C'era una
volta in cui ci si poteva sentire orgogliosi di essere Italiani. Un tempo in
cui chi ci governava rendeva grande il nostro Paese attuando politiche popolari
e nazionali. Un tempo in cui l’industria veniva tutelata e incoraggiata. Oggi, invece,
è tutto cambiato. Molti abbandonano la
nave e se ne vanno dove il vento tira più forte. Del nostro Paese sta rimanendo
solo il nome, la sostanza se ne va altrove. Il motore pulsante del nostro
Paese,l'industria, migra verso mete più ambiziose, si sposta verso lidi
migliori, in cui produrre risulta essere più vantaggioso. Stiamo perdendo i
pezzi.
Ma
quando ha inizio questa storia della delocalizzazione? Sicuramente non è un
argomento recente ,seppure negli ultimi anni è incrementato. Circa un secolo fa
avevamo già qualche teoria che riguardava questo possibile cambiamento in
ambito produttivo. Due economisti svedesi idearono il teorema di
Heckscher-Ohlin,che da loro prende il nome. Tale teorema afferma in sostanza
che l'interscambio produttivo tra due paesi può avere enormi benefici. Non è
esattamente il concetto vero e proprio di delocalizzazione ma sicuramente siamo
alla base di quello che vediamo oggi. Ma i veri capostipiti della delocalizzazione
furono gli Stati Uniti a partire dagli anni sessanta. L'Italia entra in scena
negli anni ottanta quando le imprese italiane commerciavano con i paesi più
ricchi con lo scopo di conquistare quote di mercato. L'entrata nella moneta
unica ha fatto emergere la debolezza del cambio della nostra moneta. La
sovranità monetaria favoriva notevolmente l'andamento dell'industria italiana
ma ecco che l'Italia inizia a delocalizzare,e se all'inizio l'obiettivo era di
tipo commerciale,ora interessa il processo produttivo vero e proprio.
Oggi
grazie a questo processo assistiamo alla completa distruzione dell'industria
nazionale,le nostre aziende stanno scomparendo fisicamente dal suolo italiano.
Perchè avviene tutto questo? Perchè grandi e piccole aziende trasferiscono la
loro produzione in altri paesi? Sicuramente uno dei motivi più importanti è che
il costo del lavoro all'estero è più basso rispetto al nostro,si parla del 75%
in meno. Ciò sta ad indicare che un lavoratore all'estero viene pagato meno per
svolgere lo stesso lavoro rispetto ad un dipendente italiano (seppur con meno
qualità).. Ecco come è aumentata la disoccupazione in Italia. Questo insieme
comunque ad altre cause, come: l’eccessiva regolamentazione dei mercati, la
pesante burocrazia, il fisco che soffia sempre sul collo degli imprenditori e
la qualità non sempre buona delle istituzioni sono in apparenza le cause di uno
spostamento produttivo all'estero. Spesso non si tiene in considerazione il
fatto che i paesi che "accolgono" le nostre industrie offrono
un'incentivazione pubblica maggiore alla nostra. Un esempio emblematico è stato
la Serbia nel 2008 che con un decreto ha stanziato un fondo per l'erogazione di
finanziamenti ad imprese che vogliono produrre sul suo territorio.
Ma
cosa significa spostare la produzione all'estero? Diciamo che non tutto il
ciclo produttivo viene trasferito. Nella maggior parte di casi si preferisce
spostare solo le attività operative e si spinge per mantenere in casa nostra
tutto ciò che riguarda il controllo del ciclo produttivo come la progettazione,
la distribuzione e il marketing. Si vuole mantenere il cuore in terra nostrana
e spostare solo il lavoro fisico perchè tanto questo tipo di lavoro lo possono
fare tutti e in egual modo e ovviamente con un costo minore. L'operaio italiano
è quindi merce.
Ma
dove vanno a produrre quindi le nostre aziende? Est Europa,Cina e sud America
rappresentano le soluzioni migliori, anche a causa dell’ assenza di
regolamentazione sul mercato del lavoro. Infatti questi paesi destinatari in
molti casi hanno infrastrutture di base non ancora bene sviluppate e hanno
molto meno peso fiscale. Questo favorisce la concorrenza di questi paesi che si
propongono come nuovi poli di attrattiva industriale.
Sebbene
la storia della delocalizzazione è iniziata,come abbiamo scritto,circa un
secolo fa è negli anni ottanta e novanta che inizia davvero a prendere piede e
in Italia esplode definitivamente all'inizio di questo secolo,dove l'istat
calcola che circa il 10% delle industrie italiane con almeno cinquanta
dipendenti ha trasferito all'estero parte della produzione nostrana. Assistiamo
oggigiorno alla perdita di migliaia di lavoratori che operano nei call center
nel settore delle telecomunicazioni. Se prima era un lavoro facile da
trovare,oggi ci troviamo davanti ad una difficoltà enorme nel provare ad
inserirsi in queste aziende. Ma le società dei call center sono solo alcune
delle aziende che hanno deciso di abbandonare la nostra nazione. Fiat, la
nostra azienda leader nel settore automobilistico ha aperto stabilimenti in
Polonia, Serbia, Russia, Brasile, Argentina con conseguente perdita di posti di
lavoro per gli italiani. Dainese,Geox,Bialetti,Omsa,Benetton e molte altre
completano il quadro in declino del nostro paese. Oggi quasi tutte le
principali compagnie telefoniche hanno delocalizzato. Così facendo tutti i
nostri dati iniziano a viaggiare oltre confine,copie di carte d'identità,codice
fiscale e altri dati strettamente personali finiscono sui server di società di
cui non sempre sappiamo molto. Altro che tutela della privacy. Sembra un problema di secondo piano ma è pur
sempre frutto di questa delocalizzazione.
Allora
ci domandiamo,è possibile evitarla o almeno ridurla? Una soluzione dura sarebbe
quella di multare le aziende che decidono di spostarsi all'estero. Però perchè
arrivare a soluzioni punitive? Forse far restituire gli aiuti statali ricevuti
precedentemente la delocalizzazione sarebbe una soluzione migliore? Domande a
cui è difficile rispondere e che ci piacerebbe vengano affrontate più
seriamente da chi ci governa. Ci siamo stufati di sentire di ennesime riforme
del mercato del lavoro e di taglio del cuneo fiscale. La ripresa economica non
passa attraverso queste misure appena elencate. All'Italia manca sicuramente
l'innovazione, l'investimento su infrastrutture che ci fanno arrivare sempre in
ritardo rispetto al resto dell'Europa. E il fenomeno della delocalizzazione
aumenta sempre di più. Il tanto sbandierato "made in Italy" sembra
ormai un lontano ricordo….
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