martedì 28 aprile 2015

Drammatici Esempi di Delocalizzazione

Con il termine delocalizzazione ,si intende lo spostamento delle attività produttive dal paese di origine ad uno estero. I motivi per cui le imprese delocalizzano sono molteplici,come ad esempio la pressione tributaria, l’elevato costo del lavoro e per la burocrazia (nota in Italia per essere a dir poco asfissiante). Secondo delle analisi ISTAT, circa 3000 delle grandi e medie imprese (ossia il 13,4%), con più di 50 impiegati,nel periodo che va dal 2001 al 2006, , hanno spostato le loro sedi in altre Nazioni europee, in Cina, negli USA, in India ed in Africa centro-meridionale.
 
Ma come funziona la delocalizzazione? Il maggior numero delle aziende che aderiscono a questo fenomeno, attuano il modello della “PRINCIPAL STRUCTURE”.Il seguente metodo consiste nel spostare la sede operativa in giro per il mondo con una manodopera low cost e la holding , ossia la società capogruppo,che controlla le altre società mediante il possesso di partecipazioni azionarie, in un paese dove le tasse sono decisamente limitate. Il ruolo della holding è quello di vendere i materiali comprati alle sedi operative a prezzi elevati,facendo diminuire il profitto di quest’ultime, spendendo così una cifra irrisoria in tasse. Indovinate invece dove si accumulano i profitti? Nelle holding, posizionate esattamente per questo motivo in località dove la pressione tributaria è minima.
 
Di aziende italiane che hanno deciso di abbracciare questo metodo, ce ne sono molte, ma quella che ci salta più all’occhio, per fama e per gli effetti disastrosi recati al nostro paese, è la FIAT. L’industria “torinese” ha spostato gran parte delle sue sedi dall’Italia agli Stati Uniti, ma soprattutto in Serbia. ha ridotto di 15821 il numero di dipendenti dal 2007 al 2012 ,mentre negli USA ne ha assunti 62349,passando gli stabili da 56 a 44 in Italia e da 22 a 48 negli Stati Uniti. Il paese serbo è diventato la sede di una delle principali centrali operative della FIAT, per i costi della manodopera decisamente bassi. L’ effetto di questa delocalizzazione ha avuto importanti ripercussioni sull’export serbo che, nel settore dell’auto, è trainato da Fiat che contribuisce al 20% delle esportazioni e ha ”quasi triplicato la produzione” nei primi tre mesi del 2013 rispetto allo stesso periodo del 2012. Questa fiorente positività imprenditoriale, è anche conseguenza di sfruttamenti di FIAT nei confronti dei lavoratori serbi, al punto che, un operaio dello stabilimento di Kragujevac, come azione di protesta, ha danneggiato 31 vetture (500L),scrivendo sulle carrozzerie “italiani andatevene” o “aumentate gli stipendi”, causando danni per 500 000 euro. Un palese episodio estremo di protesta nato dall’esasperazione di operai che arrivano a guadagnare soli trecentoventi euro al mese. Ma i vantaggi di trasferire stabilimenti operativi in serbia, non riguardano solo la differenza del costo di manodopera in confronto all’italia. Infatti, grazie ad un accordo stipulato dal governo di Belgrado e dal Lingotto, lo stato paga la bonifica dell’ex Zavasta (un importante stabilimento)e ne cede la proprietà a FIAT. Oltre a ciò, tramite l’accordo, industria automobilistica, riceve 10 000 euro di finanziamento pubblico, per dipendente assunto. Infine, come se i guadagni non fossero abbastanza, la FIAT non dovrà pagare tasse né al governo, né al comune di Kragujevac per ben 10 anni.
 
“La delocalizzazione è un male necessario imposto dal mercato. L’impresa del domani sarà quella intelligente:qui in Italia, la creatività, l’organizzazione della produzione ed il marketing; fuori, dove la manodopera costa meno, la produzione”.Queste sono le parole del patrono della Geox, Moretti Polegato, l’azienda di Treviso, che produce capi d’abbigliamento. Nel 2008 ha fatturato 892,5 milioni di euro, collocandosi prima in Italia e seconda nel mondo per numero di prodotti in commercio. In seguito alle parole sono, prontamente, arrivati i fatti. Così la Geox sposta la principale produzione in stabilimenti a Timisoara, in Romania e in Slovacchia. Infatti è proprio in Romania che la geox ha costruito una catena di produzione, attiva 24 ore su 24 con operai distribuiti in 3 turni di 8 ore. Qui avviene il 20% della produzione Geox. Naturalmente, se la produzione in Romania va a gonfie vele, in Italia va a scemare visti i costi più elevati, così sulla strada del licenziamento ci sono 90 dipendenti su 545dello stabilimento madre di Montebelluna.
 
Se per le grandi società la delocalizzazione è una strategia per aumentare esponenzialmente i profitti, per la classe lavoratrice diventa un mezzo infame per essere ingiustamente licenziata(situazione soprattutto italiana), o sfruttata e destinata ad avere salari minimi, senza prospettiva di crescita (situazione soprattutto estera). Un altro effetto devastante dello spostamento delle aziende italiane in terre estere, è, chiaramente, la perdita di potenza industriale dell’Italia, con forti ripercussioni sull’economia italiana

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