martedì 16 dicembre 2014

Trattative Stato-Mafia. Una Storia da non dimenticare!


Il “Mondo di Mezzo”, così viene chiamata da giorni l’organizzazione di stampo mafioso che ha operato, ed opera tutt’ora, all’interno della capitale italiana. Un’organizzazione che coinvolge tutti, da personaggi della politica a gente dello spettacolo, imprenditori e uomini di Chiesa, tutti hanno lucrato senza alcuno scrupolo alle nostre spalle mangiandosi milioni e milioni in denaro pubblico. Tutto ciò non è una novità agli occhi dei romani, basta infatti andare indietro di qualche anno per accorgersi che coinvolgimenti tra Stato e Mafia sono sempre stati all’ordine del giorno, e ad oggi rappresentano purtroppo, un “cancro” all’apparenza incurabile.

Facciamo ora un veloce excursus che ci riporta agli anni tra il 1992 e il 1993, quando sono avvenuti i fatti che hanno poi portato alle indagini sulle cosiddette trattative Stato-Mafia. Il 12 marzo del 1992 viene ucciso Salvo Lima, proconsole di Giulio Andreotti. Ucciso poiché durante un maxi processo non era riuscito a garantire l’incolumità dei capi mafiosi incastrati dal Giudice Giovanni Falcone. Salvo Lima aveva da sempre rappresentato il punto di equilibrio tra lo Stato e la Mafia, e con la sua morte molti personaggi politici di spicco si sentono in forte pericolo. Il 23 maggio del 1992 viene assassinato Giovanni Falcone. I carabinieri del Ros, tramite altri contatti, cercano di arrivare a Totò Riina, capo supremo di Cosa Nostra, con la speranza di trattare e porre fine alle stragi. La volontà di instaurare queste “trattative” non si sa da dove provenga, intanto però il 19 Luglio dello stesso anno muore anche Paolo Borsellino. Il 15 gennaio del '93 i carabinieri arrestano Totò Riina. E' una cattura "strana". Non perquisiscono il suo covo, non inseguono i suoi complici. Il ministro Mancino addirittura annuncia l'arresto di Riina qualche giorno prima. Il sospetto è che Riina sia stato "venduto" da Bernardo Provenzano, l'altro capo mafia di Corleone. Gli attentati e le uccisioni continuano, e con essi sicuramente anche le “trattative”. Non a caso nel 1993 ben 441 mafiosi rinchiusi al 41 bis vengono trasferiti in regime di "normalità" carceraria. Con i continui rimpasti di governo alla fine si raggiunge una nuova “pace” fra Stato e Mafia. La Mafia non rappresenta più un problema, almeno così doveva sembrare all’apparenza.

Ci avviciniamo ora a tempi più recenti dove alcune indagini hanno indotto la procura di Palermo a voler ascoltare l’attuale capo dello Stato Giorgio Napolitano come testimone. Questo perché, nel 2012, Nicola Mancino, oggi imputato per falsa testimonianza al processo di Palermo, fece più volte delle telefonate alla sede del Quirinale ed ebbe modo di parlare diverse volte con Napolitano in persona. Il caso mediatico in ogni caso esplode già nel giugno del 2012, quando Napolitano rende pubblica una lettera a lui indirizzata da Loris D’Ambrosio, l’allora consigliere giuridico del Quirinale. La lettera desta scalpore poiché contiene un passaggio abbastanza ambiguo e per molti versi inquietante, dove lo stesso D’Ambrosio si considera un “utile scriba di indicibili accordi” presi fra il 1989 e il 1993. A quali accordi faceva riferimento D’Ambrosio, e quanto ne sapeva realmente Napolitano all’epoca dei fatti? La domanda sorge spontanea ed induce i magistrati che indagano sulla trattativa Stato-Mafia a fare richiesta per ascoltare Napolitano come testimone dei fatti.

Dal canto suo Napolitano afferma di non aver mai chiesto spiegazione a D’Ambrosio sugli “indicibili accordi”, non ne aveva motivo e di conseguenza non glielo avrebbe domandato. Eppure D’Ambrosio scrive “lei sa”. Sempre Napolitano afferma poi di non poter riferire alcuna informazione utile al processo e ribadisce l’intenzione di non voler apparire di fronte ai magistrati.

Concedendoci il beneficio del dubbio, ci riserviamo il diritto di essere critici nei confronti di tali atteggiamenti ambigui nonché sospetti da parte di un capo di Stato, soprattutto alla luce dei fatti delle ultime settimane che hanno visto coinvolti in giri mafiosi personaggi di un certo calibro e di una certa
rilevanza. Noi chiediamo chiarezza, chiarezza e correttezza da parte di chi, dovrebbe in linea teorica, tutelarci e amministrarci.Un nuovo inizio è possibile, una rinascita del nostro Paese non è un’utopìa, bisogna solo avere il coraggio di eliminare il marcio dalla nostra Italia.

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