dei call center sono solo alcune delle aziende che hanno deciso di abbandonare la nostra nazione. Fiat, la nostra azienda leader nel settore automobilistico ha aperto stabilimenti in Polonia, Serbia, Russia, Brasile, Argentina con conseguente perdita di posti di lavoro per gli italiani. Dainese,Geox,Bialetti,Omsa,Benetton e molte altre completano il quadro in declino del nostro paese. Oggi quasi tutte le principali compagnie telefoniche hanno delocalizzato. Così facendo tutti i nostri dati iniziano a viaggiare oltre confine,copie di carte d'identità,codice fiscale e altri dati strettamente personali finiscono sui server di società di cui non sempre sappiamo molto. Altro che tutela della privacy.  Sembra un problema di secondo piano ma è pur sempre frutto di questa delocalizzazione.


Allora ci domandiamo,è possibile evitarla o almeno ridurla? Una soluzione dura sarebbe quella di multare le aziende che decidono di spostarsi all'estero. Però perchè arrivare a soluzioni punitive? Forse far restituire gli aiuti statali ricevuti precedentemente la delocalizzazione sarebbe una soluzione migliore? Domande a cui è difficile rispondere e che ci piacerebbe vengano affrontate più seriamente da chi ci governa. Ci siamo stufati di sentire di ennesime riforme del mercato del lavoro e di taglio del cuneo fiscale. La ripresa economica non passa attraverso queste misure appena elencate. All'Italia manca sicuramente l'innovazione, l'investimento su infrastrutture che ci fanno arrivare sempre in ritardo rispetto al resto dell'Europa. E il fenomeno della delocalizzazione aumenta sempre di più. Il tanto sbandierato "made in Italy" sembra ormai un lontano ricordo….

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