Nel terzo appuntamento con “Gymnasium” il
professore si è soffermato su alcuni degli argomenti più importanti ai fini
della comprensione delle ragioni che scatenarono la Grande Guerra,, e per apprendere
quel filo logico fondamentale che intercorre tra le delusioni degli
ex-combattenti della stessa guerra, il socialismo rivoluzionario ed il
Fascismo.
Una lezione che a noi appare fondamentale
perché proprio quest’anno ricorderemo il sangue versato dai soldati italiani
per definire i confini della nostra nazione, gli stessi soldati che, ritornati
nelle loro case, furono umiliati dalle istituzioni che non furono capaci di far
valere le ragioni dell’Italia a livello politico internazionale (vedi vittoria
mutilata, Fiume) e né diedero il giusto risalto a quell’enorme sforzo compiuto
da questi soldati lasciandoli fuori dalla vita politica italiana e non
ricompensandoli come a questi effettivamente spettava.
Non ci sentiamo di esagerare affatto quando
sosteniamo che fu proprio in questa guerra, fu proprio nelle trincee che questi
soldati, provenienti da tutta Italia, formarono quel concetto astratto di popolo che
per noi resta oggi un caposaldo da riconquistare: comunità di destino. Ebbene
fu la trincerocrazia della Grande Guerra a creare il popolo italiano.
Durante la lezione abbiamo ovviamente
analizzato le ragioni scatenanti del conflitto ed i rapporti che intercorrevano
tra i vari Stati, smascherando anche il falso storico del “volta gabbana”
italiano alla Francia, infatti i rapporti tra i due paesi erano già da tempo
molto tesi; abbiamo analizzato la figura fondamentale di Otto Von Bismarck e la
sua visione, già all’epoca, europeista. Infine, Filippo Corridoni. Personaggio
fondamentale per comprendere il filo conduttore tra socialismo rivoluzionario e
Fascismo, ed ancor di più lo spirito volontaristico che spingeva questi
italiani ad arruolarsi per combattere, ma non solo: Corridoni, date le sue non
ottimali condizioni di salute, fu relegato nei reparti di assistenza sanitaria,
ma insieme ad altri due soldati egli scappò per unirsi alle prime linee,
fermato e processato per insubordinazione fu presto rilasciato e gli fu
concesso di combattere in trincea.
Più di tutti lo riassume la sua storica
frase: “Morirò in una buca, contro una roccia o nella corsa di un assalto ma,
se potrò, cadrò con la fronte verso il nemico, come per andare più avanti
ancora!”.
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